Ma perché nessuno legge il Corano? Perché non lo leggono le femministe, i commentatori, gli assistenti sociali, i progressisti? La risposta è semplice: se lo si legge, se lo si studia, se si comprende cosa significa per i musulmani oggi, emerge una realtà che cozza con le certezze multiculturali. Che smonta e ridicolizza la ben strana visione dei progressisti che leggono il popolo dell’Islam come quello degli oppressi e noi occidentali il popolo degli oppressori. Vige e si impone, soprattutto a sinistra, una strana fascinazione nei confronti del mondo islamico, in nome della quale addirittura non lo si studia, lo si accetta e si teme di criticarlo per non infrangere un tabù ideologico.
Ha ragione Maria Mahmoud, del Pd, quando risponde alla domanda sul perché la sinistra non prende posizione su Saman e denuncia il timore di intervenire sui diritti negati alle donne musulmane per non correre il rischio di passare per razzisti e quando denuncia il relativismo culturale, imperante a sinistra, come il più grave errore.
Questo è il punto dei troppi silenzi e soprattutto delle troppe incomprensioni della terribile vicenda di Saman.
Sia chiaro e detto ad alta voce, il Corano condanna l’omicidio, nel Corano non c’è nulla, anzi, che giustifichi l’assassino di Saman. Su questo hanno perfettamente ragione gli imam che lo affermano.
Ma tutt’altra questione è il Corano a fronte dei matrimoni combinati e alla libertà di scelta delle donne, perché il punto è che Maometto sancisce che la donna è, e deve essere, subordinata alla volontà dell’uomo. E il Corano, questo è il punto dirimente, per la stragrande maggioranza dei musulmani (salvo per una marginale componente modernista e riformista) non può essere interpretato, attualizzato, soggetto a esegesi come lo è stata nella modernità la Bibbia per gli ebrei e i cristiani.
Il Corano, per la assoluta maggioranza dei musulmani è «eterno, precedente e successivo all’uomo», è «Parola di Dio», quindi va applicato letteralmente. E questo dice il Corano ai musulmani: «Gli uomini sono preposti alle donne a causa della preferenza che Allah concede agli uni rispetto alle altre e perché spendono [per esse] i loro beni. Le [donne] virtuose sono le virtuose che proteggono nel segreto quello che Allah ha preservato. Ammonite quelle di cui temete l’insubordinazione, lasciatele sole nei loro letti, battetele. Se poi vi obbediscono, non fate più nulla contro di esse. Allah è altissimo, grande». (Sura 4, verso 34)
Dunque «battete e lasciate sole nei loro letti» le donne insubordinate. Chiaro? Vi dice qualcosa?
E non solo, nella Sura 2, verso 228, il Corano anticipa: «Esse hanno diritti equivalenti ai loro doveri, ma gli uomini sono superiori. Allah è potente e saggio».
Nel 1980, solo 41 anni fa, il grande teologo Mohammed Taha, che sosteneva che il Corano deve essere interpretato e storicizzato e che era un fautore della liberazione ed emancipazione assoluta della donna, è stato impiccato a Khartoum per una fatwa di Al Azhar che ne decretava la sua “apostasia”. Questa è la fine che spetta ai riformisti in quasi tutti i paesi islamici.
Tuttora, quanto alla libertà di matrimonio, in tutti i paesi islamici (anche nel “riformista” Marocco, solo la laica Tunisia fa eccezione, con la Turchia, per ora), vige una legge coranica che proibisce a una donna musulmana di sposare un cristiano, o un ebreo (l’ateismo non è neanche contemplato). Beninteso, al contrario e non a caso, la legge coranica e statale prescrive che un uomo musulmano può sposare una cristiana o un’ebrea.
Ma la donna musulmana, sulla base della prescrizione coranica, essendo definita come eterna minorenne, subendo la “superiorità” dell’uomo, rischia la conversione al cristianesimo o all’ebraismo, commettendo così il più grave delitto per la sharia (più grave ancora dell’omicidio): l’apostasia. Da qui la proibizione.
Tuttora, in Pakistan e in molti paesi musulmani, per legge, in rispetto alla sharia, una donna non si può sposare se non con l’autorizzazione del padre o del fratello maggiore. Qui la radice profonda del dramma di Saman.
E non vale l’obiezione, (Giuliano Amato l’ha ripetuta sovente) che anche in Occidente, sino a pochi decenni fa, la posizione della donna era totalmente subordinata, e che la parità dei diritti è recente. Tutto vero, così come è vero che i principi e le regole della società patriarcale e autoritaria sono stati universali.
Ma il punto dirimente è che il Corano e la sharia impediscono ancora oggi nettamente, senza limiti, che le regole autoritarie e prevaricatrici del patriarcato vengano riformate e superate. Questo è un limite enorme alla assimilazione (che è ben diversa dalla integrazione sociale), intendiamo la assimilazione dei valori fondamentali, di tanti musulmani in Italia. Per questo la “mediazione culturale” si infrange contro un muro.
