Il primo gruppo parlamentare antinucleare
Marco Pannella ha fatto la storia del Partito radicale. Leader carismatico, è stato uno dei quattro deputati con cui i Radicali entrano per la prima volta in Parlamento dopo le elezioni del 20 e 21 giugno 1976.
Il Partito radicale nasce da una scissione a sinistra del Partito liberale italiano (Pli) nel 1955. Nel 1962 viene ristrutturato su iniziativa del gruppo della Sinistra radicale guidata dallo stesso Pannella dopo che la maggioranza degli iscritti aveva deciso di confluire nel Psi (Partito socialista italiano) o nel Pri (Partito repubblicano italiano). In quegli anni il Partito radicale offre all’Italia un’immagine di «nuova sinistra» libertaria e nonviolenta, considerata spesso contigua a gruppi di derivazione marxista sessantottina, come il Pdup (Partito di unità proletaria) o Democrazia proletaria; in seguito si autodefinirà anche come «socialista» per recuperare poi, dagli anni Ottanta, un profilo via via sempre più liberale, fino all’adesione alle famiglie liberali europea e internazionale ma mantenendo sempre la definizione ecologista.
Tuttavia, più che con le etichette, il Partito radicale tende a qualificarsi per le singole battaglie, che spesso è l’unico a condurre, e in cui molte altre volte fa da apripista. Un modus operandi di ispirazione laica che contraddistingue particolarmente i Radicali è, come già detto, quello di non varare un programma onnicomprensivo tipico dei partiti ideologici ma di puntare su obiettivi concreti da realizzare: divorzio, obiezione di coscienza, chiusura delle centrali nucleari, stop alla caccia, stanziamenti contro la fame nel mondo, abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, legalizzazione delle «non-droghe» (ossia le droghe leggere), abolizione dei reati d’opinione. È un modo di fare politica che in un’epoca di partiti tradizionali molto strutturati, con disciplina rigida e risposta ideologica su ogni problema, rende l’esperienza radicale marcatamente «movimentista». Al punto che si può persino avere la «doppia» o «tripla» tessera a dimostrazione della scelta post-ideologica fatta aderendo ai Radicali.
Ricordo che, allora come oggi, non amavo le gabbie ideologiche dei partiti. Decisi perciò di iscrivermi al Partito radicale proprio perché distingueva tra ideali e ideologia e, soprattutto, predicava la coerenza tra fini e mezzi e la nonviolenza. A differenza di tutti gli altri partiti che, invece, accettavano i concetti di «violenza giusta» e del fine che giustificava i mezzi. Una differenza dagli altri che si tradusse anche in diffidenza mostrata da certi circoli intellettuali vicini al mondo ambientalista nei confronti di Pannella in persona. Celebre è la vignetta di Forattini, uscita il 23 giugno del 1979, in cui il leader dei Radicali viene ritratto come un «uomo-sandwich» che indossando un cartello con su scritto «referendum antinucleare» corre suonando un campanello e tirandosi dietro uno sceicco ghignante in risciò che lo tiene per le briglie. Era, dunque, un Pannella al soldo di sceicchi e petrolieri. Nonostante proponesse il solare, e non certo i fossili, come alternativa al nucleare.
Lo spirito federatore
Alcune delle battaglie portate avanti dai Radicali si trasformavano in associazioni, come si evince dai nomi di organismi federati o comunque vicini al partito nel momento in cui approda in Parlamento nel 1976: Lega italiana per il divorzio, Movimento di liberazione della donna, Fronte unitario omosessuale rivoluzionario italiano, Lega degli obiettori di coscienza, Centro d’informazione sulla sterilizzazione e sull’aborto, Lega italiana per l’abolizione del Concordato, Fronte radicali invalidi, Comitato per la libertà di espressione e comunicazione, Comitato per l’abrogazione dei regolamenti manicomiali.
