Cambiare è possibile. Ne è convinta Leonore Gewessler, la ministra austriaca per la protezione del clima e l’ambiente che ha presentato un progetto di riforma europeo dell’Euratom, l’organizzazione internazionale nata parallelamente all’Unione europea con i Trattati di Roma del 25 marzo 1957.
L’intenzione della ministra Gewessler si pone in continuità con la mentalità ambientalista di Vienna, da sempre in prima linea su certi temi come dimostra l’uscita dal nucleare nel 1978, quando ancora non era nemmeno entrata in funzione la sua prima centrale.
«Ha ragione la ministra, ormai l’Euratom che era stato immaginato nel 1957 non ha più senso», dichiara a Linkiesta Patricia Lorenz, attivista della ONG austriaca Global 2000-Friends of the Earth Europe, che si occupa di salvaguardia dell’ambiente, con un’attenzione specifica al settore nucleare.
Der #EURATOM Vertrag ist veraltet & stammt aus einer Zeit vor #Tschernobyl & #Fukushima. Er bedenkt die Gefahren von #Atomkraft nicht & benachteiligt die #Erneuerbaren. Wir brauchen dringend eine Reform des EURATOM-Vertrages. Dafür setze ich mich auf EU-Ebene ein. 1/2 pic.twitter.com/opQ05cU7kX
— Leonore Gewessler (@lgewessler) May 3, 2021
In una conferenza stampa, tenuta insieme all’avvocato Dörte Fouquet, che ha curato il rapporto, la ministra ha spiegato le ragioni per cui ha chiesto una simile modifica. «Il Trattato risale a un periodo precedente ai grandi disastri nucleari di Chernobyl e Fukushima. Non tiene conto dei pericoli del nucleare, ingiustamente avvantaggiato rispetto alle energie rinnovabili. Abbiamo quindi urgente bisogno di una sua riforma per rendere la nostra Europa più sicura e per non mettere a repentaglio il futuro europeo dell’energia».
Secondo la ministra e Fouquet sono tre i punti principali su cui si dovrebbe articolare la modifica dell’Euratom: regole più severe per la sicurezza delle centrali; maggiore rigore nello smantellamento e spegnimento dei reattori oltre che nello stoccaggio finale dei rifiuti radioattivi e infine abolizione dei vantaggi dell’energia nucleare rispetto alle energie rinnovabili.
«Il mio rapporto mostra che è urgentemente necessario un adattamento del contratto ai giorni nostri. L’Euratom deve anche contenere regole chiare in questi campi», sostiene l’avvocato.
C’è però chi si spinge anche oltre. «Non ha senso che una sola forma di energia abbia un simile contratto. Per questo l’Euratom può essere sciolto e le risorse di cui disponeva passare in capo all’altro trattato alla base dell’Unione europea, il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea o TFUE», sostiene Lorenz.
La Comunità europea dell’energia atomica si è sempre mantenuta come una personalità giuridica distinta e con proprie risorse (il potere esecutivo dal 1967 con il Trattato di fusione è passato invece alla Commissione europea). Vista la natura ibrida dell’istituzione, il problema maggiore riguarda la rappresentatività.
Secondo il rapporto, il Parlamento europeo viene coinvolto in maniera pressoché inesistente su questioni fondamentali e i processi di riforma sono lenti e macchinosi a causa soprattutto del veto di quei Paesi che si oppongono alla definizione di regole europee più stringenti in materia.
Non c’è solo questo visto che un altro problema mai risolto è quello che già nel 2014 Patricia Lorenz aveva evidenziato in uno studio, pubblicato dagli eurodeputati della sinistra tedesca di Die Linke, dove si evidenziava il fallimento della politica nucleare europea, visto che «gli Stati membri dell’Unione devono elargire sussidi per l’industria nucleare e prestiti per potenziare e prolungare la vita delle centrali nucleari in Europa e nei Paesi terzi tramite il bilancio congiunto, indipendentemente dal fatto che utilizzino l’energia nucleare o abbiano addirittura deciso di eliminarlo energia nucleare». Per un simile progetto di riforma servono alleati anche fuori dall’Austria: i primi indiziati potrebbero essere altri Paesi dell’Europa centrale, come Germania, Lussemburgo e Belgio, per avviare un primo processo di riforma del Trattato con una maggioranza semplice all’interno del Consiglio dell’Unione.
«Ci sono poi anche altri Paesi che possono essere interessati, che magari sono usciti dal programma nucleare o non ci sono mai entrati. Il processo di riforma è possibile, anche se sarà un lungo e complicato», sostiene Gewessler.
La questione nucleare in Austria è molto sentita. Il Paese, entrato nel nucleare nel 1972, decise di non usare mai la sua prima e unica centrale nucleare di Zwentendorf, costata oltre 370 milioni di euro, dopo un referendum popolare tenutosi nel 1978.
Anche a distanza di 40 anni non si è affievolita la sensibilità nazionale sul tema: non è un caso che in conferenza stampa Gewessler abbia specificamente citato due centrali nucleari, che verranno presto costruite o ampliate ma non in territorio austriaco.
«Slovenia e Slovacchia dovranno utilizzare standard di sicurezza molto più rigidi per le due centrali di Grsko e Mohovce, (distanti rispettivamente 360 e 200 chilometri da Vienna), ne va della credibilità europea nel settore».
Si spiega anche così la cura con cui l’energia nucleare viene raccontata sul sito del ministero dell’ambiente di Vienna, con toni anche molto militanti. L’energia nucleare viene infatti presentata come “un’energia del passato”: non verde, visto che pone grossi interrogativi soprattutto in materia di costi e di smaltimento dei rifiuti; per niente sicura, a causa dei possibili incidenti che rischia di causare; e decisamente poco pacifica, considerando il rischio di proliferazione di armi che poi innesca.
L’Austria è uno dei Paesi che più attivamente si sta impegnando per raggiungere la neutralità carbonica; l’obiettivo di produrre il 100% di energia elettrica da fonti rinnovabili entro il 2030 è infatti decisamente alla portata (attualmente 54 terawatt-ora sono prodotti da fonti rinnovabili, il 66%).
Il progetto della ministra Gewessler trova sponde nella maggioranza, meno nell’opposizione.
«Portare avanti l’idea della ministra vuol dire inginocchiarsi alla lobby del nucleare», sostiene il portavoce ambientale dello FPÖ Walter Rauch.
«L’Austria deve immediatamente uscire dall’Euratom». Di diverso avviso invece coloro che hanno sostenuto la proposta di Gewessler, che ha trovato il pieno appoggio dei partiti di maggioranza, tra cui l’OVP del cancelliere Sebastian Kurz. Qualche modifica sarà necessaria. «Non basta includere nel Trattato istitutivo anche le energie rinnovabili: serve uno smarcamento vero. Inoltre il tema della responsabilità di coloro che gestiscono le centrali non è utilizzabile come base giuridica, come ha sostenuto in passato il commissario Oettinger», conclude Lorenz.
La battaglia è appena cominciata.