Padania neraArbasino, la casalinga di Voghera e il leghista con la pistola

In una sera d’estate un assessore del Carroccio ha sparato a un 39enne marocchino, Youns El Bossettaoui, uccidendolo. Prima di dire frettolosamente che il Nord italiano è come il Far West americano sarebbe ora di chiedersi: siamo sicuri che la piccola-borghesia si schiererà per forza dalla parte della legittima difesa invocata da Salvini?

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Cosa direbbe la casalinga di Voghera del delitto di Voghera? Questo è il problema: cosa penserebbe la figuretta retorica di Alberto Arbasino di un vogherese con la pistola in tasca e per di più assessore (Massimo Adriatici, leghista, ora agli arresti domiciliari) che spara una sera d’estate a Youns El Bossettaoui, 39 anni, di origini marocchine, non si capisce bene come sia andata, come in quel vecchio e dimenticato film di Elio Petri con Marcello Mastroianni?

Cosa saprebbe dire, la casalinga di Voghera, della difesa dell’assessore Adriatici – lo sparo è partito per caso – e del fatto che lo stesso assessore Adriatici avesse messo il colpo in canna? E su questo marocchino, poi, che dire? Ma davvero tutto questo è successo a Voghera e non nel Bronx?

Lei, la casalinga, una vita tranquilla, onesta, molto vogherese – miscuglio di pianura contadina, cittadina provinciale in odor di Piemonte ma pur sempre Lombardia, e di sangue resistenziale (4.200 partigiani inquadrati) – non ha mai avuto dimestichezza con la grande cultura, i giornali, le scuole: le chiacchiere tra le stoviglie sono state i suoi abbecedari.

Ah, quelle belle province italiane fatte di silenzi, religione e cereali: «Dimenticare Voghera? Non è umanamente possibile», disse Arbasino a Giovanni Testori, milanese, e forse nemmeno il maestro Gadda, il genio, capiva fino in fondo la provincia. Un tempo senza tempo, era. Le sparatorie? Viste giusto in qualche vecchio western al cinema, fumando e chiedendo al vicino: «Ma chi è questo che spara?».

Poi arrivò la televisione, della quale lei capiva molto ma non tutto, ed ecco perché all’epoca Arbasino, vogherese ma anche romano, milanese, parigino, salisburghese, newyorkese, si domandava cose fosse diventata la casalinga di Voghera in quella Italia industrializzata e tutta elettrodomestici che Pier Paolo Pasolini aborriva e in fondo anche lui.

Prima sì che si stava tranquilli, nell’Oltrepò padano, laddove finiva lo Stagno lombardo cantato dal parmense Bernardo Bertolucci in “Prima della rivoluzione”, «addio Stagno Lombardo» che voleva emblematizzare il saluto definitivo alla Natura schiacciata come in Rousseau (quello vero, non la piattaforma) dalla Cultura.

Arbasino, che pure si definiva «rinato a Roma» ove si divertiva tra teatri e via Veneto, sentiva dentro di sé il respiro di quel tempo padano lento e laborioso del popolino cantato nei romanzetti di un’altra vogherese illustre, Carolina Invernizio, a cui Enrico Deaglio ha recentemente attribuito la paternità della casalinga di Voghera, narratrice sbeffeggiata dalla critica e amata dal pubblico proprio per la sapienza descrittiva dell’animo semplice della sua gente, simile in questo a certi personaggi della Touraine di Balzac, certo con meno forza letteraria.

Cosa sarebbe oggi, la nostra casalinga di Voghera (che Nanni Moretti in “Sogni d’oro” traslò nella casalinga di Treviso chissà perché meno credibile dell’originale), che vita condurrebbe? Si era già nel nuovo millennio quando l’autore di “Fratelli d’Italia” (che è un capolavoro arbasiniano e non il Giorgia’s party) scriveva: «Tanti anni fa la casalinga di Voghera concentrava in sé tutto ciò che di arretrato e di piccolo borghese c’era in Italia. Da qualche tempo s’è aggiornata. Vive di provocazioni e di trasgressioni. È impietosa, irriverente, dissacrante. Ma rimane più piccolo borghese che mai, rappresentando le mutazioni del gregge cui appartiene. Potrebbe partecipare a un raduno di no global, di no tav, di sì tav. Sarebbe in prima fila. Con accessori griffati. Se si apre una nuova boutique, la neo-casalinga è in prima fila a comprare le cose più stronze». Sarebbe dunque – ci chiediamo oggi – una stronza tanto da giustificare un assessore che gira con la pistola come John Wayne, la nostra casalinga? O se ne starebbe col telecomando in mano fra Sky e La7 (la Rai è vecchia), atterrita dalla orrenda notizia?

È vero che sono zone, queste, dove la Lega è forte, è un pezzo del Profondo Nord che negli anni ha sommerso la sinistra di slogan uscenti dalla carne viva di quelle genti, dàgli ai negher e pistole per tutti, tanto se parte un colpo è per definizione legittima difesa, come ha subito detto Salvini. Ma prima di dire frettolosamente che il Nord italiano è come il Far West americano sarebbe ora di chiedersi con una punta di fede: chi l’ha detto che la casalinga di Voghera oggi non sarebbe invece dalla parte della ragione e dell’antichissima religione dell’umano e non di quella di Matteo Salvini, il casalingo di Milano?

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