Storia di Guaia SorcioniCosa resterà di questo green pass dopo il 271esimo giorno

Piccola parabola per invitare chi di dovere a rimediare al problema prima che sia troppo tardi (cioè nove mesi)

di Michał Parzuchowski, da Unsplash

È la metà di aprile del 2022, e Guaia Sorcioni, un personaggio di fantasia del quale ci serviremo per questa istruttiva parabola, si accinge a partire per Londra, o per Malibu, o per Filicudi, ove trascorrerà la Pasqua.

Guaia Sorcioni è, nella nostra fantasiosa ricostruzione, un’italiana tra i quaranta e i cinquanta che si è vaccinata contro il Covid, quel virus di cui forse vi ricorderete, all’inizio dell’estate precedente, diciamo che ha ricevuto la prima dose a metà giugno e la seconda a metà luglio.

Quindi Guaia Sorcioni, quando a luglio del 2021 Giorgia Meloni si agitava contro il green pass, faceva spallucce: io mi sono vaccinata, a me mi greenpassano tutta, io viaggerò, io sarò cosmopolita, io vivrò nel mio tempo e nella performance. Guaia Sorcioni non è un fulmine di guerra, e pensa per slogan.

Guaia Sorcioni non è un fulmine di guerra, e non ci si può aspettare da lei che applichi le regole aggiungendoci razionalità propria.

Se le dite che all’esterno ci si possono togliere le mascherine, Guaia Sorcioni aliterà addosso a chiunque: siamo all’aperto, è consentito.

Se le dite che durante il periodo di maggiori restrizioni ci si può sempre spostare verso la città in cui si ha la residenza, lei non ridurrà neanche di poco i suoi spostamenti: vado verso la città di residenza, è consentito.

Quando le hanno detto che col green pass poteva uscire, Guaia Sorcioni è uscita. È andata in tutte le discoteche, i bar, le bocciofile, le saune; a un certo punto, nel luglio 2021, è andata perfino a un concerto di Bianca Atzei, che non sapeva chi fosse ma il sindaco di Arconate era stato il primo a mettere l’obbligo di green pass per l’accesso al concerto della Atzei, e quindi Guaia Sorcioni aveva attraversato l’Italia su taxi e treni e pullman, col suo bravo green pass, perché che ce l’hai a fare se non lo ammortizzi, se non ne godi i vantaggi, e quindi era andata fino ad Arconate, il primo di molti viaggi.

Giacché, non appena le hanno detto che col green pass si poteva viaggiare, Guaia Sorcioni ha viaggiato. Ha recuperato tutti i viaggi non fatti in un anno e mezzo. Ha accumulato miglia su tessere punti di aerei, di treni, persino di traghetti.

Fino a quell’aeroporto prepasquale del 2022.

Ha un tampone delle ultime 48 ore?, chiede la persona deputata a controllarle i documenti.

Certo che no, risponde Guaia Sorcioni, che non fa un tampone da quando ha ricevuto il green pass, 271 giorni prima. Ma non li ha contati, la tapina. Non sa, la tapina, che il green pass 270 giorni durava, ed è scaduto ieri.

Guaia Sorcioni non è un fulmine di guerra, ma è ligia. Nel frattempo, in quei nove mesi dalla seconda dose, ha fatto ciò che andava fatto: la terza dose, la quarta, la giravolta, un’altra volta – ma tutto questo il green pass non lo sa. È rimasto lì, immobile nelle sue informazioni di nove mesi prima, stampato e custodito nel suo portafoglio.

Scusi, trasecola Guaia Sorcioni con l’isteria di chi inizia a presagire che quell’aereo non lo prenderà, che quella prenotazione non rimborsabile la perderà. Scusi, trasecola, ma il QR code non si aggiorna? Il codice per lo scanner, quello che ha stampato giusto ieri, quello che sta sul green pass e che dovrebbe dire alla linea aerea che lei è più immunizzata di Helen Mirren.

Helen chi?, chiede la hostess, una ventenne con memoria da pesce rosso che figurarsi se si ricorda la vecia muchacha imunizada con cui tanto aveva riso un anno e mezzo prima.

Mi chiami il suo responsabile, ingiunge, con la prepotenza di chi è certa d’essere dalla parte del giusto. La ragazza alza gli occhi al cielo, non è la prima aspirante passeggera col green pass scaduto che le si presenta al check-in, sono settimane che si va avanti così, sa già come andrà a finire questo siparietto. Ma il responsabile glielo chiama, figurarsi: mica ha intenzione di prenderseli lei, i vaffanculo di questa Sorcioni che voleva mettersi in bikini e invece tornerà mesta nella città bigia, o arriverà a destinazione e dovrà chiudersi in camera.

Guaia Sorcioni digita nervosa dal telefono, e i suoi interlocutori non la rassicurano.

Ma il QR code perché non è aggiornato, chiede all’amico che ne sa di informatica, e quello le dice che il green pass è un pdf, mica si aggiorna. Un po’ come avere una stampata del termometro: ti dice la temperatura di ieri, non se hai la febbre oggi (gli amici di Guaia Sorcioni le fanno sempre esempi facili: abbiamo già detto che non è un fulmine di guerra).

Ma i duecentosettanta giorni d’immunità come li hanno decisi, chiede all’amico virologo. Hanno fatto una puntata speciale di Ok, il prezzo è giusto, e quello è il numero che è venuto fuori, risponde lui, forse sarcastico ma Guaia Sorcioni non ne è affatto sicura.

Nel frattempo arriva il responsabile della linea aerea. Il suo green pass è scaduto, se vuole partire deve andare a fare un tampone all’angolo, costa 54 euro per chi non ha il green pass. Non si permetta di dirmi che non ce l’ho, strepita Guaia Sorcioni offesissima che si dubiti della sua accortezza di cittadina modello.

E ovviamente, aggiunge sadico il tizio della linea aerea, quando arriva deve fare la quarantena, non avendo il green pass.

Guaia Sorcioni sta per saltargli alla giugulare. Poi guarda il telefono. Nelle chat degli amici con cui si era lamentata, ci sono cinque risposte «è successo anche a me». La Pasqua 2022 è una Pasqua del duecentosettantunesimo giorno. Quella del green pass scaduto. Guaia Sorcioni, per i successivi anni, la ricorderà non come la festività della resurrezione, ma come l’imbarco al quale divenne meloniana.

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