Falsa testimonianza. Per Sebastian Kurz solo l’ultimo problema di una lunga serie, che ormai si protrae da settimane (Linkiesta aveva raccontato tempo fa il suo marzo complicato). La nomina poco chiara di Thomas Schmid a capo dell’Öbag, holding statale dal valore di 26 miliardi, è nota da tempo ma adesso il caso rischia di sfociare nel penale, a causa di alcune affermazioni non vere rilasciate dal Cancelliere a una Commissione parlamentare. Chi viene condannato per falsa testimonianza rischia fino a tre anni di reclusione ma è molto probabile che Kurz non arrivi mai né a un processo né tantomeno a una sentenza da Cancelliere in carica, visto che le pressioni politiche da parte sia dell’opposizione che anche della stessa maggioranza sarebbero a quel punto insostenibili.
Una pericolosa discesa per un Cancelliere che, quando era arrivato al vertice, aveva promesso un cambio di passo sia nei modi che nella sostanza rispetto ai precedenti politicanti austriaci. Peccato non ci sia mai riuscito.
Il fatto
Tutto è iniziato dall’Ibiza-Gate, lo scandalo che nel 2019 aveva portato alla caduta del Kurz I, il governo blu-turchese che vedeva in coalizione i conservatori dell’ÖVP col FPÖ, partito di estrema destra guidato dall’allora vicecancelliere Heinz-Christian Strache. Lo scoop della Suddeutsche Zeitung in cui Strache accettava soldi da una sedicente nipote di un oligarca russo causò anche la nascita di una Commissione parlamentare di inchiesta che accertasse se ci fossero stati altri episodi di corruzione. Per questa ragione si è tenuta nell’estate 2020 un’audizione del Cancelliere, che ha risposto a domande dei parlamentari anche sul caso Öbag.
Il tentativo di minimizzazione di Kurz, che ha dichiarato di «non essere stato direttamente coinvolto nella nomina di Schmid e degli altri membri del consiglio di sorveglianza», non ha convinto la magistratura e così l’ufficio del pubblico ministero per l’economia e la corruzione ha aperto un fascicolo su di lui e sul suo capo di gabinetto, Bernard Bonelli.
C’è infatti una certa differenza tra quanto dichiarato dal Cancelliere e da Bonelli e i messaggi scambiati tra lui, Schmid e alcuni uomini di fiducia di Kurz che gli inquirenti hanno recuperato nel corso di un’indagine su un sistema di finanziamento occulto dell’ÖVP. Kurz sapeva che Schmid, che era stato incaricato dal governo di trasformare la partecipata Obib in una società per azioni, voleva il posto da amministratore e ha fatto sì che lo ottenesse.
E questo è un problema perché in Austria c’è l’obbligo davanti alle Commissioni di inchiesta di dire la verità, come se si fosse in tribunale, e chi dice il falso rischia il carcere. Prima del Consiglio dei ministri di mercoledì Kurz ha cercato di difendersi, sostenendo di «aver fatto del mio meglio, ricordandomi quanto possibile».
L’indagine su Kurz è solo l’ultimo tassello di una più ampia indagine sui finanziamenti al partito del Cancelliere da parte di alcune società di gioco d’azzardo, come Novomatic e Casinos Austria, e uno dei principali indagati è l’attuale ministro delle finanze Gernot Blümel, indagato per corruzione e concussione e la cui casa è già stata perquisita lo scorso febbraio. Nonostante siano però sotto l’occhio del ciclone, sia Blümel che la stessa Cancelleria hanno cercato di ostacolare le indagini fino all’ultimo.
Dopo ripetuti inviti e l’ordine perentorio del presidente della Repubblica Alexander van der Bellen, Blümel ha consegnato tutte le conversazioni e i documenti richiesti in un volume di 60 mila pagine ultrariservato e illeggibile mentre Kurz ha cercato di fare una cernita su documenti e conversazioni da mandare ricevendo però l’ordine della Corte costituzionale di mandare tutto.
