Fabrice Leggeri guida dal 2015 Frontex, l’agenzia più impopolare d’Europa, ma non intende dimettersi. Metà dei gruppi del Parlamento europeo chiede che lasci al più presto l’incarico e una campagna transnazionale chiede addirittura l’abolizione della agenzia.
Il conflitto tra critici e sostenitori di Leggeri emerge anche nel rapporto del Frontex Scrutiny Working Group, la sottocommissione parlamentare che in questi quattro mesi ha indagato sull’operato della Guardia di Frontiera europea. Nessuna prova evidente di respingimenti collettivi di migranti nella relazione, ma diversi punti oscuri nel comportamento degli agenti e tanti aspetti da migliorare nelle missioni sul campo.
Risultati contrastanti
L’indagine, durata oltre quattro mesi mesi, non ha potuto stabilire in maniera inconfutabile il coinvolgimento di Frontex nei casi di respingimenti segnalati tra Grecia e Turchia, così come aveva segnalato un’inchiesta giornalistica transnazionale. Tuttavia, è emerso con ragionevole certezza il fatto che fosse a conoscenza di violazioni dei diritti umani a danno dei migranti e che non abbia reagito in maniera appropriata. In pratica, gli agenti della Guardia di Frontiera non hanno respinto illegalmente i migranti in prima persona, ma hanno chiuso un occhio mentre lo facevano le autorità nazionali: comunque una violazione delle regole del mandato. Il rapporto con gli Stati sui cui territori si svolgono le missioni di Frontex è risultato spesso complicato, con le pressioni ravvisate dal Fswg sugli ufficiali dell’agenzia per non segnalare casi sospetti.
Nel comportamento generale di Frontex sono stati riscontrati errori e carenze, prima fra tutte un’insufficiente coinvolgimento del Fundamental Rights Officer, il dipartimento dell’agenzia che si occupa proprio di tutelare i diritti umani. Dei 40 agenti che dovevano essere assunti a questo scopo, infatti, soltanto 5 sono operativi sul campo, mentre altri 15 sono stati relegati al ruolo di assistenti, con competenze diverse.
Rispetto alle premesse con cui l’indagine era partita e alla stessa istituzione di una sottocommissione d’inchiesta, i risultati potrebbero tuttavia apparire deludenti. La relazione finale, infatti, è necessariamente frutto di un compromesso, perché le posizioni di partenza erano molto distanti. Il Frontex Scrutiny Working Group è formato da 14 membri, due deputati per ogni gruppo politico dell’Eurocamera. Si percepisce chiaramente la mediazione fra quelli ferocemente critici nei confronti di Frontex e del suo direttore e quelli più inclini a un approccio morbido, sia nel giudizio complessivo sull’agenzia, sia sullo stesso Leggeri.
Una dinamica emersa anche durante la conferenza stampa di presentazione del rapporto, con la relatrice Tineke Strik, dei Verdi olandesi, incline a sottolineare gli aspetti più negativi della relazione e la presidente del Fswg, la popolare maltese Roberta Metsola, a gettare acqua sul fuoco.
«Non abbiamo fiducia nella capacità del direttore Leggeri di risolvere le questioni che abbiamo sollevato. Chiediamo al board di Frontex e alla Commissione di riconsiderare la sua posizione», dice Tineke Strik in un comunicato successivo alla pubblicazione del rapporto.
Anche il gruppo dei Socialisti & Democratici ha insistito nel chiedere le dimissioni, per bocca della sua presidente, la spagnola Iratxe García Perez: «Serve urgentemente un cambio nella cultura di Frontex, per allinearla ai nostri valori e principi. E questo può avvenire solo con una nuova leadership». Stessa posizione, ma con toni ancora più accesi, dalla Sinistra europea: «Leggeri deve dimettersi oggi stesso, è l’unica raccomandazione possibile. Ci ha mentito in tutto questo tempo», dice a Linkiesta Sira Rego, europarlamentare di Izquierda Unida. Secondo la deputata, c’è «una chiara connivenza tra il governo greco e Frontex», che si darebbero reciproca copertura nel nascondere respingimenti e violazioni.
