Il sesso che faccio con Arianna è forse il primo sesso vero e proprio che faccio in vita mia. Lei mi dà degli appuntamenti, ci vediamo, facciamo questo famoso sesso, e poi basta. Il modo in cui tutto ciò avviene mi ricorda due che si mettono d’accordo per giocare a tennis, prenotano il campo, si spogliano, giocano, si rivestono.
Non parlo di due amici che giocano a tennis e con la scusa della partita a tennis si rivedono, fanno due chiacchiere e poi escono a cena, dico proprio due soci neoiscritti al circolo che si scambiano poche parole, tutte legate al gioco: servo io, palleggiamo un po’, facciamo due set, cose di questo genere.
Con Arianna funziona così.
Durante il sesso mi dice solo cose legate al sesso, anzi, legate al sesso che è in corso in quel momento, frasi del tipo: così mi piace, oppure, voglio mettermi così, oppure, aspetta perché prima vorrei farti questa cosa o vorrei che tu mi facessi questa cosa, grazie, prego, spostati, scusa, ecco, va bene, ciao, ciao, alla prossima.
Non ci sono imbarazzi né tentennamenti, perché tutto è già stato deciso a monte, luogo, orario, durata, gioco, incontro, partita, per cui arriviamo, ci spogliamo, ci sono molti baci, questo sì, ci sono anche dei preliminari, però il modo in cui ci baciamo e compiamo questi preliminari è come se fosse parte di un protocollo.
Non sarebbe sesso se non ci fossero questi baci e questi preliminari, quindi li svolgiamo come parte di un procedimento che ci trascende, trascende sia me sia lei in quanto persone, procedimento che sarebbe appunto il sesso, o meglio questo sesso in purezza di cui solo quest’estate scopro l’esistenza e che, man mano che la scopro, mi sembra un’astrazione, un distillato cui al massimo si può tendere, ma mai ottenere, e invece, inspiegabilmente, pare che io e Arianna lo otteniamo, e nemmeno con tanti alambicchi, anzi, in maniera piuttosto spontanea.
Durante e dopo ci sono chiacchiere ma non ci sono carezze, non c’è curiosità, non sentiamo quella spinta irresistibile che ti fa desiderare di passare del tempo insieme, uscire, andare al cinema, passeggiare, stare in casa a non fare niente, guardare l’ultimo telegiornale mezzi addormentati sul divano.
C’è eccitazione, prima e durante, questo sì, e forse ne rimane un po’ anche dopo, ma è come se fosse indotta: se ti dai appuntamento per fare sesso, qualcosa nel tuo corpo si predispone a fare sesso, o forse no, non si predispone affatto, perché in effetti è come darsi appuntamento con qualcuno per fare a botte senza che niente ti abbia prima fatto arrabbiare.
Allora il corpo reagisce così, in maniera un po’ meccanica, uno dei due dà per primo uno schiaffo all’altro, e l’altro poi reagisce e si finisce per prendersi a botte lo stesso, anche senza motivo.
Non ho mai fatto sesso senza essermi prima innamorato, oppure senza innamorarmi dopo averlo fatto, e questo credo sia stata la scaturigine di ogni mio genere di problema, di coppia o esistenziale, eppure l’essermi innamorato prima del sesso era comunque una cosa che si portava dietro una carica di meraviglia e di entusiasmo che rendeva il sesso qualcosa di completamente diverso da queste partite di tennis estive che gioco su prenotazione con Arianna.
Prima di Arianna non avevo mai conosciuto una donna con un tale distacco emotivo nel fare sesso, o forse sì: Cristina era, e probabilmente è rimasta, un po’ così.
Mi ricordo però che Cristina di me era innamorata, anche se in effetti non posso esserne sicuro, o comunque aveva fatto in modo che io mi innamorassi di lei, e di questo invece sono sicuro, e quindi il sesso tra me e lei era addizionato di una o addirittura due quote di innamoramento, la mia e forse anche la sua, e quindi quel sesso, in confronto a questo con Arianna, era un sesso pieno di anabolizzanti, potenziato, più che un distillato era una specie di sublimazione, tutta una mistura, un impasto, un tentativo di esaltare, tramite aggiunte di questo e di quello, la sapidità di quell’unico ingrediente che avevamo a disposizione, cioè il sesso, che a quel punto, però, era maggiorato da una serie di detonatori che lo facevano esplodere potente come se gli ingredienti fossero stati mille.
Il sesso che ho sempre fatto, cioè tutto il sesso che ho fatto prima di questa estate con Arianna, era appunto la sublimazione – tramite sesso – di qualcosa di nient’affatto sessuale: m’invaghivo di una, per chissà quali oscuri motivi, ed essendo io ancora giovane, il mio corpo iniziava a pulsare.
Interpretare quella pulsazione era molto difficile, perché tutto in quella pulsazione mi comportava caos, tutto era molto confuso, indistinto, motivo per cui, oggi, tendo a pensare che si trattasse appunto di una sublimazione.
Cos’era, in fondo, quel sesso addizionato di giovanile coinvolgimento?
Era più o meno una cosa come: senti, scusa, la natura mi impedisce di manifestare il mio interesse per te in una forma più comunicativa di questa, cioè l’interesse per il tuo corpo, e non trovo modo più efficace di interessarmi al tuo corpo se non toccandolo e penetrandolo, anche se in effetti questo tuo corpo forse mi piacerebbe di più mangiarlo e possederlo realmente, tramite processi corporei quali ingestione, digestione, espulsione, ma sarebbe cannibalismo e comporterebbe la tua morte, e non si può praticare, quantomeno in forma legale, quindi diciamo che toccare e penetrare il tuo corpo sarebbe la maniera più appagante tra quelle giuridicamente ammesse, anche perché immagino tu sia poco disposta a farti consumare previa cottura, quindi che ne diresti di lasciarti toccare e penetrare, in modo che, se non altro a livello simbolico, io possa assumerti al mio interno e tu al tuo?
Certo, col fare sesso da coinvolti c’entrava la gioventù mia e sua: sei più innocente e spontaneo, hai molte meno barriere e difese, la membrana che divide sesso e coinvolgimento è molto più permeabile, l’osmosi è continua, l’attrazione per il corpo rimpolpa quella per la personalità e quella per la personalità rimpolpa quella per il corpo, e il movimento delle particelle che compongono queste due entità non segue traiettorie ricostruibili tramite la balistica, per cui è facile fare confusione, prendere abbagli, rovinarsi non dico la vita, ma settimane, mesi, a volte anche anni e decenni.
Oppure sì, anche la vita, per esempio sfasciando famiglie o ritrovandosi poi da grandi a fare un sesso che è solo sesso perché quell’altro sesso (che forse da questa estate, quella in cui apprendo l’esistenza effettiva di un sesso in purezza, potrei cominciare a chiamare «sesso più») ha causato dolori tali per cui si preferisce addirittura rinunciare ai benefici, pur di evitare i costi.
da “Sesso più, sesso meno”, di Mario Fillioley, 66thand2nd, 2021, 176 pagine, euro 15