Pilota automaticoTutti vogliono l’auto a guida autonoma, ma ci vorrà ancora un po’ (per fortuna)

Sono anni che si parla di veicoli che guidano da soli, e molte aziende stanno lavorando alla realizzazione dei prototipi più avanzati. Ma la pandemia e le infinite difficoltà tecnologiche allontanano il giorno in cui queste vetture domineranno il mercato dei motori: potrebbero volerci ancora molti anni

Lapresse

Autobus senza conducente, camion che non hanno bisogno di un autista, veicoli di ogni tipo che camminano in autonomia. Le strade della Germania nel 2022 potrebbero assomigliare a quelle di un film ambientato in un futuro non più così lontano.

Pochi giorni fa il Bundestag tedesco – la Camera bassa del Parlamento – ha approvato i primi provvedimenti normativi per le auto a guida autonoma, dovrebbero entrare in vigore dall’anno prossimo. La palla adesso passa al Bundesrat per l’approvazione definitiva: nel caso, si tratterebbe del primo quadro giuridico al mondo per l’integrazione di veicoli autonomi nel traffico regolare. In questo caso, per “veicoli autonomi” si intendono quelli in cui un computer ha il controllo completo della vettura e non è necessario alcun conducente umano.

Non può essere un caso che un provvedimento di questo tipo arrivi dalla Germania, il primo mercato europeo del settore automobilistico, nonché la nazione europea che produce più vetture in assoluto. Ma anche il Regno Unito, secondo una nota diffusa dal governo britannico, dovrebbe autorizzare entro la fine dell’anno veicoli a guida autonoma.

Avere dei veicoli in grado di coprire alcuni percorsi senza conducente è il prossimo passo dello sviluppo, e potrebbe non essere così distante nel tempo. Ma per ora immaginare un mercato dell’auto dominato da veicoli che si guidano da soli è ancora un esercizio di fantasia.

Di cosa si parla, sul piano tecnologico
Sono anni che si parla di auto a guida autonoma. E qualcosa è già presente sul mercato. Proprio per questo è opportuno fare delle distinzioni. Molte auto già integrano a bordo alcuni dispositivi di assistenza alla guida (Adas), ma non sono in grado di guidare da sole. La Society of Automotive Engineering (Sae) ha definito sei livelli di autonomia, che vanno dal livello 0 (nessuna assistenza) al livello 5 (guida autonoma completa in tutto e per tutto).

La maggior parte delle nuove auto ora è dotata della tecnologia di livello 1, quindi gli ormai diffusi cruise control adattivo e il mantenimento della corsia. Poi ci sono anche sistemi più avanzati, come l’Autopilot di Tesla e il Super Cruise di General Motors, che sono di livello 2: consentono all’auto di gestire la velocità e lo sterzo, ma richiedono al conducente di prestare attenzione costante nel caso in cui sia necessario riprendere il controllo.

Le principali criticità
Ma lo sviluppo dei modelli più aggiornati, quindi più autonomi, negli ultimi anni sembra aver rallentato. E di pari passo hanno frenato le aspettative. «I geni della Silicon Valley avevano detto che a quest’ora le persone sarebbero andate al lavoro a bordo di un auto a guida autonoma. Invece sappiamo solo che per ora ci sono già stati feriti e morti, e decine di miliardi di dollari sono stati spesi per una tecnologia ancora non del tutto sviluppata che, secondo alcuni ricercatori, non si concretizzerà prima di diversi anni», scrive il New York Times in un lungo articolo pubblicato a fine maggio.

Ci si è messa anche la pandemia, che ha costretto le aziende del settore a rivedere i propri piani, tagliare le spese – soprattutto quelle per progetti a lunga scadenza –, e frenare il lavoro sull’innovazione più intrigante ma anche più difficile da realizzare.

Due anni fa, ad esempio, Toyota aveva annunciato che per i Giochi Olimpici 2020 Tokyo sarebbe stata riempita di autobus a guida autonoma. Adesso non se ne parla più, e alle Olimpiadi mancano poche settimane.

Allo stesso modo Uber e Lyft – che un paio d’anni fa sembravano in prima linea – oggi si sono defilate, lasciando immaginare che i primi risultati rilevanti in questo campo non usciranno dai loro uffici.

La principale difficoltà delle case automobilistiche è soprattutto tecnologica. Sette anni fa Waymo – azienda che fa capo a Google-Alphabet, in prima linea sul tema – scoprì che i petali dei fiori trasportati dal vento o delle bolle di sapone avrebbero potuto azionare i freni delle sue auto a guida autonoma. I test di molte case automobilistiche hanno rilevato che, in buona sostanza, eguagliare le competenze dei conducenti umani non è affatto semplice.