Più moderate le posizioni dei due membri del Partito popolare europeo e di Renew Europe, che pur ammettendo le mancanze dell’agenzia e i necessari miglioramenti, non spingono per le dimissioni di Leggeri. Identità e Democrazia e i Conservatori riformisti europei, infine, difendono a spada tratta l’operato degli agenti, vittima secondo loro più che altro di «attacchi ideologici», come sostenuto in diverse audizioni del Fswg.
Al di là degli schieramenti in Parlamento, ciò che conta è la postura della Commissione europea, l’unico organo comunitario che può rimuovere Leggeri. Il direttore di Frontex è scelto da un management board composto da un rappresentante per ogni Stato dell’Ue (tranne l’Irlanda) e due membri dell’esecutivo comunitario. La Commissione stessa approva la nomina e può invece sfiduciarlo se non è soddisfatta del suo operato. Frontex è anche responsabile davanti al Parlamento europeo e al Consiglio, come recita l’articolo 6 del regolamento che istituisce l’agenzia, ma nella pratica l’Eurocamera non ha poteri condizionanti.
L’avversario delle Ong
Secondo quanto trapela da fonti comunitarie, la posizione dell’attuale direttore non è al momento in discussione. Nato in Alsazia nel 1968, Fabrice Leggeri ha il curriculum vitae tipico del funzionario francese di alto livello. Dopo la laurea all’Università di Parigi, è passato attraverso due delle Grandi scuole transalpine, l’Ens (École normale supérieure) di Parigi e l’Ena (École nationale d’administration) di Strasburgo. Ha lavorato al ministero dell’Interno francese sul controllo dei visti nell’area Schengen, prima di collezionare esperienze come consulente alla Commissione europea (collaborando alla nascita di Frontex, nel 2004), vice-prefetto in Alta Normandia e in un distretto della Bretagna e nell’ambasciata di Francia a Seul.
Dal 2013 si occupa di immigrazione irregolare: per due anni ha guidato una divisione specifica del ministero dell’Interno e da lì è approdato a Varsavia, come direttore generale di Frontex. Sconosciuto al grande pubblico francese prima di questo incarico, è diventato preso una delle figure più discusse nel dibattito comunitario sul tema migratorio. «Il tempo dell’ingenuità è finito», aveva detto in un’intervista al quotidiano Le Figaro del 2018, spiegando come la protezione delle frontiere fosse una missione prioritaria dell’Ue.
La sua direzione è stata caratterizzata da due riforme di Frontex (nel 2016 e nel 2019), che ne hanno aumentato considerevolmente le competenze e ingrandito il budget. Con il nuovo regolamento, l’agenzia è diventata ufficialmente la Guardia di Frontiera e Costiera europea: 10 mila agenti da reclutare entro il 2027 e 871 milioni di euro in media all’anno nel prossimo bilancio comunitario, una cifra quasi raddoppiata rispetto al 2020.
Ma è stata segnata anche da un confronto serrato con una parte della politica e della società civile europea, che «voleva trasformare Frontex in una Ong», secondo le parole dello stesso Leggeri. I rapporti con le organizzazioni non governative impegnate nei salvataggi in mare sono sempre stati tesi: Frontex ha sottolineato la loro propensione a operare nelle acque territoriali libiche, arrivando a sostenerne la collaborazione con i trafficanti in un documento riservato del 2016.
Dall’altra parte della barricata, non sono mai mancate le critiche all’agenzia diretta da Leggeri e alla cosiddetta politica della «Fortezza Europa». L’ultimo atto di questa battaglia è la campagna «Abolish Frontex», che non a caso vede tra i firmatari OpenArms, SeaWatch e Alarm Phone.
«Noi siamo rispettosi delle procedure, ma non siamo un’organo di difesa dei diritti umani, né una agenzia umanitaria», disse Leggeri all’inizio del 2021, quando al Parlamento europeo circolavano le prime richieste di dimissioni. L’ipotesi è stata cavalcata a lungo da molti eurodeputati e ha preso quota con le critiche della commissaria agli Affari Interni Ylva Johansson sulla «riluttanza del direttore a rispettare il regolamento». Ma per ora Leggeri resta saldo al suo posto e se la cava garantendo alla commissaria di accogliere in modo serio tutte le raccomandazioni contenute nel rapporto del Frontex Scrutiny Working Group. «Spero lo faccia», è stato il commento di Johansson: un chiaro avviso a cambiare rotta, ma nulla che faccia pensare a una sostituzione imminente.