Come il soldato giapponese Hiroo Onoda, che attese trent’anni nella giungla sull’isola filippina di Lubang la fine della Seconda guerra mondiale, Ernesto Galli della Loggia continua a combattere dalle colonne del Corriere della Sera la sua personale battaglia per il ritorno dello Stato nazionale e la crisi della globalizzazione. Psicologicamente provato dalla “morte della patria”, egli scrive da anni a puntate il suo “Non mi arrendo” ignorando – così come Hiroo Onoda aveva fatto nel suo rifugio filippino – le informazioni che gli arrivano dai suoi “nemici”.
I suoi nemici appartengono a un mondo sempre più interdipendente in cui la frantumazione dell’ordine internazionale – passato dal sistema bipolare dell’imperialismo sovietico e dell’egemonia statunitense alla solitaria egemonia statunitense (che secondo Galli della Loggia raggiunse invece il culmine del suo declino proprio con la fine della guerra fredda) dopo la caduta del Muro di Berlino e ora a un sistema multipolare – e la crescita di fenomeni transnazionali (il cambiamento climatico, la crisi economica e finanziaria, la crescita delle diseguaglianze sociali, il terrorismo rivendicato o attribuito allo “stato islamico” insieme alla criminalità organizzata che ha varcato le frontiere, i nuovi e imponenti flussi migratori e infine la pandemia) non segnano per l’Europa la fine del modello d’integrazione sovranazionale con il ritorno agli Stati nazionali.
La frantumazione dell’ordine internazionale e i fenomeni transnazionali segnano piuttosto la delegittimazione irreversibile dello stato-nazione perché l’arrivo, in parte imprevisto e in parte imprevedibile, di scenari avversi spinge a esigere un’Unione europea più efficiente, più compatta e più solidale.
Gli stati europei e i loro cittadini hanno bisogno dell’Unione europea per avviare il rilancio economico dopo la pandemia, dotata dell’autonomia strategica nel settore sanitario a cominciare dalla ricerca e da un’industria farmaceutica europee, garante della sua sicurezza interna, governo dei flussi migratori, spazio pubblico degli strumenti tecnologici indispensabili nella risposta alle enormi capacità competitive delle nuove potenze nella società dell’intelligenza artificiale, organizzazione collettiva degli interessi dei suoi stati nelle relazioni con i paesi vicini del Medio Oriente e con il continente africano dove l’isolazionismo statunitense iniziato già con la presidenza Obama è stato sostituito dalla Cina, dalla Russia e dalla Turchia.
Lo stesso continente africano, del resto, ha deciso di contribuire alla globalizzazione e al commercio internazionale creando dal 1° gennaio 2021 la più grande area di libero scambio del mondo (African Continental Free Trade Area, AFCTA) con un accordo firmato da 54 paesi africani su 55 (solo l’Eritrea si è chiamata fuori) nella prospettiva di estenderlo agli investimenti, alle politiche della concorrenza e dei diritti di proprietà intellettuale.
Sarebbe irragionevole per l’Unione europea (che deve rinnovare il suo accordo con l’Unione africana, i Caraibi e il Pacifico entro il 30 novembre 2021) e per i suoi membri seguire nelle relazioni con il continente africano e più in generale a livello internazionale l’idea assurda di Galli della Loggia di “riformulare per gli anni a venire…un ruolo attivo e propulsivo a tutto campo dello Stato nazionale e della sua volontà politica”.
In questo senso il tema della sovranità di cui parla Galli della Loggia ed il suo intreccio con policies e politics riguarda certamente la capacità di un potere pubblico al servizio di un progetto collettivo ma tale potere appare efficace nelle aree a dimensione transnazionale solo a livello europeo e la collettività a cui tale potere deve rispondere democraticamente è quella delle cittadine e dei cittadini europei che, nel loro insieme, rappresentano il popolo europeo.
È finito nell’Unione europea il tempo del sovranismo nazionale e le minoranze che lo sostengono appaiono politicamente e ideologicamente sempre più deboli, simili al soldato giapponese Hiroo Onoda, perché è arrivato il tempo della sovranità condivisa all’interno di un’organizzazione europea dei poteri pubblici che si faccia carico delle nuove sfide emerse nel secondo decennio del ventunesimo secolo e tale cambiamento di prospettiva deve incidere nel mondo politico italiano e nelle sue relazioni con il mondo politico europeo mentre si riapre il cantiere dell’Unione europea con il dibattito sul futuro dell’Europa.
“La nuova, inattesa sovranità” è quella europea che dovrà essere consolidata con un progetto, un metodo e un’agenda per renderla irreversibile perché l’eguaglianza e la reciprocità rischiano di essere costantemente violate in un sistema confederale dove prevalgono la ragione della forza e la cooperazione sleale e sono garantite in un sistema federale dove prevale la forza della ragione e del diritto.