«Se dovessi ereditare un locale che non sono in grado di gestire con le mie competenze dovrei affidarmi a qualcuno con più esperienza di me, uno che possa farlo al posto mio, altrimenti fallisce. È logico, ma quando si parla di gestire lo Stato non facciamo un ragionamento di questo tipo, perché non lo sentiamo nostro, quindi siamo pronti ad affidarlo al primo che passa, purché sia in grado di dire le cose che vogliamo sentire». A parlare è Carlo Calenda, leader di Azione e candidato sindaco di Roma alle elezioni del prossimo autunno.
Calenda è intervenuto al fianco del sindaco di Milano Beppe Sala al Teatro Parenti di Milano, durante un evento organizzato dalla lista “I Riformisti – Lavoriamo per Milano con Sala”. L’incontro è stato aperto dall’introduzione di Sergio Scalpelli, che ha sottolineato «quanto sia importante per la città l’area riformista e liberaldemocratica», ed è stato moderato dal direttore di Skytg24 Giuseppe De Bellis.
Al Teatro Parenti, che a inizio giugno è stato il luogo d’origine della lista unitaria delle forze civiche e politiche riformiste per le prossime elezioni milanesi, c’è anche il pubblico in presenza, oltre al collegamento in streaming sui canali de Linkiesta per gli spettatori da casa.
Al centro del dibattito Roma e Milano, con le loro differenze e i punti di contatto, ma anche la politica nazionale e il compito dei riformisti nel fare da argine contro populismi e sovranismi.
«Solo in Italia i partiti che rappresentano le grandi famiglie politiche europee, quindi Popolari, Socialdemocratici e Verdi, si alleano con sovranisti e con populisti. È una nostra anomalia che conduce alla morte del Paese. Se l’alternativa è tra allearsi con Orbán o on quelli che dicono idiozie è la fine», dice Carlo Calenda.
Solo che questo schema che non piace a nessuno, aggiunge il leader di Azione, può essere cambiato. «Non siamo condannati a questo, la politica a mutevole, quindi possiamo andare a riprenderci i voti convincendo l’elettorato. Da qui la mia critica al Partito democratico: non hanno il coraggio di riprendersi gli elettori, non si può diventare codardi e pensare che i voti si possano solo ereditare da un’alleanza con un altro partito. Mentre la destra di Giorgia Meloni ha dialogato con le persone ed è cresciuta nei sondaggi, il Partito democratico proponeva il voto ai sedicenni quando i sedicenni non andavano a scuola da un anno. Se facciamo così la destra vince non perché siamo cattivi, ma perché siamo imbecilli».
Ritrovare segmenti di elettorato è indispensabile per l’area liberaldemocratica. Come spiega lo stesso Beppe Sala, è un ragionamento che va fatto sempre in politica: «Se prendiamo i risultati elettorali di Milano del 2016 e del 2019 e gli ultimi sondaggi, vediamo che la coalizione di centrodestra è sempre intorno alla stessa quota. Però sappiamo che è cambiata la composizione di quell’elettorato, che si è spostato a destra: vuol dire che si libera spazio al centro in cui noi ci possiamo inserire. Però dobbiamo farlo con una direzione univoca, che fin qui abbiamo difficoltà a trovare. Ecco perché le elezioni di Milano possono essere un laboratorio politico straordinario, il cambiamento della politica italiana nasce da qui».
Tra Milano e Roma, entrambe al voto tra settembre e ottobre, ci sono dei punti di contatto, nonostante le enormi differenze tra le recenti esperienze politiche. «Premetto che fare il sindaco a Roma deve essere più difficile che fare il sindaco a Milano», dice Sala con una battuta.
«Chi amministra Milano – prosegue – trova dei servizi, come quelli del trasporto pubblico ad esempio, che Roma non ha. In più la Capitale è dispersiva, è molto grande. Però Roma è un pezzo fondamentale del Paese, e può tornare a crescere con l’aiuto e sull’esempio di Milano. Mentre la stessa Milano può trarre beneficio da Roma: può aprirsi una stagione di maggior collaborazione tra le due città».
Calenda, invece, sottolinea che Milano può essere uno stimolo per Roma, soprattutto perché può essere presa da esempio per vedere un’esperienza di amministrazione che ha saputo guidare la città con efficienza e capacità politica.
«Invece a Roma – dice il leader di Azione – siamo arrivati a dire che la città è ingovernabile, e a un certo punto lo credevo anch’io. In realtà basta studiare i problemi della città per capire che tutto dipende da come sono state fatte le cose negli anni, cioè malissimo».
Dalla gestione della città, intesa come centro, alle periferie. Per Sala, a Milano, le periferie erano uno dei motivi di vanto della sua amministrazione – poi ovviamente l’arrivo della pandemia ha scompaginato i piani.
«Se continuiamo a parlare di periferie con uno stigma negativo non capiamo la realtà», dice Sala. «I problemi ci sono – aggiunge – ma è anche stato fatto un grande lavoro per cambiare le cose: c’è un percorso di crescita che riguarda università, industria, collaborazioni pubblico-privato, che è stato fatto prima della pandemia e che deve essere il punto di partenza per uscire dalla crisi».
Per Roma, invece, il discorso periferie è quasi opposto, dice Calenda: «Detesto la retorica sulle periferie, perché le periferie sono tante cose diverse, annullarle e appiattirle come se fosse tutte un’unica cosa è troppo semplice. E così come esiste un modello di sviluppo del centro storico, come ce l’ha ogni città, ritagliandolo sulle sue esigenze, così ci vuole un modello di sviluppo delle periferie, che per me soprattutto a Roma deve passare dalla scuola e dalla formazione. Perché questo fa girare la periferia da luogo declinante a luogo che vive. Anche in termini di legalità».
Il riferimento alla legalità di Calenda fa da testa di ponte per introdurre il tema della sicurezza, che De Bellis passa a Sala.
Per il sindaco di Milano la sicurezza, mai come in questo momento, è questione di equilibrio: «È un tema di tutte le città italiane, oggi, dopo un anno e mezzo come quello che abbiamo vissuto. Dobbiamo conciliare la voglia e l’esigenza di tornare a stare in strada, con le sue conseguenze. È evidente che possa esserci un po’ di tensione come abbiamo visto negli ultimi giorni».
Al termine del suo intervento Sala deve lasciare il Teatro Parenti per un altro impegno istituzionale. Ma c’è ancora spazio per affrontare con Calenda un argomento di politica interna, a partire dal populismo di questa fase storica e dal ruolo del Movimento 5 stelle nel cavalcarlo.
«Il Movimento dovrebbe essere cancellato dalla storia della politica italiana perché ha corrotto la nostra politica», dice Calenda. Poi conclude: «Hanno avallato tutti i vizi che si potessero avere: l’idea che si può avere un lavoro senza preparazione, o uno stipendio senza lavoro; hanno diffuso l’idea dell’utilità dei sussidi. Come se fare politica significasse erogare dei bonus e stare a vedere cosa succede. Ma per fortuna la politica non è immobile: non siamo destinati a morire sovranisti o populisti».