Verde, inclusiva e innovativaIl Recovery Plan di cui ha bisogno l’Italia, secondo Legambiente

La principale associazione ambientalista italiana elenca 23 priorità e gli interventi su cui il Paese deve investire: energie rinnovabili, mobilità sostenibile, economia circolare, riduzione del rischio idrogeologico e bonifiche dei siti inquinati

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Il 30 aprile è la deadline entro cui l’Italia è chiamata a presentare alla Commissione europea il suo Piano nazionale di ripresa e resilienza. Con questo strumento, la Penisola dovrà destinare almeno il 37% delle risorse disponibili alla transizione ecologica e il 20% a quella digitale.

Con largo anticipo Legambiente ha scritto cosa servirebbe al nostro Paese per diventare più verde, innovativo e inclusivo. In un documento di circa 100 pagine, la principale associazione ambientalista italiana ha preso posizione sulle priorità e gli interventi chiave su cui indirizzare i fondi.

Energie rinnovabili e mobilità sostenibile, economia circolare e adattamento climatico, riduzione del rischio idrogeologico e ciclo delle acque, bonifiche dei siti inquinati e innovazione produttiva. Sono solo alcuni dei pilastri su cui, secondo Legambiente, il Paese deve investire, dando il via ad una nuova stagione di partecipazione e condivisione territoriale.

Ventitré priorità di intervento, 63 progetti territoriali e 5 riforme trasversali per accelerare la transizione ecologica, non sprecando le risorse che arriveranno dall’Europa. Questo il menù proposto dall’associazione ambientalista, che in riferimento alla rivoluzione verde esprime il suo assenso alle due fonti rinnovabili più promettenti in termini di produzione elettrica: l’eolico, sia a terra che in mare, e il solare fotovoltaico, non solo confinato sui tetti ma da diffondere anche nelle aree dismesse, in quelle da bonificare e sui suoli agricoli, grazie all’agrivoltaico che si integra con le produzioni agroalimentari e non consuma suolo.

«Per arrivare alla chiusura delle centrali a carbone entro il 2025 e all’abbandono del gas entro il 2040, così da rendere fossil free tutto il sistema elettrico – si legge nel documento – servirà la realizzazione dei grandi impianti e degli accumuli per stabilizzare la rete ma è fondamentale promuovere anche la diffusione delle rinnovabili, attraverso le comunità energetiche, al centro della direttiva europea che dobbiamo recepire entro il mese di giugno, nelle metropoli e nei piccoli comuni». Sì a investimenti anche sul biometano, idrogeno verde, progetti sull’agroecologia in Puglia, Umbria, Emilia-Romagna e Trentino, efficienza energetica ed economia circolare e civile.

Riguardo la mobilità sostenibile, l’associazione ambientaliste ha dichiarato imprescindibile, per incentivare la transizione green, il potenziamento di reti ferroviarie e trasporto pubblico, così come le linee ad alta velocità al Centro-Sud, l’elettrificazione dei porti e la rete di colonnine di ricarica per le auto.

Per abbattere, poi, i divari digitali e territoriali che caratterizzano il nostro Paese, Legambiente ha espresso la necessità di investire nella banda ultralarga, così come nel turismo di prossimità, nello sviluppo delle aree interne, nella rigenerazione urbana, e quindi nell’edilizia e periferie.

Per salvaguardare l’ambiente, la priorità va data alla lotta alle ecomafie, così come alla tutela di risorse idriche e biodiversità e al ciclo integrato e alla bonifica dei siti inquinati.

Sul tema della sicurezza del territorio, Legambiente sostiene l’importanza di ridurre il rischio idrogeologico – che affligge il nostro Paese più di altri -, attraverso delocalizzazioni degli edifici a rischio in Calabria, Sardegna e Umbria, così come a quello sanitario dovuto alle ondate di calore. Infine, imprescindibile è la messa in sicurezza degli istituti scolastici in Campania e del patrimonio edilizio.

«Nel Mezzogiorno la crisi dei grandi poli industriali, non compensata dalla crescita di una piccola e media impresa ad alto valore tecnologico come nel resto del Paese, ha prodotto i più gravi effetti sociali (l’esempio più emblematico è Taranto il cui rilancio, secondo un’altra logica industriale, potrebbe rappresentare un modello per tutto il Sud)», si legge nel dossier. «Oggi, grazie alle risorse del Next Generation Eu, si può dare un impulso decisivo a quelle vere e proprie filiere di una nuova industrializzazione fondata sulla ricerca per promuovere l’innovazione di processo e di prodotto, sull’economia circolare per riciclare rifiuti differenziati e residui produttivi, sulla chimica verde con cui trattare gli scarti agricoli locali e sulla produzione di energia rinnovabile dal sole e dal vento, che trovano nel Sud territori fortemente vocati».

