Il giornalismo mainstream segue sempre la corrente forse perché a risalire (la corrente) si rischia di fare la fine dei salmoni. A febbraio, – davanti alle immagini drammatiche dei profughi nel campo di Lipa immersi nella neve o accampati in edifici abbandonati in attesa di riprovare a superare il confine quasi invalicabile della Croazia -, lo avevamo messo in conto. Sapevamo che l’assedio mediatico su quanto accadeva (e continua ad accadere) nel cantone bosniaco di Una-Sana, ultima tappa della rotta balcanica che porta a Trieste, sarebbe durato poco.
E infatti, ora che i riflettori si sono spenti, abbiamo deciso di pubblicare le riflessioni di Silvia Maraone, coordinatrice del progetto umanitario di Ipsia-Acli in Bosnia, a Bihac. Stamane ci ha scritto: «La neve oggi si è sciolta di nuovo, qui è calato un silenzio terribile». Silvia Maraone, esperta di Balcani e migrazioni nella regione, coordina i progetti a tutela dei rifugiati e richiedenti asilo lungo la rotta balcanica in Bosnia Erzegovina e Serbia, sul suo blog si definisce con ironia