Questa immagine è dedicata a tutti quelli che tifano per i palestinesi: è il 24 maggio e si vede Yahya Sinwar, il loro leader a Gaza, che da un palco mostra fiero un bimbo che impugna un mitra alla folla festante per i razzi tirati sui civili israeliani.
La fascia nera sulla fronte del bimbo è quella dei kamikaze che si fanno esplodere sui civili israeliani. L’esaltazione fanatica dei bambini soldato, dei bambini kamikaze, la cultura della morte sin da piccoli, è l’essenza del modello politico e della cultura dei palestinesi che suscitano tanta simpatia nei sodali progressisti nostrani e americani.
Tutto in questa foto è agghiacciante ed è perfettamente omogeneo a una cultura politica che porta i palestinesi a rispondere alle cariche della polizia israeliana sulla Spianata delle Moschee con il lancio di 4.360 missili e razzi sui civili israeliani.
La stessa cultura politica che impianta le batterie di razzi nel bel mezzo delle abitazioni di Gaza, così che per distruggerle – per difendersi – Israele provoca morti tra i civili, anche bambini.
È tipico dei regimi dittatoriali unire alla cultura della morte l’esaltazione dei bambini armati. Umberto Eco spiegava che questa cultura di esaltazione della morte è semplicemente fascismo. Eppure tutto questo non incrina la simpatia per i palestinesi. Anzi. E cresce il sospetto che la ragione di fondo, inconfessata, di queste simpatie sia la stessa imposta al bambino palestinese kamikaze
Uccidere gli ebrei è l’obiettivo apertamente rivendicato di Hamas, che così decreta nel suo Statuto: «Il Profeta dichiarò: “L’Ultimo Giorno non verrà finché tutti i musulmani non combatteranno contro gli ebrei e fino a quando non li uccideranno e fino a quando gli ebrei si nasconderanno dietro una pietra o un albero e la pietra e l’albero diranno: O musulmano, o servo di Allah, c’è un ebreo nascosto dietro di me, vieni e uccidilo!”».
È questo dunque quello che alle anime belle tanto piace dei poveri palestinesi?