Nell’ultimo periodo la Russia è tornata a posizionare le sue truppe lungo il confine con l’Ucraina, muovendo il contingente più numeroso dai tempi dell’annessione della Crimea nel 2014. La Cina ha iniziato a condurre esercitazioni di assalto anfibio e incursioni aeree che hanno preoccupato Taiwan e altri Paesi asiatici.
Si tratta di azioni strategiche non indipendenti, né casuali. Negli ultimi anni Russia e Cina hanno intensificato i rapporti diplomatici e militari: Mosca vende armi all’esercito di Peschino – dagli strumenti di difesa aerea a quelli antinave e sottomarini che servono per rafforzare la posizione della Cina nell’Indo-Pacifico – e sono aumentate le esercitazioni militari congiunte, oltre a una cooperazione tecnologica che potrebbe consentire loro di innovare i loro arsenali più velocemente.
Lo scorso 23 marzo il ministro degli Esteri cinese Wang Yi e il suo omologo russo, Sergey Lavrov, si incontrati in un vertice bilaterale, esattamente un giorno dopo uno scontro – solo dialettico – tra alti funzionari statunitensi e cinesi ad Anchorage, in Alaska. Il summit è servito soprattutto per rispondere alle critiche rivolte dalla comunità internazionale a entrambi i Paesi sul rispetto dei diritti umani.
Nel quadro internazionale il nuovo legame tra Cina e Russia desta non poche preoccupazioni. La Cina, in particolare, sta usando le sue relazioni con la Russia per colmare le lacune nelle sue capacità militari e accelerare la sua innovazione tecnologica.
Il legame tra i due Paesi è una minaccia, soprattutto per gli Stati Uniti: «La convergenza degli interessi russo e cinese e la complementarità delle loro capacità – militari e non – rendono la loro sfida al potere statunitense più grande della somma delle parti», scrivono su Foreign Affairs Andrea Kendall-Taylor e David Shullman in una lunga analisi sulla nuova intesa tra Pechino e Mosca.
I governi di Cina e Russia potrebbero essere anche più vicini di quanto possa sembrare. Il loro legame non è solo strategico.
Si pensi ad esempio all’aggressività con cui Pechino ha portato avanti le campagne di disinformazione riguardo il Covid-19: le campagne di Pechino hanno tentato di creare confusione, seminare dissenso e dubbio sul valore democrazia stessa. È la dimostrazione che i leader cinesi hanno iniziato ad adottare metodi tipici del Cremlino.
Allo stesso modo, Mosca sta imparando a manipolare la sfera delle libertà per quanto riguarda la vita online dei suoi cittadini, soprattutto da quando Alexei Navalny è tornato nel Paese a gennaio. Attraverso mezzi e strumenti condivisi Cina e Russia si ergono ad alfieri di una governance autoritaria, deridono chi prova a farsi difensore dei diritti umani e creano norme pericolose sulla sovranità informatica e Internet.
Di sicuro non è tutto frutto del loro disegno strategico, c’è una componente più incidentale che intenzionale, ma i due Paesi sembrano davvero sulla stessa lunghezza d’onda.
La risposta del mondo democratico – e degli Stati Uniti in particolare – sta in quel messaggio di Joe Biden alla Conferenza di Monaco sulla sicurezza, lo scorso febbraio, quando cui aveva inquadrato Russia e Cina come una minaccia e aveva chiesto agli Stati europei di schierarsi apertamente contro di loro.
Per gli autori dell’articolo di Foreign Affairs, Kendall-Taylor e Shullman, «questo approccio è valido: Cina e Russia stanno lavorando per minare la democrazia liberale, un concetto che entrambi i regimi vedono come una minaccia diretta alle loro aspirazioni e al potere».
Solo che la risposta degli Stati Uniti non può basarsi unicamente sulla voglia di riaffermare la propria leadership e proteggere la democrazia, perché Cina e Russia sono legate non solo dall’allineamento delle loro visioni del mondo ma anche dalla complementarità delle loro risorse e capacità.
