Da febbraio 2020 a febbraio 2021, in Italia si contano 945mila occupati in meno, di cui 277mila solo negli ultimi tre mesi. La pandemia ha travolto quasi un milione di lavoratori, secondo gli ultimi dati Istat, i primi diffusi dopo le modifiche nella rilevazione sulle forze di lavoro aggiornati ai parametri del nuovo regolamento europeo entrato in vigore a gennaio. E i numeri confermano che i più colpiti sono i giovani e le forme di lavoro meno tutelate dalle politiche messe in campo negli ultimi 12 mesi.
I dati dell’istituto di statistica dicono che l’emorragia di posti di lavoro coinvolge tutte le formule contrattuali. Anche i dipendenti stabili, ma in misura minore. In un anno i contratti a tempo indeterminato sono diminuiti di 218mila unità (-1,5%), quelli a termine sono 372mila in meno (-12,8%). Mentre sono stati spazzati via 355mila autonomi (-6,8%). Ma vanno tenute in considerazione le modifiche nella definizione di occupato della nuova rilevazione Istat. I lavori in cassa integrazione infatti non sono più considerati occupati se l’assenza supera i tre mesi, e lo stesso vale per gli autonomi. Una variazione che riguarda una grande fetta della forza lavoro, se si pensa che i lavoratori in cassa integrazione sono circa 9 milioni.
L’economista dell’Ocse Andrea Garnero fa notare infatti come con i «vecchi dati il numero di occupati con contratto a tempo indeterminato era persino aumentato, con i nuovi dati, invece, scende». E se con con le rilevazioni precedenti tra febbraio e dicembre 2020 erano 425mila le persone che hanno perso il lavoro, con la nuova metodologia salgono a 767mila. Con un netto peggioramento dall’autunno in poi.
A febbraio 2020 si contavano 23 milioni 142mila occupati. Un anno dopo sono 22 milioni 197mila. La grande differenza, che permane con la vecchia e la nuova rilevazione, è quella che si registra per fasce d’età. In un anno, la perdita più consistente in termini assoluti si vede tra i 35 e i 49 anni, con 427mila occupati in meno. A seguire i 25-34enni con 258mila posti di lavoro persi, e i 15-24enni con un calo di 159mila unità. Ma il tasso di occupazione diminuisce soprattutto nella fascia d’età 25-34 anni (-3 punti) e in quella 15-24 anni (-2,7).
Nella fascia degli over 50, invece, con i vecchi dati si registrava addirittura un aumento dell’occupazione, mentre con i nuovi no. Anzi, in un anno, si contano 101mila occupati senior in meno, con una diminuzione del tasso di occupazione di 1,6 punti percentuali. Depurati dalla componente demografica, comunque, i dati mostrano un calo degli occupati nella fascia 15-34 anni che è quasi tre volte superiore (-7,3%) rispetto alle altre.
Da quando sono partite le restrizioni anti Covid, l’Istat rileva che il tasso di occupazione è sceso del 2,2 punti. Ma se – come fa notare Garnero – con i vecchi dati a pagare la crisi erano per tre quarti le donne, con i nuovi dati il calo, invece, è diviso quasi tra uomini e donne. In termini assoluti il calo è più marcato tra gli uomini (-533mila) rispetto alle donne (-412mila). Ma se si guardano le percentuali, la forza lavoro femminile ha subito di più la crisi (questo perché il numero di occupate è più basso). Bisogna capire, ora, se la differenza tra vecchie e nuove percentuali nella componente maschile sia dovuta più alla incidenza della cassa integrazione o al calo degli autonomi.
A febbraio 2021 il livello di occupazione è stabile al 56,5%, interrompendo il trend negativo che – tra settembre e gennaio 2021 – aveva portato alla perdita di oltre 410mila occupati in soli quattro mesi. Ma il dato allarmante, nei 12 mesi, è l’aumento degli inattivi: in un anno se ne contano 717mila in più, con il tasso di inattività che arriva al 37%. Anche in questo caso, l’impennata degli inattivi può essere spiegata con i cambi nella metodologia di rilevazione dell’Istat, perché in genere in cig non si cerca lavoro.
A guardare i dati, la perdita di lavoro ha condotto principalmente verso lo stato di inattività. Mentre i disoccupati sono rimasti quasi stabili – +21mila in un anno – crescono gli scoraggiati, quelli che non hanno un lavoro e non lo cercano. Tra gli uomini ce ne sono 405mila in più, tra le donne sono aumentati di 312mila unità. Solo tra gli under 35 parliamo di 319mila scoraggiati in più.
Il tasso di inattività è aumentato di 2,9 punti percentuali tra i 15 e i 34 anni, con una crescita maggiore però anche del tasso di disoccupazione in questa fascia (+2,6 punti). A riprova del fatto che i giovani stiano anche cercando attivamente un posto di lavoro, senza però trovarlo.
Se confrontato con gennaio, il mese di febbraio 2021 però mostra delle dinamiche diverse tra donne e uomini, nonostante le variazioni siano di intensità contenuta. Tra le donne cresce il tasso di disoccupazione (+0,1 punti percentuali) e diminuisce quello di inattività (-0,1) . Mentre tra gli uomini cresce il tasso di inattività (+0,1% punti) e diminuisce quello di disoccupazione (+0,2).
I contratti stabili, seppure lievemente, a febbraio sono cresciuti rispetto al mese precedente (+0,2%). Mentre continuano a calare quelli a termine (-0,1%) e soprattutto gli autonomi (-0,4%). Il tasso di disoccupazione diminuisce di poco e va al 10,2%. Quello giovanile tocca quota 31,6%, ma il tasso di inattività nella fascia 15-24 anni balza al 77,1%.