Soldatino, King e D'ArtagnanIl pasticciaccio brutto di Meloni che ha scelto il candidato peggiore per Roma

L’avvocato-predicatore radiofonico Enrico Michetti è già incorso in una serie di sfondoni. La leader di Fratelli d’Italia è a un bivio: se ci metterà la faccia dovrà fare la badante di un candidato inesperto e impreparato; se lo lascerà solo dimostrerà il fallimento politico ai suoi alleati

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Giorgia Meloni si è messa in un guaio e chissà se lo ha capito. La storia dirà se è caduta in una trappola ordita dai suoi alleati o se ha ceduto al proprio delirio di onnipotenza: con tutti gli osanna che le vengono tributati in questa fase da ogni parte ci starebbe anche. Fatto sta che questa scelta di candidare l’avvocato-predicatore radiofonico Enrico Michetti, sconosciuto a una percentuale gigantesca di romani, non convince tanta gente nemmeno a destra, e parliamo anche di personaggi politici importanti che non si scoprono pubblicamente. La destra a Roma è partita male.

Nemmeno il tempo di annunciare il suo nome come candidato a sindaco di Roma e già sull’avvocato Michetti fioccavano le notizie di cronaca.

Su Repubblica di ieri (ma con dovizia di particolari anche sul Fatto) si leggeva che «a preoccupare è la doppia inchiesta di Anac e Corte dei Conti (i magistrati hanno già ricevuto un’informativa dalla Guardia di Finanza sul caso) su un pacchetto di affidamenti ottenuto dalla Gazzetta Amministrativa srl del neocandidato sindaco tra il 2008 e il 2014. 

A rivolgersi alla società, come annota l’Anticorruzione in una lunga relazione inviata poi ai pm di viale Mazzini, per sette anni consecutivi è stato il Consiglio regionale del Lazio. Prima in éra Marrazzo, poi con Polverini presidente, la Pisana ha acquistato riviste e software per un totale di oltre un milione di euro dall’azienda di Michetti». 

Anche se non risultasse nulla di penalmente rilevante certo sarebbe comunque un bel problema ritrovarsi con un candidato sindaco nei guai per fatti amministrativi mentre, tra l’altro, la sua vice è la magistrata Simonetta Matone, sponsorizzata da Matteo Salvini. Ma al di là di tutto questo, Michetti, 55 anni ma ne dimostra di più, nella sua vita radiofonica (sull’emittente Radio Radio molto amata da tifosi e ascoltabile in tutti i taxi della Capitale) è già incorso in una serie di sfondoni, partendo dal famigerato «il saluto romano è più igienico» per finire all’auspicato ritorno di Roma «caput mundi». 

Un po’ Azeccagarbugli e un po’ Masaniello, presumibilmente a digiuno in fatto di programmi concreti, anche questo si presenta come un avvocato del popolo – deve essere una specie di maledizione – ovviamente tinta di nero. Molti cittadini di centrodestra non ne vogliono sapere di candidati improvvisati, dopo 5 anni di dilettantismo targato Raggi. Vogliono uno che conosca i problemi e possibilmente li risolva. 

A ottobre sulla scheda non ci sarà scritto il nome della Meloni, ma quello del signor Michetti. Il quale come detto non pare esattamente un vincente. E qui si pone il dilemma di Giorgia.

Che farà, l’aspirante presidente del Consiglio della destra? Si è lasciata sfuggire un «gireremo insieme Roma» che poteva benissimo risparmiarsi. Già, perché il bivio meloniano è senza scampo: se ci metterà la faccia sul serio correrà il rischio di fare la badante di un candidato inesperto e impreparato; se lo lascerà solo dimostrerà nei fatti di volersi dissociare da una candidatura da lei prescelta. In entrambi i casi, una eventuale e probabilissima non vittoria dell’avvocato radiofonico le verrebbe imputata dagli alleati che avrebbero gioco facile nel addebitare a lei, aspirante leader nazionale della destra italiana, una sconfitta nella sua Roma. Con Forza Italia pronta ad accusarla di non aver voluto Maurizio Gasparri e Matteo Salvini di non aver accettato la giudice Matone.

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