I risvolti politici
Viste le nubi all’orizzonte, il futuro della coalizione verde-turchese rischia di non essere più tanto sereno: infatti, subito dopo l’apertura dell’indagine su Kurz, l’opposizione si è fatta sentire: «Il partito del Cancelliere ormai naviga da un procedimento penale all’altro», ha dichiarato Christian Hafenecker, leader del gruppo parlamentare FPÖ nella Commissione parlamentare sull’Ibiza-Gate. Il vicepresidente del partito socialdemocratico SPÖ Jörg Leichtfried ha valutato le accuse contro Kurz «come molto gravi. Il Cancelliere ha sempre detto che il confine da non oltrepassare è quello del diritto penale. Qui ci siamo dentro, specie se il Cancelliere federale dovesse essere accusato di false testimonianze. E di sicuro non potrebbe andare avanti».
Un punto su cui concorda anche Neos, il partito liberale che ha segnalato alla magistratura le incongruenze di Kurz, e il suo presidente, Beate Meinl-Reisinger. «Anche il Cancelliere non può non dire la verità davanti a una commissione d’inchiesta, così come gli altri membri del suo partito. Questo caso è un’ulteriore conferma del disprezzo per lo Stato di diritto da parte di Sebastian Kurz e dell’ÖVP».
L’opposizione ha infatti protestato per la dichiarazione di uno dei membri del partito del Cancelliere, Wolfgang Sobotka, che però è presidente sia del Consiglio Nazionale, uno dei rami del Parlamento austriaco, sia della Commissione parlamentare sull’Ibiza-Gate. «Ogni persona che è stata chiamata a testimoniare in Commissione ha una tremenda preoccupazione di dire qualcosa di sbagliato, perché è obbligata a essere sincera lì. Non esiste una cosa del genere in Germania e per questo dovremmo pensare a una riforma». Tra l’opposizione che protesta e l’ÖVP che attacca la magistratura e la Commissione parlamentare (la ministra dell’Agricoltura Elisabeth Köstinger l’ha definita “un teatro di contadini”) gli unici a mantenere il silenzio sono stati i Verdi, partner di governo di Kurz, eccetto il presidente Van der Bellen che pochi giorni fa ha fatto presente che «il rispetto delle regole e delle leggi vale per tutti». Un monito valido anche per Kurz.
Il rapporto con i giornalisti
Michail Gorbaciov, Jean-Claude Juncker e Sebastian Kurz. Sono solo alcuni dei vincitori del premio Media Prize for Freedom, assegnato da un editore tedesco e finito quest’anno proprio tra le mani del Cancelliere austriaco. Un premio assegnato quasi sulla fiducia, visto che l’ex ragazzo prodigio della politica austriaca mantiene un rapporto alquanto conflittuale con i media, soprattutto quelli che non gli piacciono. Come evidenzia Politico, il Cancelliere da un lato finanzia quelli privati in maniera massiccia, come dimostra la spesa di 47 milioni di euro in pubblicità per i tabloid privati del 2020, il triplo rispetto al precedente esecutivo, dall’altro attacca ed esercita pressioni sia politiche sia finanziarie su quelli pubblici.
Paradigmatico il caso del Wiener Zeitung, quotidiano nato nel 1703 e a rischio chiusura nonostante dipenda dal governo che però non sembra gradire molto la linea editoriale indipendente (e infatti gli ha tagliato i proventi derivanti dagli annunci). «Kurz non accetta che i giornalisti stiano dall’altra parte del recinto, che il loro compito sia quello di controllare i fatti e fare rapporto. Secondo lui, il giornalismo dovrebbe essere semplice trasmissione di annunci ufficiali», ha dichiarato a Politico Helmut Brandstätter, ex giornalista radiofonico e ora parlamentare di Neos.
I fatti sembrano dalla sua parte: i giornalisti dell’ORF, l’azienda radiotelevisiva statale spesso critica nei confronti del governo, temono che la maggioranza possa presto mandare un nuovo direttore più indulgente dopo essere già intervenuta pesantemente sui notiziari. Non è il solo: sia Hubert Patterer, l’editore di Kleine Zeitung, un giornale regionale conservatore, che quello di Der Falter, il settimanale investigativo di Vienna, hanno dovuto scontrarsi con le accuse di Kurz, arrivando persino in tribunale. Una storia che c’è da scommettere si arricchirà molto presto di nuovi capitoli, specie con un indagine in corso.