«I giganti della tecnologia e dell’auto potrebbero ancora lavorare per anni sui loro progetti di veicoli senza conducente. Mediamente ogni azienda spenderà dai 6 ai 10 miliardi di dollari prima che la tecnologia sia davvero diffusa in maniera capillare, intorno alla fine del decennio più o meno», scrive il New York Times.

A cosa stanno lavorando le aziende del settore
Tra le aziende più attive nella ricerca e nello sviluppo ci sono Waymo (quindi Google-Alphabet), Tesla, Volkswagen, Apollo (del colosso cinese Baidu) Aurora e Zoox (di Amazon).

Anche il gruppo Stellantis è al lavoro con Waymo per la realizzazione nell’immediato di veicoli ad alta automazione (livello 4): hanno progettato il primo servizio di taxi senza guidatore, partendo da sperimentazioni su una flotta di minivan Chrysler Pacifica Hybrid.

A ottobre Waymo ha dato il via al progetto nella periferia di Phoenix. Ma questa tecnologia ancora non esce dal suo perimetro ristretto: i sobborghi di Phoenix sono particolarmente adatti alle auto senza conducente, le strade sono larghe, i pedoni sono pochi e non piove spesso. Non è proprio la stessa cosa rispetto a gestire il traffico nell’ora di punta di una grande città europea, o l’immissione in autostrada.

In una situazione diversa ci sarebbe ancora bisogno della complessità di valutazioni che una persona è in grado di fare mentre è alla guida, un meccanismo ancora non riproducibile attraverso l’intelligenza artificiale. È per questo che immaginare le strade delle città popolate di auto a guida autonoma è ancora difficile: dopotutto l’obiettivo finale è proprio quello di ridurre al minimo l’errore umano.

«La tecnologia potrebbe migliorare la sicurezza stradale riducendo l’errore umano: i sistemi di guida automatizzata potrebbero prevenire 47mila incidenti gravi e salvare 3.900 vite nel prossimo decennio grazie alla loro capacità di ridurre la principale causa di incidenti stradali, cioè l’uomo», dice Mike Hawes, amministratore delegato della Society of Motor Manufacturers and Traders, l’associazione dei produttori di automobili britannici.

Il quadro normativo
Intanto però c’è da discutere anche il profilo giuridico-normativo, che dovrà aggiornarsi, evolversi e adattarsi alle nuove tecnologie. Se n’è parlato molto in seguito agli incidenti delle vetture a guida semi-autonoma di Uber e Tesla, che hanno sollevato il dubbio delle responsabilità.

La Germania, come detto, è la prima nazione a disporre di uno strumento legislativo – ancora privo dell’approvazione del Bundesrat e del regolamento attuativo. Secondo il provvedimento, i veicoli senza conducente potranno circolare esclusivamente lungo alcune arterie, peraltro al momento ancora non definite, e il livello di automazione preso in considerazione arriva fino al 4.

Il caso tedesco però potrebbe fare scuola. Potrebbe essere l’apripista per una normativa europea completa, e un insegnamento per gli altri parlamenti nazionali. Tra gli aspetti da chiarire ce n’è soprattutto uno, particolarmente rilevante: quello sull’attribuzione delle responsabilità. Al momento il caso tedesco sembra ricondurre ancora pienamente al singolo automobilista, salvo casi specifici.

Un dettaglio non da poco, perché alleggerisce la posizione dei costruttori, la cui lobby in Germania ha esercitato pressioni per ottenere il via libera al dispositivo che disciplina la materia.

«Al momento la responsabilità del conducente è comunque centrale, ovunque. Se non altro perché ancora non abbiamo auto in grado di guidare in autonomia concedendo al conducente di dormire o di non prestare attenzione», dice a Linkiesta l’avvocato Benedetto Santacroce.

«Nell’attuale dimensione dell’applicazione dell’intelligenza artificiale – prosegue Santacroce – il costruttore richiede al pilota di essere sempre vigile, e lo chiede anche la norma. Impossibile, al momento, dire che la responsabilità è tutta del costruttore. Poi nella fattispecie si può stabilire se e perché l’auto in un malfunzionamento non ha ceduto, del tutto o in parte, la guida al pilota. Ma l’autonomia è ancora troppo bassa per sperare che le norme si adeguino a breve. In fondo anche una Tesla con un sistema di autonomia avanzato prevede una serie di regole che richiedono vigilanza continua».

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