Protezione continuaLa terza dose di vaccino potrebbe essere inevitabile

Difficilmente raggiungeremo l’immunità di gregge con queste somministrazioni e non sappiamo quanto tempo dura l’immunità dal virus. Un richiamo periodico, come per l’influenza, potrebbe essere necessario, soprattutto per contrastare eventuali varianti attualmente sconosciute

Cecilia Fabiano/LaPresse

Da almeno un mese il ministro della Salute, Roberto Speranza, ripropone ciclicamente l’argomento della terza dose di vaccino. A fine maggio, intervistato a “Che tempo che fa”, aveva parlato di «possibilità di somministrare una terza dose a tutti». Nell’ultimo fine settimana ha ribadito con più certezza: «È molto probabile che ci sarà bisogno di una terza dose».

Speranza guarda a un futuro non meglio precisato – dal momento che in ogni caso si tratterebbe di vaccinazioni da fare il prossimo autunno o forse direttamente all’inizio del 2022 – ma è molto probabile che una volta conclusa questa fase della campagna vaccinale sia necessario un altro giro per tutti.

Intanto, al momento ci sono diverse criticità da risolvere. Ci sono ancora circa 2,5 milioni di ultrasessantenni che devono essere vaccinati contro il Covid – chi per scelta, chi per altre motivazioni. E non sembra facile riuscire a raggiungerli. Oltretutto vaccinare il 100% della popolazione è virtualmente impossibile: i vaccini non sono previsti al di sotto dei 12 anni di età, quindi sarà difficile poter definire conclusa la lotta al Covid dopo il secondo giro di somministrazioni.

Poi vanno risolti gli interrogativi riguardo la vaccinazione eterologa. Proprio nelle ultime ore gli scienziati dell’Università di Oxford hanno dato anticipazioni sulle informazioni contenute in un paper che sarà pubblicato a breve sulla rivista scientifica Lancet. Spiegano che ricevere due vaccini diversi per la prima e la seconda iniezione dovrebbe garantire una risposta molto efficiente al virus. Anche contro le varianti. «Una terza dose del Vaxzevria (il vaccino AstraZeneca) somministrata almeno 6 mesi dopo la seconda, ha determinato una maggiore attività neutralizzante contro le varianti Alfa, Beta e Delta», hanno spiegato gli esperti.

Ma potrebbe esserci bisogno di vaccinarsi contro un’altra variante, in futuro. È qui che si inserisce il tema delle nuove somministrazioni. Lo spiega anche un articolo di Unherd, firmato dal giornalista scientifico Tom Chivers. «Per fortuna il nostro sistema immunitario ha un’ottima memoria riguardo i virus, ma potrebbe diffondersi una nuova variante che sfugge ai vaccini in modo ancora più efficace di quelle attualmente in circolazioni, e noi potremmo aver bisogno di maggior protezione», si legge nell’articolo.

Tra gli interrogativi sollevati da Chivers su Unherd ci sono le tempistiche su quando sia meglio fare la terza dose, il tipo di vaccino da usare, e la categoria di persone da vaccinare per prima.

Argomenti che Linkiesta ha affrontato con il virologo Fabrizio Pregliasco: «Gli studi sono ancora in una fase embrionale su questo e non ci sono quasi dati certi. Non sappiamo se le persone che hanno avuto il vaccino quasi un anno fa siano ancora protette. Al momento, ma sono supposizioni, si pensa alla possibilità di fare un richiamo periodico come quello del vaccino antinfluenzale, diretto soprattutto alle categorie più fragili. Ma potrebbe essere necessario dare almeno una terza dose a tutti».

L’idea è che alla fine il virus Sars-CoV-2 possa diventare in qualche modo endemico, proprio come l’influenza. «Sappiamo che in questo primo giro di vaccinazioni “complete” (due dosi) non si raggiungerà l’immunità di gregge vera e propria, perché i vaccini non li fanno tutti. Quindi la malattia non scomparirà ma verrà solo contenuta ai minimi termini. Con la speranza che il virus diventi più benevolo e quindi più facile da gestire per il sistema sanitario», dice Pregliasco.

Alcuni studi hanno ipotizzato che un’eventuale terza dose debba somministrata con un vaccino a mRna: questo infatti potrebbe essere modificato di volta in volta per una variante specifica. Ma non sarebbe facilissimo: «Se la nuova versione mira semplicemente a una modifica della proteina spike – ha spiegato ad Unherd Amin Khan, capo della sezione vaccini dell’azienda biotecnologica GreenLight 1 – non sarebbe un problema. In realtà si potrebbe anche immaginare un vaccino in grado di contrastare tutte le varianti esistenti e future, ma per un farmaco di questo tipo ci vorrebbero fasi di studio e di sperimentazione molto lunghe prima di arrivare sul mercato», scrive Tom Chivers su Unherd.

Ovviamente non è necessario aspettare nuovi vaccini per fare le terze dosi. Quelli che sono già sul mercato forniscono comunque una protezione piuttosto efficace. Ieri il Guardian scriveva: «Fare una terza dose del vaccino Oxford/AstraZeneca (che però funziona con vettore virale, non mRna, ndr) potrebbe essere molto efficace. Non è ancora noto quando si dovrà fare, ma i nuovi dati hanno mostrato che il vaccino esistente dovrebbe essere molto efficace».

Alcuni studi suggeriscono che un richiamo diverso dalle prime somministrazioni possa fornire una protezione maggiore. Ma anche qui si tratta di ipotesi, nulla di certo. Questo clima di incertezza è assolutamente normale: il Covid-19 è nella nostra quotidianità da relativamente poco tempo – anche se sembra passata un’eternità – ed è logico che ci siano zone d’ombra.

«Siamo sempre nel campo delle ipotesi – dice il dottor Pregliasco – e dobbiamo ancora capire anche quanto dura davvero la vaccinazione. Quando capiremo con precisione i tempi degli attuali vaccini sapremo dopo quanto è necessario fare una nuova somministrazione, attualmente si ipotizzano durate che vanno dai 9 mesi ai 2 anni. Quello che sappiamo che è quasi certamente sarà necessario fare nuove somministrazioni dopo aver fatto una vaccinazione completa».

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