La scuola, a causa della pandemia, è stata profondamente destabilizzata e sarà chiamata a essere, per il prossimo tempo, una protagonista centrale della rigenerazione della relazione educativa e del cambiamento, dovendo gestire una modernizzazione accelerata che ingloberà e muterà le antiche resistenze, i ripetuti appelli, i desideri e i bisogni già noti. Solo se la scuola e i loro giovani sapranno creare habitat relazionale comuni, dai conflitti generati si potranno trovare soluzioni generative, prendendosi nuova cura dei confini di una comunità locale o nazionale, ma fortemente interconnessa a sfide globali, a cui tutti i giovani del mondo saranno a breve chiamati.
Per i giovani italiani, quello appena trascorso è stato un anno paralizzante. La pandemia ha moltiplicato le incertezze degli studenti e le loro incognite sul futuro, soprattutto sul proprio percorso di crescita umana e professionale. La relazione quotidiana si è interrotta bruscamente, la vita di classe si è trasformata in didattica a distanza. Ad un anno dall’arrivo della pandemia, le difficoltà per i giovani studenti non sono finite.
La parola chiave è speranza. In questa primavera difficile, tra classi deserte e isolamento sociale, noi abbiamo una grande responsabilità nei confronti dei giovani. La terra in cui si ritrovano a vivere è arida di possibilità relazionali, e la disgregazione scolastica a cui sono sottoposti mina il loro futuro. Oltre le difficoltà del nostro tempo, non possiamo permettere che i nostri giovani rinuncino alla loro fioritura. Ma non possiamo pretendere che siano in grado di crescere e costruire il proprio domani da soli e con risorse limitate. Il seme della vita che è in loro, la forza, il coraggio e il talento richiedono nutrimento.
Da adulti dobbiamo essere i primi a prenderci cura di loro, sostenendoli. I giovani hanno bisogno di sentirsi protagonisti nel mondo, per non subirlo restando smarriti. Al tempo stesso, vanno stimolati a trasformarlo senza evasioni, mettendosi in gioco interamente, con un percorso di autenticità umana. Oltre il deserto delle nostre classi, i giovani devono tornare a fiorire.
Una sfida che si gioca tra i banchi di scuola. Una sfida complessa e articolata e che potremmo mettere sotto l’etichetta della “modernizzazione della scuola” ma che deve fare i conti con internazionalizzazione e globalizzazione, il ripensamento della cittadinanza e della convivenza civile, la prevenzione della degenerazione dei conflitti e della violenza, la coesione sociale, le nuove tecnologie, l’aggiornamento della didattica.
Ma che, soprattutto, deve tornare al cuore pulsante della sfida educativa. Possiamo strutturare una educazione adatta al nostro tempo, segnato da accelerazione, complessità e conflittualità? Possiamo educare a una nuova mentalità, attraverso un’esperienza vitale integrale che non sia solo conoscenza, ma sapienza?
Una scuola capace di rispondere agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030: penso al numero 4, quello sull’Educazione di Qualità per tutte e tutti; penso al numero 16, Pace, Giustizia, Istituzioni Forti; penso al numero 17, alla necessità di Partenariati Globali Forti, veri, per realizzare un’Agenda che non può rimanere su carta, verso la quale siamo tuti chiamati al massimo impegno.
In questa realtà fatta di incertezze e difficoltà, quello che posso e voglio mettere a disposizione della scuola è l’esperienza di venti anni maturata nella Cittadella della Pace di Rondine, ad Arezzo. Abbiamo scelto di mettere a disposizione in un campo aperto tanto grande quanto il mondo un’esperienza vissuta da giovani che vengono da territori, da popoli, da regioni insanguinate da conflitti degenerati in differenti forme di violenza e di guerra.
Un’esperienza che ci ha permesso di elaborare il Metodo Rondine, capace di generare riconciliazione laddove si sono aperte le terribili ferite della violenza e della guerra, e promuovere un’educazione positiva dove i conflitti ordinari, presenti in ogni società – sociali, economici, religiosi, intergenerazionali, familiari – possono trasformarsi in sviluppo e crescita. Un metodo che si concentra su una parola che porta alla guerra e che avvelena ogni angolo delle società più tranquille: nemico.
Abbiamo scoperto cos’è “nemico”, come si costruisce, come si può decostruire, come si può impedirne la costruzione. Se non si può sconfiggere la violenza – che sempre risorgerà – si può però impedire la costituzione del nemico, la sua cultura, la sua logica. Nessuna guerra è mai scoppiata, infatti, senza l’idea di un nemico da eliminare.
