Sicurezza energeticaLa nuova frontiera dell’intelligence passa per la transizione ecologica

Al centro dell’agenda dei governi c’è sempre di più la crisi climatica e le opzioni sul tavolo per affrontarla. Nel nuovo assetto geopolitico vince chi investirà sul green, sul riutilizzo dei materiali tecnologici e sull’elettricità (ma le centrali avranno dimensioni più ridotte). Mentre la corsa alle materie rare per i chip è già cominciata

di Andreas Gücklhorn, da Unsplash

A quanto sembra una nuova disciplina, nel quadro della raccolta delle informazioni e della sicurezza, è nata: quella dell’intelligence applicata alla sostenibilità.

Questa considerazione scaturisce da un altro perimetro culturale e tecnologico che la recente crisi pandemica ha solamente ampliato ed accelerato, quello di scenari geopolitici fortemente mutati, anche in materia di fonti di energia.

Ne è convinto il diplomatico Marco Alberti, responsabile delle Relazioni Istituzionali e Internazionali del Gruppo ENEL, ed autore per i tipi di Rubbettino del volume pubblicato in questi giorni “Open Diplomacy, Diplomazia economica aumentata al tempo del Covid-19”.

Alberti è stato anche pochi giorni fa protagonista della Intelligence Week (17 – 22 maggio) organizzata dalla V&A – Vento & Associati, e keynote speaker del Talk Intelligence e Sostenibilità. Cambiamenti climatici e comunità resilienti. L’incontro ha esplorato, grazie a numerosi imprenditori e ad un congruo numero di rappresentanti istituzionali tra cui il Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile Edo Ronchi, gli onorevoli Alessandro Cattaneo, Elena Lucchini, e la senatrice Maria Virginia Tiraboschi, varie sfide e quesiti del momento: come difendere il patrimonio energetico e ambientale nazionale, come le nostre reti possano diventare sostenibili e in che termini la nostra economia abbia le capacità per farlo?

Ma torniamo ad Alberti che, partendo dal recente episodio di cyberterrorismo alla statunitense Colonial Pipeline, ha affermato che si tratta solo di uno dei tantissimi episodi criminali. Ha poi tracciato un quadro diplomatico internazionale assai vasto, anche con elementi di positività, nonostante i rischi incombenti: innanzitutto ha spiegato che c’è stato un recente cambio di paradigma persino lessicale, dal vago ed a momenti ambiguo “cambiamento climatico” al concetto della “crisi climatica”, ormai acquisito anche in ambiti tradizionali come quello della NATO, dove è condiviso affermare che la crisi climatica sia divenuta una delle principali minacce riconosciute.

Inoltre Alberti ha spiegato come «la transizione energetica sia elemento fondamentale all’interno della crisi climatica» e come sia stato deciso il ripensamento del modello energetico di riferimento: secondo la IEA, l’elettricità entro il 2050 coprirà il 50% del fabbisogno e le rinnovabili comporranno il 90% del mix. Terzo assunto è che la transizione energetica non è separabile da quella digitale. In questo quadro di riferimento, aumentano per la nostra comunità le opportunità, ma anche le minacce.

Secondo Alberti, le infrastrutture e relative reti elettriche, diventano quindi un «abilitatore fondamentale della transizione», ma anche della resilienza e della capacità di adattarsi delle nostre comunità.

Altra interessante novità, sia in termini di sostenibilità (che di sicurezza) è quella che nel giro di 30 anni le centrali elettriche non avranno più le dimensioni odierne ma saranno sei volte ridotte. Tutto questo necessita ovviamente di enormi investimenti, e solo il gruppo ENEL conta di immettere nel sistema delle reti 60 miliardi di euro.

Ultima considerazione, come si diceva, riguarda la digitalizzazione, inscindibile rispetto alla transizione e alla resilienza: le infrastrutture necessiteranno una sicurezza cibernetica by design fin dal momento della progettazione e realizzazione, con una necessaria collaborazione publico-privata e privato-privata.

Mentre l’onorevole Cattaneo, già sindaco di Pavia, si concentra sulla componente del cambio di paradigma dimensionale e di quanto le comunità, oltre a divenire smart, diventeranno adaptive, un gruppo di imprenditori ha illustrato ed aiutato a comprendere la frontiera del cambiamento tecnologico ed economico: innanzitutto Giacomo Ortolano, esperto greentech, e dal 2019 Ceo di Widech Spa, attiva nella sostenibilità digitale.

Ortolano conferma che la transizione energetica ecologica è attivata dalla digitalizzazione. E come vi sia una necessità di assetti di intelligence, laddove la conoscenza è al servizio dei processi decisionali. L’aggiornamento delle nostre reti incontra una prima criticità da risolvere nei modelli di valutazione ESG condivisi. Criticità che può essere superata digitalizzando, attraverso il maggior numero possibile di sensori, le reti.