Anche nella forma di organizzazione il Partito radicale si definiva già federalista e federatore negli anni Settanta, dunque ben prima della nascita delle varie Leghe. Non esistevano le sezioni periferiche di un partito centrale ma libere associazioni locali. È a questo modello che ci saremmo ispirati per la nascita di libere Liste Verdi sul territorio e, successivamente, per la stessa Federazione delle Liste Verdi nata a Finale Ligure nel 1986 e al cui statuto lavorai personalmente. C’erano anche i partiti regionali autonomi. Tra questi mi colpì in particolare il Partidu radicale sardu che persino nella denominazione usava il sardo, delineando con ciò una netta differenza dal centralismo di tutti i partiti: dal Pci alla Dc all’Msi (Movimento sociale italiano) fino alle sigle della sinistra extraparlamentare. Una boccata d’aria in un mondo molto grigio, fatto di documenti lunghissimi e assemblee infinite.
Le campagne e i referendum
Nella storia degli ecologisti e dei Verdi, così come in quella mia personale, anche i temi della legalità sono sempre stati strettamente connessi. Non a caso, infatti, avevo fondato a Salerno il Centro giuridico di denuncia per difendere l’ambiente, i cittadini e i consumatori. E non a caso in Parlamento avrei poi presentato le mie proposte di legge contro gli arricchimenti illeciti di politici e funzionari.
Il tema dell’ecologia della politica e della lotta al malgoverno era sempre presente anche nell’insegnamento radicale. Questo avrebbe reso credibili anche alcune battaglie che magari potevano sembrare ipergarantiste ma che, sostenute da Pannella, provenivano da un pulpito inattaccabile sul profilo della moralità politica. A questo tema si aggiungevano altre campagne: contro il racket dell’assistenza a Roma, contro la degenerazione dell’Eni, le marce antimilitariste nelle regioni più colpite dalle servitù militari, contro l’equiparazione penale tra spacciatori e tossicodipendenze, per la liberalizzazione delle non-droghe e per la riforma carceraria.
Da ricordare anche i temi degli otto referendum per cui il Partito radicale inizia a lavorare dal 1973: tra questi quelli contro la Commissione inquirente sui ministri, contro i reati di opinione del Codice Rocco, contro la legge sul finanziamento pubblico dei partiti, contro la legge reale sull’ordine pubblico, sui manicomi. E tra le prime grandi battaglie c’è anche quella contro le centrali nucleari. È il 1987 l’anno in cui si tengono i referendum sul nucleare. E anche grazie alla spinta decisiva dei Radicali l’Italia diventa, come detto, uno dei primi Paesi al mondo ad abbandonare l’energia atomica, sull’onda della catastrofe di Chernobyl del 26 aprile 1986.
Le origini del movimento ecologista
Il risultato sul nucleare, storico, è però figlio non di una ma di tante anime del variegato fronte dell’ambientalismo e dell’ecologismo italiano. Un fronte che era ancora assente dallo scenario della contestazione del 1968, anche se molti sessantottini diventeranno poi attivisti ecologisti.
Molti individuano quale anno spartiacque, in Italia e nel mondo, il 1962, quando venne pubblicato Silent Spring (Primavera silenziosa) di Rachel Carson, che denunciava la riduzione degli uccelli canterini come conseguenza dell’uso indiscriminato di pesticidi. Un libro che viene spesso considerato all’origine del moderno movimento ambientalista globale, e che ha rappresentato il primo punto di partenza per una legislazione – in Italia e in molti altri Paesi – in difesa dell’ambiente. Un momento di svolta «tradotto» da Pier Paolo Pasolini in un famoso articolo sulla «scomparsa delle lucciole» pubblicato sul Corriere della Sera il primo febbraio del 1975.
Risale invece al 1972 il Rapporto sui limiti dello sviluppo del Club di Roma, un dossier che lanciava l’allarme sulle conseguenze che la crescita della popolazione mondiale e lo sfruttamento di risorse avrebbero potuto avere sulla salute dell’intero ecosistema terrestre e sulla sopravvivenza stessa della specie umana. È questo il primo testo che mi fu regalato da una mia professoressa e che ha contribuito alla mia formazione ecologista. Da quell’allarme prenderanno il là i primi partiti ecologisti: in Tasmania nel 1972; nel Regno Unito nel 1973 con la nascita di un Green party. Per quanto riguarda la Germania, nel 1979 i Verdi tedeschi si presentano per la prima volta alle europee senza riuscire a essere eletti. E proprio il neo eletto europarlamentare Marco Pannella organizza con Petra Kelly, nel luglio dello stesso anno, una manifestazione in loro sostegno contro lo sbarramento. In realtà il primo partito antinucleare a entrare in un Parlamento nazionale è stato proprio il Partito radicale nel 1976. Anche se, come vedremo più avanti, il suo sarà un percorso distinto da quello dell’ambientalismo mainstream.
