Il fianco orientaleEcco perché spingere la Russia nelle braccia della Cina è un rischio per tutto l’Occidente

I rapporti tra Biden e Putin restano tesi (e non potrebbe essere altrimenti) e anche l’Europa non riesce a riannodare il dialogo con il Cremlino senza far suonare l’allarme a Varsavia, Vilnius e Kiev. Ma non è saggio costringere Mosca a un abbraccio con Pechino che finirebbe di soffocarla a tutto danno del mondo libero

AP/LaPresse

Dopo l’incontro di Ginevra tra Joe Biden e Vladimir Putin molti analisti ne hanno scritto come di un evento pressoché inutile. Hanno ragione e torto, contemporaneamente.

In verità non c’è stato alcuno sviluppo eclatante, che d’altronde nessuno si aspettava, ma si è deciso il ritorno dei rispettivi ambasciatori nelle capitali dell’altro Paese e si è concordato di iniziare consultazioni sulla cyber-sicurezza e sul controllo degli armamenti. Era impossibile ottenere pubblicamente qualcosa di più poiché entrambi i presidenti ne erano impediti sia per motivi di politica interna sia per i loro rapporti internazionali.

Biden è circondato da un establishment (di cui ha fatto e fa parte) che risente ancora del clima di Guerra fredda e, inoltre, se avesse fatto qualunque tipo di concessione a Putin sarebbe stato accusato di debolezza da alcuni partner e di tradimento da altri, vedi Polonia e Ucraina ad esempio.

Putin ha lanciato da tempo una propaganda interna anti americana per rispondere, solleticando il patriottismo, alle sanzioni lanciate da Washington. Smentire questa campagna con un abbraccio formale con Biden senza ottenere in cambio concessioni d’altronde impossibili lo avrebbe fortemente indebolito. Sul piano internazionale, proprio davanti alla forte retorica anticinese confermata dalla nuova amministrazione americana, un accordo a due con lo zio Sam avrebbe contraddetto, indebolendola, l’alleanza sempre più stretta con Pechino.

Comunque, è importante che quell’incontro abbia contribuito almeno ad incrinare, anche se non a rompere, il ghiaccio sempre più spesso che si era andato creando tra le due capitali. Nessuno può aspettarsi che il mare che li separa diventi “navigabile” sul breve o medio termine, ma è pur sempre un qualcosa che non esclude futuri sviluppi anche se è ancora difficile ipotizzarli.

Subito dopo quell’incontro, Francia e Germania hanno lanciato l’ipotesi che anche l’Europa potesse riprendere contatti costruttivi con Mosca. Purtroppo, i soliti polacchi con i baltici fiancheggiati dagli svedesi hanno fatto fuoco e fiamme mentre gli innamorati a singhiozzo dei “diritti umani” ricordavano il caso Navalny e la questione della Crimea. Paradosso della storia: chi più a lungo nel corso dei secoli ha aggredito e occupato territorio russo sono stati proprio gli svedesi e i polacco-lituani!

Ovviamente, in nome di una unità europea che, nei fatti, resta comunque una chimera l’incontro tra l’Europa e la Russia è saltato, lasciando una volta di più gli americani come unico padrone dell’iniziativa. Sia Biden sia Putin si sono precipitati a rinfrancare i propri alleati: Biden ha ribadito al presidente ucraino il sostegno americano all’integrità territoriale di quel Paese, Crimea compresa, e Putin ha avuto una “molto amichevole” conversazione via video con Xi Jinping in cui i due hanno ribadito la loro volontà di continuare assieme in una strada alternativa ai valori e all’egemonia americana-occidentale.

È un vero peccato che l’Europa non abbia avuto la forza politica di aprire almeno uno spiraglio a futuri colloqui con Mosca, soprattutto dopo che perfino Jens Stoltenberg, il segretario generale della Nato, aveva affermato pubblicamente che una stretta alleanza tra la Russia e la Cina «costituisce un pericolo per tutto l’Occidente».

Oggettivamente, aver spinto la Russia nelle braccia di Pechino è un grave errore strategico che il sottoscritto va denunciando da molti anni (ben arrivato, Stoltenberg!) e oggi si deve ammettere che invertire quel cammino è diventato praticamente quasi impossibile.

Gli analisti più superficiali, soprattutto americani, hanno sempre teorizzato che una vera alleanza tra i due sarebbe stata impossibile. Costoro, tuttavia, non hanno considerato che, in assenza di alternative praticabili, anche l’impossibile diventa possibile. È vero che, almeno per ora, la loro vicinanza e gli scambi di dichiarazioni affettuose non si sono trasformate in una organica alleanza militare, ma le guerre del futuro non saranno solo quelle fatte con le armi e con i soldati.

Il loro comune intento di Putin e di Xi, ribadito anche nella video conferenza, è ridurre, nemmeno tanto gradualmente, la dominanza del dollaro nell’economia internazionale. L’operazione è già iniziata e, se riuscisse, per il benessere degli americani (e di conseguenza per tutto l’Occidente) potrebbe risultare un colpo peggiore di una importante battaglia perduta. Senza contare che all’alleanza tra Mosca e Pechino si è già aggiunto anche l’Iran e che, per l’enorme cumulo di debiti accumulati verso il Dragone, con loro saranno costretti ad allinearsi numerosi Paesi africani e magari anche qualcuno in altre parti del mondo.

A Mosca non sono ciechi e sanno benissimo che un abbraccio totale con la Cina significherebbe la subordinazione della Russia e gli interessi dei due Paesi in Asia Centrale sono e resteranno comunque confliggenti. Tuttavia, non va dimenticato il fatto che la Russia ha bisogno di capitali e di un certo know-how e che l’entourage di Putin ha la necessità, per sopravvivere, di alleviare il crescente malessere economico che tocca molte Repubbliche di quell’immenso Paese e gli strati più bassi della popolazione.

Putin non è uno stolto e, anche se ha saputo costruire la propria sicurezza politica circondandosi di oligarchi fedeli e generosi con il suo apparato, capisce che l’enorme divario tra i russi straricchi e la massa della popolazione deve, in qualche modo, essere ridimensionato attraverso una qualche forma redistributiva (qualche studio statistico sostiene che le cinquecento persone più ricche della Russia controllino, da sole, più del 50 per cento di tutta la ricchezza del Paese e cioè dei restanti 140 milioni di abitanti). Il popolo russo sa sopportare molto ma a tutto c’è sempre un limite. L’Occidente boicotta Mosca mentre la Cina tende entrambe le braccia. Come resisterle?

Se, come tutti crediamo, il vero competitor per il benessere futuro dell’intero Occidente sia proprio la Cina, regalare a Pechino gli spazi immensi scarsamente abitati e tutte le materie prime della Russia è un grave errore di cui saremo costretti a subire le conseguenze in un futuro nemmeno tanto lontano.
Forse è veramente troppo tardi per cercare di riagganciare in qualche modo la Russia (che resta comunque di cultura europea) ma non è certo continuando nella pretesa di “contenerla” assecondando fobie di stampo psicanalitico di polacchi e compari o finanziando gli ultranazionalisti ucraini che potremo sperare di garantire il nostro benessere futuro.

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