Sì, lo sappiamo: la parola, il concetto, la realtà, la vicenda storica del nemico ha come esito ultimo la guerra, ma all’inizio, e prima di tutto, è esperienza umana universale. Ecco, il lavoro educativo che sta al cuore dell’umano, che può generare una nuova cultura della relazione tra le persone; un approccio nuovo e positivo al conflitto, che è esperienza umana universale e che, all’interno di una relazione sana, perde la sua forza distruttiva e si può trasformare in sorgente di sviluppo.
La sinergia tra mondo Rondine e il mondo scuola è piuttosto fisiologica: Rondine è esposta quotidianamente su frontiere diverse, che sono le stesse della scuola; dal 2015 Rondine ha messo a disposizione il suo Metodo in ambito scolastico nel Quarto Anno liceale d’Eccellenza, rivolto a tutti gli adolescenti italiani che vogliano frequentare la loro classe quarta alla Cittadella della Pace. Ogni anno, 27 studenti selezionati dai licei classico, scientifico e delle scienze umane seguono le lezioni in una scuola interattiva, all’interno di una realtà internazionale, capace di mettere in comunicazione diversi Paesi e culture, grazie all’interazione con la World House di Rondine.
Il Quarto Anno Liceale d’Eccellenza offre agli studenti la possibilità più avanzata di diventare veri cittadini del mondo, capaci di integrare analogico e digitale in un nuovo bilinguismo per capire e leggere la realtà circostante, capaci di essere cittadini del terzo millennio attivi e responsabili, capaci di trasformare i conflitti del nostro tempo, capaci di scoprire la propria vocazione professionale, poter diventare leader di domani e tracciare la propria strada. Un percorso educativo e formativo che vuole sostenere gli studenti nello sviluppo delle proprie risorse interiori – emotive, relazionali, sociali, culturali – per affrontare il più importante conflitto della vita: la ricerca della propria identità nel passaggio dall’infanzia all’età adulta, imparando così ad abitare tempi come quello attuale senza subirli e a progredire nel proprio progetto di vita, anche in un quotidiano complesso, accelerato, altamente conflittuale come il nostro.
Nel Metodo Rondine dolore e rabbia non evaporano, non spariscono: ce lo insegna Liliana Segre nel suo appello ai giovani a superare l’indifferenza. Nel suo lascito a Rondine (nella sua ultima testimonianza pubblica alla Cittadella della Pace del 9 ottobre 2020), ci sono la speranza e la concretezza che stanno anche alla base del processo educativo e formativo (formale, non formale e informale) offerto ai giovani internazionali, secondo cui, nella relazione, ognuno diventa persona, anche chi rientra nella categoria di “nemico”, perché è in essa che si acquista la consapevolezza della propria e altrui unicità.
Sentirsi persona stimola la ricerca di essere se stessi, cioè di darsi un volto sia nella propria vita interiore, che nello spazio pubblico. Su questa infrastruttura umana – antropologica, psicologica, spirituale – che permette alla relazione, attraverso il conflitto, di trasformare il dolore in forza di crescita, possiamo costruire una infrastruttura educativa per produrre una cultura che sappia unire i diversi livelli del “noi”: il noi relazionale, il noi comunitario, il noi sociale e il noi globale, evitando l’instaurarsi del nemico.
“Relazione” è dunque l’anima della Cittadella. È un big-bang energetico che serve a sviluppare l’umano tra quanti accettano la differenza concreta di convivere con altri per un periodo non breve. Dal 2020 il mondo è stato messo a dura prova da uno shock, diverso da altri: il Covid-19. La quotidianità della Cittadella, come quella di chiunque, è stata sconvolta. L’allontanamento fisico gli uni dagli altri, chiamato “distanziamento sociale”, serve ad addolcire la pillola amara. Il Coronavirus è identificato come un nemico comune. Un’espressione molto interessante, che invita ad essere uniti contro qualcosa da combattere: un nemico, appunto. Ma l’unità che si crea in seguito all’identificazione di un nemico, è costruita sulla paura, sul dolore, su tanti, troppi, lutti.
È un’unità ingannevole, foriera di fantasmi. Adottando il Metodo Rondine (l’approccio relazionale alla trasformazione creativa dei conflitti), potremo individuare questi veleni e trasformarli in opportunità di cambiamento, costruendo un habitat relazionale dove i giovani possano riscoprire l’umano che è in loro e li circonda. La libertà e le potenzialità di essere se stessi per impostare un progetto di vita autentico, tornare a sognare il futuro, oltre le difficoltà e le incertezze del nostro tempo. Un percorso educativo che forma giovani leader generosi e consapevoli, in grado di far fiorire il mondo fuori e dentro di loro. Protagonisti del cambiamento, non vittime, attori della società civile a livello locale e globale. È la missione educativa di Rondine al fianco della scuola italiana.
Franco Vaccari- Presidente – Rondine Cittadella della Pace