Nel 1972 Franco Battiato ha dedicato la sua seconda opera, Pollution, all’inquinamento. Un dettaglio che ci conferma la sua capacità di essere avanguardia assoluta, precursore anche in questo senso.
In queste ore l’artista siciliano, morto a 76 anni, viene giustamente celebrato nella sua immensa grandezza culturale, per la sua essenza di artista poliedrico, capace di stupire il mondo della musica, anzi il mondo tutto, con le proprie proposte straordinariamente avanzate dal punto di vista culturale.
Senza mai rinunciare alla ricerca sonora e letteraria, e spaziando dall’elettronica al repertorio classico, Battiato è stato capace di conquistare un pubblico entusiasta e fedelissimo in ogni strato della popolazione, indipendentemente dal livello culturale.
Ha dimostrato concretamente che il problema alla radice dell’apprezzamento per la cultura elevata spesso non è insito nella capacità di comprendere da parte di chi riceve il messaggio, ma nella qualità espressiva e comunicativa di chi esprime cultura, di chi la racconta.
Fece così anche 50 anni fa, quando il tema dell’inquinamento non era sicuramente al centro dell’attenzione pubblica. Eppure lui costruì un disco, il suo secondo, intorno al concetto di Pollution (il titolo del disco e di una delle canzoni da esso contenute, inquinamento in inglese).
Pur non entrando nell’analisi critica stilistica e musicale, possiamo dire che – proseguendo sul filo conduttore del suo primo album, Fetus – il disco propose una riflessione sull’origine e il significato della vita, in questo caso non soltanto quella umana ma dell’intero insieme di ecosistemi, l’intera biosfera e l’impatto con le macchine, i dispositivi meccanici e industriali ideati e realizzati dall’uomo, comprese le loro gravi e impattanti conseguenze: l’inquinamento, appunto.
Questo disco uscì nel 1972, lo stesso anno in cui sulla rivista Science venne pubblicata, dai ricercatori americani Edward J Carpenter e Kenneth L Smith jr, il primo articolo scientifico dedicato all’inquinamento da plastica in mare: “Plastiche sulla superficie del mar dei Sargassi”.
Quei due scienziati studiavano le comunità pelagiche, e in particolare il plancton, presente nelle aree del nord Atlantico caratterizzate dalle foreste di Sargasso, un’alga galleggiante che crea habitat estremamente preziosi. E Plancton è anche il titolo di una delle canzoni comprese nel disco Pollution.
Una doppia coincidenza, sicuramente, ma anche una conferma della sua straordinaria capacità di intuire le dinamiche in corso, gli elementi sociali da guardare con grande attenzione e da osservare con interesse.
Altro elemento curioso, estremamente interessante per comprendere cosa sia l’intuito, il fatto che Franco Battiato nella canzone Pollution utilizzi termini tipici della fluidodinamica, importantissima branca della fisica: il suo occuparsi di inquinamento, quindi, non si esprime semplicemente nella denuncia di un elemento visivo, ma si affaccia direttamente su uno degli elementi essenziali – oggi lo sappiamo – per prendere atto delle dinamiche in corso che mettono a rischio la sostenibilità delle attività umane attuali, il futuro.
La fisica ci propone leggi ineluttabili, limiti invalicabili, quantità finite (di energie, materie prime, acqua) di cui tenere conto.
La portata di un condotto
è il volume liquido
che passa in una sua sezione
nell’unità di tempo:
e si ottiene moltiplicando
la sezione perpendicolare
per la velocità che avrai del liquido.
L’album, uscito a dicembre, arrivò a conquistare la decima posizione in classifica nei primi mesi del 1973.