I prossimi 24 mesi saranno determinanti per il futuro dell’Unione, singoli Stati membri e cittadini, con nuove sfide, appuntamenti, scadenze, nuovi inizi e cambiamenti a livello internazionale. L’associazione Erasmo ha scelto di concentrare la propria attenzione su questo arco temporale, per analizzare gli eventi in programma in partenariato con Linkiesta, Spinelli Group, Re-Generation, Fondazione Antonio Megalizzi, Cultura Italiae, Comunita di Connessioni, Italiacamp, GaragErasmus e A2A.
Quest’anno l’Unione europea entra nel biennio 2021-2022, un periodo decisivo per il futuro degli Stati membri, che dovrà essere governato con intelligenza e lungimiranza.
In particolare, nell’arco di questi due anni, l’Unione dovrà affrontare l’imponente sfida della programmazione e strutturazione della sua transizione ecologica, un obiettivo proclamato dalla Commissione europea già nel dicembre 2019, ma che per essere realizzato dovrà essere sviluppato e implementato da parte di tutti gli Stati membri.
Un primo appuntamento importante è stato quello del 30 aprile 2021, quando i Paesi europei hanno presentato presentato alla Commissione i loro Recovery Plan. Ora inizierà la fase di attuazione delle misure previste dal Green Deal: infatti, per ciascuno Stato sarà definito un programma di riforme e investimenti fino al 2026.
In tal senso, la transizione ecologica dell’Unione europea, promossa dallo European Green Deal, non è una mera sostituzione delle risorse energetiche fossili con quelle rinnovabili, ma si propone come una vera e propria rivoluzione economica, politica e culturale che porterà alla creazione di un nuovo modello di sviluppo basato sul rispetto della natura e sul bilanciamento delle necessità della società contemporanea con la rivalutazione dell’ambiente.
Il Percorso del Green Deal: il Quadro Finanziario Pluriennale
Dalla sua promulgazione nel dicembre del 2019, il Green Deal europeo ha portato alla creazione di diversi strumenti attraverso i quali si sta delineando la politica ambientale europea. La cornice entro la quale verrà sviluppata la transizione ecologica è il Quadro finanziario pluriennale (QFP) per il periodo 2021-2027, approvato dal Parlamento europeo il 17 dicembre 2020.
La programmazione prevede un bilancio a lungo termine di 1.074,3 miliardi di euro (fra cui 356,4 miliardi per risorse naturali e ambiente) che, sommati ai 750 miliardi di euro di Next Generation Eu, consentiranno all’Unione europea di fornire finanziamenti senza precedenti, pari a 1.800 miliardi.
La Commissione si indebiterà sui mercati finanziari internazionali per conto dell’Unione, ottenendo risorse che si tradurranno in prestiti e sovvenzioni per gli Stati membri, i quali avranno il compito di implementare le politiche promosse dall’Unione nei rispettivi territori nazionali. Ovviamente, la buona riuscita del piano della Commissione dipende dalla volontà degli Stati membri di impegnarsi nel raggiungimento puntuale e uniforme degli obiettivi, un elemento problematico per quei Paesi, come la Polonia, nei quali i settori più rilevanti dell’economia si basano sul carbone e saranno inevitabilmente più svantaggiati.
D’altra parte, siccome il QFP sarà subordinato al rispetto e all’implementazione del Green Deal e degli accordi di Parigi sul clima, tutti i provvedimenti e le politiche promosse dall’Unione e dagli Stati membri fino al 2027 dovranno rientrare in questo contesto; in particolare, il 30 per cento della spesa totale sarà destinato a progetti legati al clima.
Questa è la prima volta che l’intera programmazione finanziaria dell’Ue è votata alla lotta al cambiamento climatico, a dimostrazione del fatto che le pressioni della società civile stanno producendo risultati significativi.
Già prima della pandemia, la lotta al cambiamento climatico è stata portata al centro dell’attenzione mediatica grazie all’inaspettato attivismo dei giovani – si pensi ai Fridays for Future – che si sono compattati intorno alla questione ambientale percependola come l’unica causa degna di essere perorata.
La giovanissima età degli attivisti costituisce un elemento importante per le prossime elezioni: non solo i futuri elettori saranno sempre più sensibili alla questione climatica e favoriranno i partiti politici che sapranno mettere l’ambiente al primo posto, ma la legittimità stessa delle istituzioni europee sarà influenzata dall’attenzione allo sviluppo sostenibile.