La difficile collaborazione tra Radicali e Verdi
Lo stesso movimento delle Liste Verdi in Italia parte dalle amministrative del 1985 con una forte iniziativa del mondo radicale, che all’epoca alle elezioni locali correva solo in casi eccezionali. Pannella era stato eletto nel giugno 1978 nel Consiglio comunale di Trieste, e in quel ruolo aveva difeso il Carso da rischi di inquinamento conseguenti al trattato di Osimo1.
Il Partito radicale incentiva, sostiene e spesso organizza la presentazione delle liste con il Sole che ride, specie alle elezioni regionali. Pannella stesso scende in campo nella lista Campania civica e verde e il tarantino Maurizio Turco (autore della prefazione a questo libro), oggi segretario del partito, allora da giovane attivista raccoglie le firme per la Lista verde regionale della Puglia e per quella di Bari comune, forte anche del sostegno della grande protesta contro la centrale nucleare prevista ad Avetrana. E, ancora, nel 1988 sempre a Trieste ma anche a Catania vengono riproposte liste laiche, civiche e Verdi. Ma ne parleremo più avanti.
Con la proposta di disseminazione dei Radicali con candidature di dirigenti ed ex parlamentari del partito in diverse liste, alcuni punteranno sulle Liste Verdi. La rottura è dietro l’angolo. Nel 1989, in vista delle elezioni europee, anche dall’area radicale nascerà la Lista Verdi Arcobaleno, sfruttando l’intuizione geniale e furbesca di scrivere in grande la parola «Verdi», con l’appoggio di un gruppo parlamentare al Senato e di alcuni partiti che temevano il nostro boom elettorale. Questa realtà verde verrà creata con un metodo opposto alle Liste Verdi: ovvero da un appello nazionale e da candidature di politici esperti e qualche indipendente decise comunque a livello centrale, secondo meccanismi completamente agli antipodi rispetto alla filosofia localista, federalista e di attivismo civico dal basso che era sempre stata fatta propria dal Sole che ride.
È un colpo alla crescita delle Liste Verdi, prevista impetuosa dai sondaggi dell’epoca. L’elettorato verde viene così spaccato. Ricordo che da candidato alle europee a Salerno, superai con il Sole che ride l’8%, mentre la Lista dei Verdi Arcobaleno, inesistente in città, prese il 4% con pressoché tutte le schede con su scritto il mio cognome come preferenza. Pannella sarà eletto come federalista nell’alleanza con liberali e repubblicani. Mentre nella lista antiproibizionista sarà eletto Marco Taradash.
Fu allora che capii sulla mia pelle la grande capacità di innovare la comunicazione dei Radicali. Con quella grande scritta «Verdi» erano riusciti a catturare tanta parte dell’elettorato del Sole che ride. Al cospetto di quei caratteri cubitali, la nostra piccola scritta «Lista verde» sulla scheda elettorale nemmeno si vedeva. Fummo costretti a trattare un accordo molto difficile per la tradizione federalista e civica delle Liste Verdi pur di assorbire quella concorrenza così insidiosa.
C’è stato una sorta di «segreto pannelliano» dietro questa dirompente capacità di comunicare dei Radicali. Come quando Marco inserì per la prima volta il suo cognome nel simbolo elettorale del partito. Fu preso in giro per quella «Lista Pannella». Eppure oggi non c’è quasi nessun simbolo di partito che non sia accompagnato dal cognome del suo leader.
La frammentazione
Quanto accaduto nel 1989 è stato solo una spia di gelosie e divisioni che, all’interno dell’associazionismo ambientalista italiano e poi del movimento ecologista, sono state sempre molto diffuse come del resto nella sinistra.