Sempre secondo il CEO di Widech, l’altro fenomeno, legato al (ri)dimensionamento da grandi centrali verso generazione diffusa e piccole/medie comunità energetiche, e determinato dalla granularità dei dati raccolti a scopo informativo/decisionale con un rischio/opportunità interpretativo (algoritmi). Con una necessità impellente di interpretare il dato a valle.

Oltre ai temi informativi che scaturiscono dalla digitalizzazione delle reti, Ortolano infine affronta la questione dei cambiamenti che la transizione determina in materia di storage (quindi non relativi alla distribuzione, ma alla conservazione), non solo in termini di generazione dei dati ma anche afferenti alla tutela e alla sicurezza dello stesso storage, alla autoproduzione e autoconsumo, al tracciamento delle filiere e delle materie prime.

Ortolano introduce tematiche che permettono all’ingegnere Salvatore Pinto, Chairman e fondatore di Green Energy Storage, di illuminare il pubblico del Talk.

Come spiega Pinto, lo storage è tassello fondamentale della green energy. «Il quadro geopolitico è anch’esso cangiante, dalla geopolitica delle fossili, a quella delle rinnovabili, dove si impongono litio, cobalto, ed altre terre rare». Una geopolitica che vede prevalere al momento i cinesi, in una serrata, quanto poco conosciuta lotta che li vede contrapposti alle multinazionali statunitensi, prevalentemente in Africa, ma non solo.

Il Presidente della GES ci fa ulteriormente comprendere che alla lotta tradizionale per le materie prime, presto si affiancheranno le nuove forme finanziarie di accelerazione della green economy, in particolare con l’avvento delle blockchain.

La conclusione è chiara quanto lapidaria: per quanto riguarda la green energy, l’Italia deve investire in innovazione e ricerca finalizzata a proprie produzioni e tecnologie, senza ripetere l’errore delle ingenti risorse destinate ai pannelli solari che determinarono più di dieci anni fa un guadagno esclusivo dei produttori cinesi.

La terza testimonianza operativa è di Italo Soncini, Managing Director di Alvarez & Marsal e Presidente di Aura Spa, specializzata nella economia circolare applicata ai materiali elettrici ed elettronici, ovvero ai cosiddetti trattamento RAEE, dove l’Italia può avere un ruolo significativo a livello europeo ed internazionale.

Una brevissima nota introduttiva ci ricorda che nel PNRR ci sono circa 68 mld destinati alla transizione ecologica, e di queste risorse un miliardo è destinato ai trattamenti RAEE, con l’incentivazione del riuso dei beni e della limitazione allo sfruttamento delle materie prime, cambiando la cultura del consumatore e invogliandolo alla riparazione dell’usato. Soncini sostiene che la cifra di un miliardo è al momento sufficiente poiché in Italia, pur essendo il settore obsoleto, sono necessari investimenti ridotti per l’upgrading degli impianti. Ma anche per evitare presenza di infiltrazioni della criminalità organizzata, e la carica degli speculatori finanziari, i soliti “furbetti”.

L’Italia però in questo settore può diventare un player internazionale di eccellenza (quale importatore di rifiuti ed esportatore di materie prime e beni rigenerati). Secondo Soncini, chi fa RAEE in Italia può avere un grande successo, grazie anche ad un design tipico della economia circolare e del riutilizzo. E il design italiano in tal senso si può ben prestare, rispetto ai prodotti “usa e getta” delle attuali potenze manifatturiere.

Ma per fare tutto ciò, conclude il Presidente di Aura SpA, occorre una politica italiana lungimirante: «Che sia sensibile alla semplificazione dei processi autorizzativi, in questo momento lunghissimi per la realizzazione di impianti; che permetta una reale e fattiva collaborazione tra pubblico e privato; che acceleri in Italia il processo di digitalizzazione superando le incertezze».

Attente le conclusioni del Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile Edo Ronchi, anche alla luce della transizione e degli incombenti investimenti PNRR: «Siamo in ritardo in Italia, ed analisi tecniche di rischio sono necessarie per predisporre misure di adattamento». Così come fondamentale è per il Presidente Susdef aggiornare il quadro di riferimento, non solo per le reti, ma anche per i sistemi di accumulo della nuova energia.

Sul solco di molte delle considerazioni scaturite nel corso di questo Talk, organizzato da V&A grazie al supporto di Widech Spa, Aura Spa, Consenso Europa del Gruppo Hdrà, è all’esame un nuovo step: l’organizzazione di una summer session per imprenditori ed analisti con il supporto di alcune delle principali università lombarde, sull’irrinunciabile ed interessante trinomio energia – intelligence – sostenibilità.

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