L’ultimo passoOggi l’ok definitivo al Recovery Plan: tra luglio e agosto i primi 25 miliardi

Il Pnrr italiano, insieme a quello dei Paesi che hanno avuto il via libera dalla Commissione, riceverà l’approvazione definitiva all’Ecofin. Il piano creerà 90mila posti per i giovani, ma servono anche politiche mirate, oltre all’aumento delle risorse, per avere un impatto significativo

Foto Cecilia Fabiano/ LaPresse

Oggi arriverà l’ultimo semaforo verde. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano, insieme a quello dei Paesi che hanno già avuto l’ok della Commissione europea, riceverà il via libera definitivo dall’Ecofin, il consiglio dei ministri economici. E quasi 25 miliardi di anticipo arriveranno nelle casse del Tesoro italiano tra fine luglio e i primi di agosto.

Una promozione definitiva, senza dimenticare però che il percorso si concluderà nel 2021. I primi 25 miliardi rappresentano un anticipo. Poi, ogni sei mesi, la Commissione effettuerà la verifica dello stato di avanzamento degli impegni assunti nel Next Generation Eu, tra investimenti e riforme. A fine anno sarà valutato, ad esempio, lo stato dei lavori sulla riforma della giustizia e del fisco.

Intanto, si cominciano a fare le previsioni sull’impatto del piano, in particolare sul lavoro. Secondo quanto scrive Repubblica, il Recovery italiano creerà 90mila posti per i giovani entro il 2023 su 750 mila/un milione totali, ai quali però riserva solo l’8,12% delle risorse pari a 15,55 miliardi. Meglio dell’Italia fanno Spagna (11,7%) e Germania (9,5%). Eppure siamo noi ad averne più bisogno visto che oltre 3 milioni di giovani italiani tra 15 e 34 anni non sono occupati, non vanno a scuola, non si formano. E la partecipazione dei giovani al mercato del lavoro è di 14 punti inferiore alla media Ue.

Non è però solo un problema di soldi. Ma anche di capacità adeguate a incrociare l’offerta di posti di lavoro. E soprattutto di competenze. Secondo Eurostat (dati 2019), solo il 39% dei giovani italiani nella fascia 16-24 anni ha competenze digitali superiori a quelle di base, contro quasi il 60% dei coetanei francesi e della media Ue, il 65% dei tedeschi e addirittura il 68% degli spagnoli. Nella fascia successiva – 25-34 anni – va peggio: 36% degli italiani, 47% dei francesi, 55% degli spagnoli, 61% dei tedeschi, 50% della media Ue a 28. Lo stesso vale per le competenze “verdi”.

Neanche la clausola del 30% di posti nei bandi legati al Recovery riservati a giovani e donne potrebbe quindi invertire la tendenza. «Per questo abbiamo chiesto al governo di istituire un comitato per valutare l’impatto generazionale del Pnrr e correggerne eventualmente le progettualità: è da poco operativo», dice Maria Cristina Pisani, presidente del Consiglio nazionale dei giovani (Cng), organo consultivo della Presidenza del Consiglio istituito nel 2018. «Non sempre l’aumento delle risorse porta a un incremento dell’occupazione giovanile, come insegna Garanzia Giovani. Ecco perché dobbiamo monitorare».

Di qui le proposte del Cng: nuove politiche attive per orientare i giovani verso percorsi professionali in settori dedicati a innovazione e tecnologia e per evitare un futuro di contrattini e nero, agevolare gli affitti e non solo i mutui (il 57% non li chiede perché non può), aprire Agenzie di lavoro per i giovani, come fatto con successo in Germania.