Nel 1976, mentre i Radicali si guadagnano l’ingresso in Parlamento, questo mondo è diviso sostanzialmente in due sigle. Una è Italia nostra, fondata nel 1955 dall’archeologo Umberto Zanotti Bianco, assieme a personalità di rilievo come lo scrittore Giorgio Bassani o Elena Croce, figlia del filosofo Benedetto. Si tratta di un’organizzazione di grande prestigio, legata a quegli stessi ambienti di liberalismo progressista da cui viene il Partito radicale ma con un’immagine molto più elitaria, focalizzata soprattutto sulla tutela dei beni culturali e architettonici più che sui temi ambientali in senso stretto. Dall’altra parte c’è il Wwf, organizzazione internazionale presente in Italia dal 1966, che gioca la propria partita sul piano più istituzionale che politico: nel Regno Unito ne è a lungo presidente il principe Filippo di Edimburgo, in Spagna il re Juan Carlos, e in Italia Susanna Agnelli. Molto attiva nelle scuole già a cominciare da quelle elementari, all’epoca era riconosciuta più per il suo conservazionismo che per essere un’associazione ambientalista. Fortunatamente ci sarà Fulco Pratesi, di cui ho sempre ammirato la passione verso la natura e la biodiversità e la sincera indipendenza dai partiti e da ambizioni personali, e che fu per due anni un mio stimato collega deputato dei Verdi. Negli anni Settanta sul grande schermo a cogliere al meglio l’immagine di quegli anni dell’ecologismo come «ideologia borghese» è stato il film Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto del 1974 di Lina Wertmüller in cui una ricca signora, ecologista e anticomunista (interpretata da Mariangela Melato) litiga per tutta la durata della pellicola con un marinaio comunista siciliano (impersonato da Giancarlo Giannini).
Nel 1977 nell’ambiente radicale nascono, invece, gli Amici della Terra, collegati al movimento internazionale Friends of Earth e molto attivi sul fronte del nucleare. Si tratta, in pratica, della prima sigla di ecologismo politico in Italia. Nei primi anni di attività i suoi esponenti prestano consulenza tecnico-scientifica al gruppo parlamentare radicale.
La risposta dal Pci arriva nel 1980 con la Lega per l’ambiente dell’Arci, collegata all’associazione di promozione sociale e tempo libero che il partito aveva creato nel 1957. Nel 1985 gli esponenti della Lega per l’ambiente partecipano a loro volta alla nascita delle Liste Verdi assieme ai Radicali e a esponenti di Wwf e Italia nostra. Ma nel 1986 le tensioni sempre più forti con l’altro ramo dell’Arci – che organizza invece i cacciatori – porterà alla loro fuoriuscita dall’organizzazione. Nonostante ciò, il Pci e i suoi eredi continueranno ad attingere all’ambientalismo per presentare una componente di ambientalisti di sinistra nelle loro liste. In seguito la stessa Legambiente (così si sarebbe poi ribattezzata nel 1992), fornirà dirigenti anche alle esperienze dei Democratici e della Margherita.
Marevivo nasce nel 1985. Mentre Greenpeace approda in Italia nel 1986, sull’onda del caso mediatico della Rainbow Warrior2. E sono tante altre le associazioni che in seguito arricchiranno il panorama italiano.
1 Firmato il 10 novembre 1975, sancì lo stato di fatto di separazione territoriale venutosi a creare nel Territorio libero di Trieste a seguito del Memorandum di Londra (1954), rendendo definitive le frontiere fra l’Italia e l’allora Jugoslavia.
2 La Rainbow Warrior è stata la nave ammiraglia della flotta di Greenpeace, affondata il 10 luglio 1985, nel porto di Auckland, in Nuova Zelanda, dal Dgse, il servizio segreto francese responsabile delle operazioni all’estero. Nell’operazione annegò il fotografo Fernando Pereira.
da “La lezione di Marco” di Alfonso Pecoraro Scanio, Edizioni Paesi, 2021, pagine 128, euro 17.