La Legge Europea sul Clima
Il primo passo della Commissione verso un’Europa più verde è stata la Legge europea sul clima, che intende rendere vincolante l’obiettivo fissato nel Green Deal europeo, ossia il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050. Pertanto tutti gli Stati membri dovranno raggiungere l’azzeramento delle emissioni nette di gas a effetto serra attraverso l’investimento nelle tecnologie verdi e la protezione dell’ambiente naturale.
L’iter legislativo, iniziato nel marzo 2020, è ancora in corso a causa dei difficili negoziati che hanno visto il Parlamento europeo e il Consiglio europeo discordi sul Piano obiettivi climatici per il 2030. Nell’ottobre 2020, il Parlamento aveva approvato la proposta di legge portando al 60 per cento la quota per la riduzione netta delle emissioni di gas serra (rispetto al 55 per cento inizialmente proposto) entro il 2030.
Inoltre, gli eurodeputati avevano chiesto che la riduzione interessasse non solo l’Ue nel suo complesso ma anche i singoli Stati membri, impedendo così a Paesi come la Polonia di far compensare il mancato raggiungimento della soglia da Stati più virtuosi. La proposta di legge emendata dal Parlamento era stata poi sottoposta dai ministri dell’Ambiente al Consiglio europeo, che però si era opposto causando uno stallo nei negoziati.
Solo il 21 aprile di quest’anno il Parlamento e gli Stati membri hanno finalmente trovato un accordo, ritornando all’obiettivo della riduzione delle emissioni del 55 per cento entro il 2030. Ciò è stato possibile grazie a una serie di concessioni autorizzate dagli Stati membri.
Innanzitutto, il Consiglio ha promesso di fissare un tetto alle emissioni di CO2 provenienti dal settore agricolo, uno dei più inquinanti a causa dell’utilizzo di fertilizzanti azotati e dell’allevamento intensivo, in linea con la riforma della Politica agricola comune (PAC) proposta dall’Europarlamento il 23 ottobre 2020.
In secondo luogo, la Commissione ha accettato in maniera informale di prendere in considerazione la possibilità di aumentare la capacità di assorbimento del carbonio dei bacini naturali, quali foreste e oceani, al fine di alzare l’obiettivo al 57 per cento.
Inoltre, l’intesa ha previsto anche l’istituzione di un Comitato Consultivo Scientifico Europeo, che supervisionerà le misure adottate e i risultati ottenuti sulla base degli obiettivi stabiliti dalla futura legge sul clima. Infine, la Commissione ha assunto l’impegno di fissare un obiettivo climatico intermedio per il 2040 entro sei mesi dal primo bilancio globale, effettuato ai sensi dell’accordo di Parigi, vale a dire il volume totale indicativo delle emissioni nette di gas a effetto serra che dovrebbero essere emesse in quel periodo senza mettere a rischio gli impegni dell’Ue.
La decisione è stata presa all’indomani del Summit internazionale sul clima del 22-23 aprile 2021, allo scopo di mostrare alla comunità internazionale un’Europa coesa rispetto alla questione ambientale. Tuttavia, l’accordo politico provvisorio dovrà essere approvato formalmente sia dal Consiglio dell’Ue che dal Parlamento per diventare legge a tutti gli effetti.
Il Next Generation Eu
Il secondo strumento per la transizione ecologica europea sarà il Next Generation Eu, il pacchetto di misure volte a stimolare l’economia europea dopo la battuta d’arresto provocata dalla pandemia. Tra i vari programmi si annoverano il Fondo per una Transizione Giusta (Just Transition Fund – JTF) e il Fondo InvestEu: il primo, finalizzato a sostenere la de-carbonizzazione delle regioni europee che più dipendono dai combustibili fossili, ha un budget di 10 miliardi di euro; mentre il secondo, volto ad attrarre investimenti privati per individuare nuove fonti di crescita, conta su 5,6 miliardi.
Infine, il Next Generation Eu prevede la presentazione di un Piano nazionale di ripresa e la resilienza (Recovery Plan) da parte di ciascuno Stato membro, che consiste in un programma di progetti, riforme e investimenti in sei settori d’intervento. Questi piani costituiranno la struttura su cui ogni Stato baserà la propria transizione verde, supportato dalla Commissione.
Il prossimo biennio, quello all’attenzione del progetto promosso da Erasmo che vede anche il coinvolgimento del Centro Studi Internazionali, sarà quindi un “biennio verde”, durante il quale la transizione ecologica verrà impiegata dalla Commissione quale vettore per raggiungere un nuovo stadio nel percorso di coesione dell’Unione Europea, orientato alla creazione di una reale unione di Stati ancora diversi, che trascenda l’aspetto economico, coinvolgendo anche aspetti politici e sociali.
*Simone Biggio e Stefania Calciati sono analisti del Centro Studi Internazionali (CSI).