Direttive ecofriendlyCome l’Europa può rafforzare gli strumenti a difesa dell’ambiente

Il Parlamento europeo vuole inserire il reato di ecocidio nel diritto comunitario e aumentare la responsabilità delle aziende. Gli eurodeputati hanno lamentato gli scarsi risultati attuali sull’individuazione, l’indagine e la condanna dei crimini ambientali, considerati la quarta attività criminale più redditizia al mondo

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Rinnovare le regole europee sulla responsabilità delle imprese per i danni ambientali e inserire l’ecocidio nella giurisprudenza europea. Sono questi i contenuti della risoluzione che il 20 maggio sarà votata al Parlamento europeo. Gli eurodeputati chiederanno da una parte di migliorare la direttiva sulla responsabilità ambientale (Eld) e dall’altra quella sui crimini ambientali.

Tra le raccomandazioni dei deputati, la trasformazione della direttiva sulla responsabilità ambientale in un regolamento completamente armonizzato – per aumentarne l’efficacia – e la creazione di una task force europea per fornire supporto alle vittime di danni ambientali.

Nel progetto di testo, i deputati chiedono alla Commissione di riconoscere l’ecocidio nella legislazione europea e sviluppare una classificazione armonizzata dei crimini ambientali.

I deputati hanno lamentato gli scarsi risultati attuali sull’individuazione, l’indagine e la condanna dei crimini ambientali, considerati la quarta attività criminale più redditizia al mondo.

La direttiva europea sulla responsabilità ambientale, introdotta nel 2004, mira a prevenire e rimediare ai «danni ambientali significativi», come quelli ai danni di specie e habitat naturali protetti, risorse idriche e suolo, stabilendo un regime di responsabilità comune basato sul principio “chi inquina paga”. Significativi sono considerati i danni all’ambiente che incidono sulla salute umana. Viceversa, non sono significativi quelli che, ad esempio, consentano alla risorsa naturale di ripristinarsi in breve tempo.

Dai singoli cittadini alle organizzazioni non governative (Ong), in base alla direttiva Eld, ognuno ha il diritto di notificare agli enti pubblici designati qualsiasi danno ambientale, o minaccia imminente, e di contestare l’azione o l’inazione di un ente pubblico per prevenire e porre rimedio ai danni ambientali.

Nel corso degli anni, il documento è stato modificato in tre occasioni per aumentare la portata della responsabilità per i danni ambientali causati dalla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive, dal funzionamento di alcuni siti di stoccaggio e dalle attività nelle acque marine.

In base alla direttiva, gli Stati membri indicano gli enti pubblici che si occupa di proteggere l’ambiente, indentificando gli inquinatori responsabili e garantendo che i responsabili di una minaccia imminente o di un danno ambientale effettivo intraprendano o finanzino le misure preventive o riparatrici necessarie. Per riparazione, si legge in una nota della Commissione, «s’intende il fatto di riportare l’ambiente allo stato in cui si sarebbe trovato se il danno non si fosse prodotto».

La sua attuazione è supportata da un gruppo di esperti governativi Eld degli Stati membri, che si incontrano regolarmente con la Commissione europea per fornire consulenza e coordinare le attività nei singoli Stati.

A differenza delle norme ordinarie sulla responsabilità civile, la direttiva non prevede un risarcimento per i privati a causa del danno ambientale: saranno gli enti pubblici designati a determinare e valutare l’entità del danno ambientale, e quindi a concordare, in collaborazione con i responsabili, quali misure correttive adottare.

Dopo aver pubblicato due rapporti, nel 2010 e nel 2014, sull’efficacia della direttiva Eld, la Commissione ha deciso, di comune accordo agli esperti Eld, di lanciare un programma di lavoro pluriennale, dal 2017 al 2020, il Mawp, per incentivare il raggiungimento degli obiettivi originari della direttiva.

I pilastri del Mawp sono migliorare la base di prove per la valutazione e il processo decisionale per la Commissione, i Paesi dell’Unione, le parti interessate e gli operatori; sostenere l’attuazione attraverso strumenti e misure per un’attuazione più uniforme; garantire una sufficiente disponibilità di sicurezza finanziaria, in particolare per grandi perdite o in caso di insolvenza.

La direttiva sui crimini ambientali, adottata il 24 ottobre del 2008, prevede invece la criminalizzazione di gravi violazioni di 72 atti legislativi ambientali in campo ambientale, prevedendo sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive per proteggere più efficacemente l’ambiente.

La direttiva sulla criminalità ambientale, si legge in una nota della Commissione, mira a integrare il sistema sanzionatorio amministrativo esistente con sanzioni di diritto penale per rafforzare il rispetto delle leggi per la protezione dell’ambiente

Nello specifico, la direttiva definisce i reati ambientali che gli Stati membri devono criminalizzare, quindi le violazioni più gravi delle norme a tutela dell’ambiente; richiede la responsabilità – penale o non penale – delle persone fisiche e giuridiche; impone agli Stati membri di garantire la responsabilità penale anche per quanto riguarda l’incitamento, il favoreggiamento e il favoreggiamento di tali reati. Infine, cerca di ravvicinare i livelli delle sanzioni penali richiedendo sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive per i crimini ambientali.

In sostanza, la direttiva stabilisce uno standard minimo di protezione ambientale attraverso il diritto penale che gli Stati membri devono adottare, liberi di mantenere o introdurre misure di protezione più rigorose.

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