Ci sono di tutti i tipi. Partiti laici, partiti religiosi, partiti che si rivolgono a tutti gli elettori e altri che si rivolgono solo a uno specifico segmento della popolazione. Sono ormai una realtà in tutta Europa i movimenti di ispirazione islamica che cercano a conquistare il voto delle minoranze nei diversi Stati del Continente.
Una tendenza frutto di un fenomeno che ormai va avanti da lungo tempo: secondo il rapporto “Europe’s growing Muslim Population” del Pew Research Center, la popolazione musulmana nei paesi europei era pari a 25,8 milioni nel 2016, il 5% circa della popolazione europea. Un numero che potrebbe presto salire: infatti, in un potenziale scenario di elevata immigrazione, il numero potrebbe arrivare a superare i 75 milioni entro il 2050.
Svezia- Partiet Nyans
Iniziare una campagna elettorale per il Riksdag, il Parlamento monocamerale svedese, partendo dalla Turchia. È una trovata certamente singolare quella del Partiet Nyans del leader Mikail Yüksel, arrivato nel Paese scandinavo nel 2001 proprio dalla Turchia, che ha lanciato quest’iniziativa a inizio giugno. «Nyans è nato come alternativa ai partiti tradizionali, per combattere il crescente razzismo verso le minoranze. Non ci rivolgiamo solo a un gruppo ma all’intera popolazione svedese: il nostro sogno è vedere la maggioranza della popolazione vivere fianco a fianco con le minoranze nel rispetto delle differenze reciproche», racconta lo stesso leader a Linkiesta.
Anche se nato da pochi mesi, l’obiettivo del partito è chiaro: entrare nel Parlamento svedese nel 2022 e contemporaneamente anche nei consigli comunali di Stoccolma, Göteborg e Malmö. E per questo nasce anche la campagna turca. A precisa domanda la risposta di Yüksel è stata chiara: «l’obiettivo della campagna è attirare l’attenzione dei tanti turchi e curdi che vivono in Svezia e provengono da Kulu, circa 50 mila persone».
E, come sostiene nel manifesto che ha affisso a Kulu, che è anche la sua città natale, bastano solo 23 mila voti per eleggere un proprio rappresentante in Parlamento, una somma di voti che corrisponde al 12 per cento nella circoscrizione parlamentare di Malmö, un risultato facilmente raggiungibile secondo il leader di Partiet Nyans. Se dovesse raggiungere questo risultato sarebbe una vittoria per Yüksel, estromesso dal Partito di centro nel 2018 perché sospettato di avere contatti con il gruppo nazionalista turco dei Lupi Grigi.
Secondo il leader di Partiet Nyans la verità però è un’altra: in un’intervista del 2019 a Daily Sabah Yüksel ha dichiarato di essere stato costretto a lasciare il partito perché si era rifiutato di parlar male della Turchia e di Erdogan. Da qui nasce la scommessa di un nuovo partito, in grado di parlare in maniera diversa sia alla comunità musulmana, che conta oltre 810 mila membri, il 10 per cento della popolazione, che a tutti gli altri elettori. Sul loro sito, infatti, si trovano tutti gli argomenti su cui il partito ha una posizione ufficiale, dalla scuola alle pensioni passando per l’Unione europea, la questione palestinese e l’antisemitismo.
«Razzismo e xenofobia hanno sfigurato il volto dei partiti tradizionali: ormai i liberali non sono più liberali e i socialisti non sono più socialisti. Per questo chiediamo che siano rese perseguibili penalmente l’islamofobia e l’afrofobia», sostiene Yüksel.
Paesi Bassi- Denk
Una storia molto simile è anche quella che proviene da Amsterdam. Nel 2017 è entrato infatti per la prima volta in Parlamento Denk, un movimento politico di ispirazione musulmana, che ha eletto 3 rappresentanti, confermati anche nelle elezioni di marzo 2021. Rappresentanti di Denk si trovano anche nelle amministrazioni comunali di Amsterdam, Rotterdam, Eindhoven e Utrecht.
Nonostante punti ad attirare tutti gli elettori, le attenzioni del partito sono soprattutto rivolte alla comunità turca e marocchina presenti nel Paese, che si aggirano intorno alle 500 e alle 400 mila unità. Guarda soprattutto a loro la politica di Denk volta a integrare tutte le minoranze all’interno della comunità olandese e ad analizzare con occhio più critico il passato coloniale dei Paesi Bassi. Prospettive che hanno più concretamente portato il partito a chiedere il divieto dell’uso della parola Allochtoon (solitamente offensiva verso i migranti) e l’abolizione dell’aiutante di colore di San Nicola, Zwarte Piet (la cui storia è stata raccontata su questo giornale un po’ di tempo fa).
Iniziative che però vengono spesso messe in secondo piano dal presunto legame tra Denk e l’Akp, il partito del presidente turco Erdogan. Dalla nascita del partito nel 2014 i due fondatori, Tunahan Kuzu e Selçuk Öztürk, sono stati spesso criticati per non aver preso le distanze dalle mosse del presidente turco, a eccezione del 2017 quando l’uomo forte di Ankara definì le autorità olandesi “residui nazisti e fascisti”.
«Ci dissociamo assolutamente da questo genere di commenti, assolutamente inopportuno e del tutto fuori luogo», fu il commento dei fondatori. Più dura la mozione di condanna della Camera dei Rappresentanti nel 2020, quando i parlamentari criticarono gli esponenti del movimento per alcuni video postati sui social media, in cui riprendevano alcuni uomini politici di origine turca definendoli “traditori” della comunità turco-olandese.