L’associazione ambientalista ha le idee chiare anche su quali sono i progetti che non vanno finanziati. È il caso della produzione di idrogeno da fonte fossili, della costruzione di nuove centrali a gas ma anche dell’impianto di cattura e stoccaggio di CO2 proposto da Eni a Ravenna, né di un confinamento geologico del gas climalterante nel sottosuolo o sotto i fondali marini. Da Legambiente arriva il no anche al ponte sullo Stretto di Messina: «Si tratterebbe di un’opera che, oltre a essere costruita in zona ad alto rischio geotettonico e sismico e a compromettere ambienti marini, costieri e umidi di eccezionale bellezza, impegnerebbe ingenti risorse economiche distraendole dalla priorità di rendere più moderna e civile la mobilità in Calabria».

Bocciata anche l’idea di costruire nuovi impianti di trattamento meccanico biologico dei rifiuti così come inceneritori e discariche. Infatti, secondo Legambiente, ogni provincia italiana deve essere autosufficiente con digestori anaerobici per produrre biometano e compost di qualità, impianti per riciclare tutti i rifiuti da cui estrarre risorse, «come le apparecchiature elettriche ed elettroniche (per recuperare ad esempio le terre rare, che causano conflitti nel mondo come le fonti energetiche e l’acqua). Devono moltiplicarsi i centri di riuso (coinvolgendo anche le persone più fragili) e ogni regione deve assicurare lo smaltimento dei rifiuti contenenti amianto, che finiscono in gran parte all’estero».

Riguardo le riforme trasversali necessarie per non sprecare le risorse europee, Legambiente sottolinea la necessità di semplificare e velocizzare l’iter autorizzativo dei progetti per l’economia verde, migliorare la qualità dei controlli pubblici rafforzando il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente. Sarà necessario aggiornare il Piano nazionale integrato energia e clima per ridurre del 55% le emissioni climalteranti entro il 2030 e accrescere le competenze della pubblica amministrazione con nuove professionalità e un vasto programma di formazione. Infine, l’Italia dovrà ridurre i conflitti territoriali con nuovi strumenti per la partecipazione di cittadini e istituzioni locali.

Ciò che ha guidato Legambiente nella redazione del suo Recovery Plan è la lotta alla crisi climatica che riguarda trasversalmente le 23 priorità nazionali di intervento. L’associazione ambientalista ha elencato quelle che, regione per regione, sarebbero a suo avviso le opere da realizzare, indicando come spendere i quasi 69 miliardi di euro destinati per la Rivoluzione verde e transizione ecologica e i 32 miliardi destinati alle Infrastrutture per la mobilità sostenibile.

È il caso dell’idrovia Padova-Venezia, degli interventi per ridurre gli impatti ambientali nelle acciaierie (è il caso dell’ex Ilva di Taranto e dell’impianto di Cogne ad Aosta), del progetto integrato sulla “città adriatica” nelle Marche, la rigenerazione socio-economica delle quattro regioni del centro Italia colpite dal sisma.

Infatti, per realizzare le opere pubbliche di cui il Paese ha bisogno, secondo Legambiente non bastano i finanziamenti europei: sono necessarie riforme proposte in parallelo. Così, l’associazione ambientalista ne ha avanzate altre 5 trasversali, da attivare per accelerare la transizione ecologica.

Velocizzare l’iter autorizzativo con le semplificazioni all’iter di approvazione dei progetti, combattere la concorrenza sleale con il miglioramento qualitativo dei controlli ambientali attraverso il potenziamento del Sistema Nazionale di Protezione dell’Ambiente, istituire una governance efficace con una Struttura di missione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri sul modello di quanto già fatto, con risultati incoraggianti, sul rischio idrogeologico e sull’edilizia scolastica.

Infine, aumentare le competenze della pubblica amministrazione con un vasto programma di formazione e aggiornamento professionale e ridurre i conflitti territoriali con una nuova legge sul dibattito pubblico per la condivisione e la partecipazione di cittadini e istituzioni locali che potenzi quanto già previsto da Codice degli appalti e Valutazione di impatto ambientale.

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