Nei programmi del governo c’è anche la riorganizzazione del sistema giudiziario, a cui stanno lavorando alcune delle intelligenze migliori del panorama giuridico italiano. Il dibattito su Linkiesta ha approfondito alcuni di questi temi. All’incontro hanno partecipato Anna Rossomando (Pd), Enrico Costa (Azione), Lucia Annibali (Italia Viva), Simona Viola (+Europa), Gian Domenico Caiazza (Ucpi), Stefano Musolino (Md) e Eugenio Albamonte (AreaDG), ed è stato moderato da Cataldo Intrieri.
Ad aprire il dibattito è Lucia Annibali di Italia Viva. «Abbiamo vissuto anni in cui i temi della giustizia ha subito una trasformazione comunicativa. La giustizia è entrata nella dimensione di tutti, grazie anche alla giustizia mediatica, ma questo non è per forza un bene».
L’obiettivo pertanto è uno. «Adesso noi cercheremo di riportare la giustizia all’interno dei giusti binari. Puntando a favorire un dibattito più approfondito e nel merito della questione, al contrario della velocità con cui di solito la politica affronta certi argomenti».
Annibali commenta poi l’inserimento del nuovo ministro della giustizia del governo Draghi. «Siamo contenti della ministra Cartabia, e siamo fiduciosi che lei possa riportare anche la questione della pena al centro. Rileggendo alcune parti con una visione più umana».
Infine, c’è spazio anche per la legge delega per la riforma del processo penale: «Ci auguriamo che adesso si possa affrontare la legge delega per la riforma del processo penale con più margine di azione. Visto che tocca tutte le parti del processo penale, compresa la prescrizione, e velocizzare i tempi è diventato ormai fondamentale».
Le proposte da mettere sul tavolo ci sono: «Ad esempio sulla prescrizione rimaniamo contrari alle riforma Bonafede, e proponiamo una soluzione che intervenga sull’istituzione sostanziale, tentando di spostare la sospensione della prescrizione dopo il secondo grado».
Più sulla difensiva Anna Rossomando del Partito democratico, che raccoglie la provocazione di Intrieri rispondendo: «Il Pd ha sempre mantenuto la sua linea ideologica sul tema della giustizia».
E poi ribatte sulla riforma del processo penale: «Nel disegno di legge che stiamo discutendo c’è finalmente il controllo del magistrato sull’iscrizione nel registro delle notizie di reato. Seconda questione, in quella riforma c’è un emendamento che fissa in un termine preciso a conclusione del quale devi sapere se sarai archiviato o andrai a giudizio».
Rossomando affronta poi la questione delle garanzie. «All’interno della cultura della garanzia c’è tutto. A partire dal tema del carcere: nella cultura delle garanzia c’è anche la questione di una pena umana, differenziata e non della serie buttiamo via la chiave», continua l’onorevole.
Sulla prescrizione invece, Rossomando spiega che per il Pd «il modo più corretto per affrontare questo tema è quello di rimanere nella ragionevole durata del processo. Perché se no i processi avvengono altrove, come nei processi mediatici». E sul tema politica-magistratura afferma: «Noi abbiamo un grande bisogno di intervenire sul rapporto politica e giustizia. Approfondendo la storia degli ultimi 20 anni, dalla questione delle norme manifesto alla cultura delle garanzie».
La parola passa poi a Stefano Musolino, sostituto procuratore della Repubblica e membro di Magistratura Democratica. Che affronta la questione del ruolo della magistratura: «Quello che è successo negli ultimi anni ci conferma la necessità della presenza di Magistratura Democratica e delle altre correnti. Perché la situazione che porta oggi una parte della politica a chiedere una sorta di commissione parlamentare antimafia sull’uso politico della giustizia è di per sé eversiva. E rispecchia tutta la debolezza intrinseca alla magistratura, che in questo periodo ha sofferto anche della perdita di credibilità dopo la vicenda Palamara».
Una sfiducia nei confronti della magistratura, interna ed esterna, che fa emergere anche un altro nodo: «Vi è una narrazione di queste vicende gravemente viziata. Anche dalle stesse fonte progressiste della magistratura, che si sono fatte strumentalizzare dai gruppi di potere interni», continua Musolino.
Il pubblico ministero prende poi le difese del suo ruolo, spiegando le varie sfumature che lo compongono: «Non ci può essere solo un’interpretazione di lotta del pubblico ministero. Al contrario, il nostro ruolo è quello in primis di essere il garante dei diritti dell’indagato nel corso dell’indagini preliminari. È anche vero che la magistratura indossa il ruolo che la politica ritiene più giusto assegnarli, che invece di esaltare l’importanza della giustizia ne complica i procedimenti e ne allunga i tempi».
È poi la volta di Enrico Costa di Azione. Sono molte le battaglie garantiste che Costa ha portato avanti in questi anni, a partite dalla proposta di soppressione della riforma Bonafede. «Mi è stata bocciata in Commissione, nonostante gran parte del Parlamento non la voleva. Sono preoccupato – spiega Costa – perché mi pare che le forze politiche non si siano resi conto del cambio di passo, e l’approccio a una riforma così importante come quella del processo penale sembra essere uguale a quello della vecchia maggioranza».
Il tempo è un altro elemento fondamentale del dibattito e anche Enrico Costa propone una soluzione per la questione prescrizione: «Ci devono essere dei meccanismi di riduzione della durata del processo, perché è fondamentale avere una sentenza in tempi brevi, sia per il colpevole sia per la persona offesa».
Inoltre, «abbiamo oltre un milione di procedimenti che arrivano negli uffici dei Pubblici ministeri, quindi bisogna già agire su questo: una seria depenalizzazione per ridurre i casi. E poi bisogno cercare che tutti questi casi non finiscano nelle aule di un tribunale» commenta Costa. Come? «Rafforzando la messa alla prova e aumentando i filtri delle fasi del processo».
Entra forte invece Simona Viola di +Europa che attacca «l’arrocco del Pd e della magistratura sull’argomento della Commissione. Come per dire: la Magistratura non si tocca». Viola passa poi alle correnti interne alla magistratura: «Non capisco come si possa definirle una buona cosa, e poi dire che magicamente sono state sostituite dai gruppi di potere che proprio Palamara ha raccontato. Le correnti sono quei gruppi di potere».
Pertanto «la riforma del Csm va affrontata e le correnti vanno sciolte, in quanto non c’è nessuna ragione per cui il Csm organizzi la propria autonomia e le proprie cariche per correnti ideologiche» continua Viola. Infine, il «Csm dovrebbe essere soggetto al principio della parità di genere», conclude Viola.
Sul tema delle ingerenze politica-magistratura interviene anche Eugenio Albamonte AreaDg: «Il campo di passo della politica deve essere una presa di coscienza delle responsabilità che la politica stessa ha in merito alla macchina giudiziaria» esorta Albamonte.
«Anziché creare un meccanismo funzionante, la politica ha ingolfato il sistema. Le riforma che innanzitutto si dovrebbero varare sono quelle che restituiscono efficenza e tempestività alla macchina giudiziaria, perché solo così si avranno le garanzie che si pretendono», continua Albamonte.