Francia- Union des démocrates musulmans français (Udmf)
Una storia diversa riguarda invece Parigi, dove il quadro è certamente più composito. Ci sono infatti il Partito dei Musulmani di Francia (PMF), il Partito per l’uguaglianza e la giustizia (PEJ), ma c’è soprattutto l’Unione dei Musulmani democratici francesi (UDMF). Fondato nel 2012 da Najib Azergui ed Emir Megharbi, l’Umdf ha ottenuto un discreto successo nelle elezioni regionali nell’Île-de-France del 2014 e alle elezioni europee del 2019 ha ottenuto lo 0,13 per cento dei voti.
Una percentuale forse risibile, ma che non nasconde il buon risultato che il partito ottiene in alcuni Comuni e quartieri a forte prevalenza musulmana, dove ottiene anche il 15 per cento. Il programma dell’Udmf combina elementi tipici dei partiti di sinistra con alcuni del mondo religioso islamico: per esempio il partito propone di rilanciare la crescita economica attraverso la finanza islamica, che prevede alcune regole etiche da rispettare.
Nonostante non ci siano rappresentanti né all’interno dei Consigli municipali né all’interno dell’Assemblea Nazionale l’Udmf è da sempre malvisto da parte sia dei politici francesi che delle istituzioni, preoccupati del principio di laicità dello Stato. Non è un caso che alle elezioni del 2020 il ministero dell’Interno abbia definito le liste del partito “comunitariste”, un’accusa respinta dall’UDMF che ha sempre dichiarato di voler deislamizzare il dibattito politico e di ritenersi l’equivalente musulmano di “Via, la voie du peuple”, il movimento politico di Jean-Frédéric Poisson, candidato alle presidenziali per la destra nel 2017.
Spagna- Coalición por Melilla (CPM), Coalición Caballas
Una storia più locale è quella che riguarda i due partiti musulmani spagnoli, Coalición por Melilla e la Coalición Caballas, legati rispettivamente alle enclavi di Melilla e Ceuta, che si trovano aldilà dello stretto di Gibilterra, in territorio marocchino. Se il secondo ha sempre avuto un’influenza marginale, infatti attualmente occupa un solo seggio nell’assemblea municiaple della città, un discorso diverso va fatto per il primo.
La Coalición por Melilla ha infatti eletto nel 1999 il primo sindaco musulmano della città, Mustafa Aberchan, ancora oggi presidente del partito. Da allora la sua presenza è una costante all’interno dell’Assemblea cittadina: oggi il CPM occupa 8 seggi più del PSOE, dal quale si staccò nel 1995, che ne ha soltanto 4 e dietro soltanto al Partido Popular, che ne ha 10.
Austria- Neue Bewegung für die Zukunft
Prima movimento per i lavoratori, poi partito. Questa in sostanza la storia di Neue Bewegung für die Zukunft, il cosiddetto “Nuovo movimento per il futuro”, partito nato soltanto il 1° gennaio 2017 e fondato da alcuni migranti turchi. Come raccontano i dati del 2016, gli ultimi disponibili, la comunità turcofona in Austria è composta da 115 mila turchi con regolare residenza austriaca e cui si aggiungono quelli però sprovvisti, arrivando così a quota 300 mila.
Il movimento non ha finora avuto fortuna né alle elezioni comunali né a quelle statali del Vorarlberg tra 2019 e 2020 ma a suscitare scandalo sono state soprattutto le sue posizioni a favore del presidente turco Erdogan: il partito si è compattamente schierato a suo favore durante il fallito colpo di Stato turco del 2016.
Grecia- Partito dell’Amicizia, dell’Uguaglianza e della Pace
Pomacchi, musulmani di origine turca, bulgara e rom: è una comunità nutrita quella di religione musulmana che si trova in Grecia. È a loro che si rivolge il Partito dell’Amicizia, dell’Uguaglianza e della Pace, nato nel 1991. Sebbene in tutte le elezioni abbia sempre avuto percentuali ridotte, il partito ha però registrato numeri importanti in alcune realtà locali, come le regioni di Xanthi e Rodopi, dove alle ultime elezioni europee ha ottenuto rispettivamente il 38 e il 25,24 per cento dei voti, ma anche in Tracia e in Macedonia, dove è risultato essere il terzo partito dopo Neo Democratia e Syriza.
Bulgaria- Movimento per i diritti e le libertà (DPS)
È invece una forza stabilmente consolidata all’interno del Parlamento il Movimento per i diritti e le libertà, partito nato nel 1990 per difendere le comunità islamiche di origine turca ma anche i pomacchi (musulmani bulgari) e quelli di origine rom. Il movimento è infatti stabilmente all’interno dell’Assemblea nazionale sin dalla sua nascita e dopo le elezioni dell’aprile 2021 occupa 30 seggi all’interno del Parlamento. Il partito è presente anche all’Europarlamento, dove siede con 3 membri ed è affiliato a Renew Europe.
Il Movimento per i diritti e le libertà è certamente il partito più strutturato mentre gli altri, come i Democratici per la Responsabilità, la solidarietà e la tolleranza (DOST); il Movimento dell’Ala Democratica (DDK) e il Partito per la Democrazia e la Giustizia (PDS), sono tutti movimenti che cercano di rappresentare la minoranza turca nel Paese, composta da 500 circa mila persone circa, ma non hanno rappresentanti all’interno delle istituzioni.