Per questo la sinistra è ambigua sul tema. Perché leggere il Corano, comprendere come viene letto meccanicamente e non interpretato dalla maggioranza dei musulmani, infrange le sue chimere sulla bellezza della società multiculturale.
Questo imperativo coranico ha contribuito a formare la fede dei genitori e dello zio che hanno ucciso Saman, così come i parenti di Hina Saleem, di Sana Chema e di Saman Dafni, tutte uccise per punirle della loro “insubordinazione”, nella certezza di rispettare non solo le loro usanze etniche e tribali ma anche la loro religione, che fa del patriarcato più rigido un articolo di fede immutabile. Anche se il Corano, lo ripetiamo, non legittima assolutamente questi omicidi.
E, come ricorda giustamente Karima Moual, sono centinaia in Italia le giovani musulmane che subiscono questo intollerabile patriarcato islamico.
In Occidente, invece, l’Illuminismo e le Rivoluzioni hanno innescato sia l’evoluzione del tema della parità dei diritti di uomo e donna, che l’esegesi dei testi sacri, la loro storicizzazione, la loro attualizzazione. Così è stato per il cristianesimo e per la stessa Chiesa, così è stato per la riforma ebraica, la Haskalah, di Moses Mendelssohn a partire dal ’700, così è stato per il pensiero laico che si è imposto anche dentro le fedi.
In Occidente il patriarcato è stato quasi del tutto smantellato, anche nelle religioni.
Nell’Islam maggioritario questo non accade e non può accadere sino a quando non maturerà un Riforma che non si intravede, se non, lentamente in un Marocco che con la Muddawana del 2003 ha abolito l’obbligo per una donna di avere il permesso del padre o del fratello per sposarsi.
Infine, per chi pensa che Saman sia il caso di una specifica follia familiare, un piccolo e incompleto elenco sulla rilevanza di questo fenomeno di “deviazioni coraniche”, pubblicato dalla ADN Kronos nel 2018, quindi non aggiornato. Come si vede il tema è drammatico:
– 18 APRILE 2018: Sana Chema, nata e vissuta a Brescia, viene uccisa dal padre e dai parenti in Pakistan perché si rifiuta di sposare un cugino
– 9 APRILE 2017: A Napoli un 51enne marocchino picchia la moglie perché si comporta troppo “alla occidentale” e non vuole indossare il burqa
– 31 MARZO 2017: A Bologna una 14enne originaria del Bangladesh viene rasata a zero dalla madre perché non voleva portare il velo.
– 7 NOVEMBRE 2014: La moglie non vuole portare il velo. Per questo il marito uccide i figli e poi tenta di suicidarsi.
– 29 SETTEMBRE 2013: A Brescia una pachistana rifiuta un matrimonio combinato e viene rinchiusa in casa, sottoposta a violenze psicologiche e addirittura violentata da un cugino che voleva così infliggerle una punizione.
– 16 APRILE 2011: Scoppia a Brescia il “caso di Jamila”, nome di fantasia, per una ragazza di 19 anni pakistana, dopo la lettera inviata da un’insegnante per denunciare l’assenza prolungata della giovane dai banchi di scuola. «Temo di fare la fine di Hina», aveva confidato la studentessa all’insegnante. La ragazza da circa due settimane non frequentava più l’istituto professionale: la sua bellezza non passava inosservata, nonostante gli abiti tradizionali e il capo coperto, così di fronte agli apprezzamenti dei coetanei la famiglia aveva deciso di segregarla perché era già promessa a un cugino che vive in Pakistan. La ragazza torna a scuola dopo l’intervento della Questura e dei mediatori sociali.
– 3 OTTOBRE 2010: A Novi, in provincia di Modena, una pakistano massacra la moglie con una pietra nel giardino di casa e la uccide per aver difeso la figlia 21enne, decisa a rifiutare il matrimonio combinato per lei dal padre. La vittima aveva anche chiesto il divorzio dal marito.
– 15 SETTEMBRE 2009: Viene uccisa dal padre, nel comune di Montereale Valcellina (Pordenone), Sanaa Dafani, una ragazza di origine marocchina di 18 anni. La ragazza viene praticamente sgozzata dall’uomo, il cuoco Kataoui Dafani, punita perché voleva vivere all’occidentale e si era fidanzata con un giovane italiano. Il ragazzo viene a sua volta ferito alle braccia dal coltello brandito dall’uomo, in un estremo tentativo di difendere Sanaa.
– 11 AGOSTO 2006: Hina Saleem, una ventenne pakistana, viene uccisa a Sarezzo nel bresciano dal padre Mohammed Saleem perché voleva vivere all’occidentale. La giovane viene sepolta, con la collaborazione dei due cognati e di uno zio della vittima, con la testa rivolta alla Mecca. Mohammed Saleem viene condannato definitivamente a 30 anni di reclusione e nelle motivazioni della sentenza Hina viene riconosciuta vittima di un “possesso-dominio” da parte del padre che non accettava il suo stile di vita all’occidentale.