Infatti ci sono anche interessi economici concreti: «Il Cremlino si è rivolto a Pechino per investimenti di capitale e per cercare un mercato per l’esportazione di armi e componenti per la difesa a cui la Russia non può più accedere in Occidente. Mosca sta lavorando con Pechino per mitigare gli effetti delle sanzioni statunitensi ed europee e per ridurre la centralità di Washington nel sistema economico globale», si legge su Foreign Affairs.
Con l’aumento della stagnazione finanziaria e del rischio di instabilità interna, per il Cremlino la Cina è diventata un partner sempre più importante. Colpire le fondamenta di quel rapporto non sarà semplice: Washington dovrebbe riuscire a dimostrare a Mosca che un certo grado di cooperazione con gli Stati Uniti è preferibile alla sottomissione a Pechino. Non sarà facile.
Ma il rapporto Cina-Russia non è impermeabile e gli Stati Uniti dovrebbero cercare misure proattive per scardinare l’intesa. Alcuni politici e analisti hanno consigliato all’amministrazione Biden una strategia di uguale e contraria a quella adottata dall’ex presidente Richard Nixon all’inizio degli anni ‘70 (Ping pong diplomacy, «only Nixon could go to China», e altre cose simili), con l’obiettivo di avvicinarsi alla Russia e/o allontanarla dalla Cina.
Foreign Affairs però suggerisce un percorso diverso: «Noi – dicono gli autori – immaginiamo un approccio molto più modesto e incrementale, progettato per dimostrare alle persone intorno a Putin i vantaggi di una politica estera russa più equilibrata e indipendente. Il terreno per perseguire questa strategia è limitato. Ma Washington potrebbe usare l’estensione del trattato di riduzione delle armi nucleari New Start come punto di partenza per il dialogo sul controllo degli armamenti, la stabilità strategica e la non proliferazione».
L’approccio proposto da Andrea Kendall-Taylor e David Shullman muove da una convinzione: Washington dovrebbe essere molto più esplicita con Mosca su come il comportamento cinese danneggia gli interessi russi.
Dopotutto esiste un vecchio principio guida della politica estera russa che vede Mosca come attore indipendente e non allineato, protagonista in un mondo multipolare. Alcuni analisti ed élite russe sono infatti preoccupati per la crescente sottomissione della Russia a Pechino.
Così mentre la Cina invade gli interessi russi in Bielorussia, Iran e altrove, gli Stati Uniti potrebbero cercare di sollevare il dubbio tra il popolo russo e l’élite dominante che circonda Putin sull’opportunità delle relazioni con la Cina. Nella speranza che i futuri leader traccino una rotta più neutrale.
Allora, più in concreto, gli Stati Uniti potrebbero impegnarsi ulteriormente con Mosca per facilitare il ritorno dell’Iran all’accordo nucleare del 2015 e garantire una pace stabile in Afghanistan.
E anche nell’Artico gli Stati Uniti potrebbero lavorare per rallentare la svolta di Mosca verso Pechino: Washington dovrebbe immediatamente attivarsi per riavviare il forum Arctic Chiefs of Defense Chods), uno spazio di dialogo con la Russia e altri partner degli Stati Uniti sulla crescente militarizzazione della regione.
Tali sforzi non solo impedirebbero una pericolosa escalation che potrebbe far deragliare altre priorità politiche degli Stati Uniti, ma potrebbero anche fornire un trampolino di lancio per un’ulteriore cooperazione Stati Uniti-Russia.
«L’amministrazione Biden – si legge nella conclusione dell’articolo – ha già una lunga lista di compiti urgenti legati alla Cina e alla Russia. Lo sforzo per ridurre il rapporto tra i due Paesi appartiene a quel dossier. Il pensiero creativo su come limitare la cooperazione tra Pechino e Mosca, evitando azioni che rafforzano la loro intesa, sarà fondamentale per proteggere gli interessi degli Stati Uniti e le democrazie liberali nei decenni a venire».