Nell’ultimo annus horribilis, quello in cui l’economia è crollata come mai aveva fatto finora, sull’onda della pandemia, assieme al numero dei poveri, degli inattivi, di chi è rimasto senza lavoro, sono naturalmente cresciuti anche i percettori del reddito di cittadinanza.
Assieme al Reddito di Emergenza e ai vari ristori che però sono temporanei, si tratta del maggiore strumento contro quell’incremento dell’indigenza che era inevitabile si producesse in un Paese in cui a subire l’impatto peggiore delle crisi sono stati proprio i lavoratori dei settori giù più fragili dal punto di vista occupazionale.
Quelli del commercio, della ristorazione, del turismo, già molto spesso a termine, a chiamata, stagionali, se non in nero, costretti dal basso valore aggiunto di gran parte delle attività di questi ambiti a stipendi che fin da prima del Covid erano spesso poco al di sopra della soglia di povertà e a volte anche sotto.
C’è un problema però, che del resto non è nuovo, e caratterizza un po’ tutte le politiche di welfare italiane e in generale dei Paesi mediterranei da decenni.
I sussidi e gli aiuti erogati dal nostro sistema non riescono a intervenire là dove la povertà picchia di più, soprattutto nell’ultimo periodo.
Secondo l’Ocse il nostro Reddito di Cittadinanza nel 2020 è arrivato a raggiungere in valore il 48% del reddito disponibile mediano (quello appunto a nei portafogli delle persone dopo tasse e sussidi), una percentuale ben più alta della media, quasi da Paese nordico, solo nel caso dei disoccupati single senza figli. Se si tratta di una coppia, ma sempre senza prole, la percentuale scende al 44%, al di sotto di quella tedesca, ma pur sempre superiore alla media.
Ma se invece a ricevere il sussidio è una coppia con due figli o addirittura un genitore single ecco che il nostro Rdc appare meno sostanzioso rispetto agli aiuti dati in altri Paesi. Arriva rispettivamente al 37% e al 36% del reddito disponibile mediano di chi è nella stessa situazione, tra i livelli più bassi nei Paesi avanzati.
In Germania il sostegno arriva al 53% della stessa mediana, tra l’altro già di per sé superiore, in Giappone, Regno Unito, Danimarca, Irlanda oltre il 50% o anche 60%.
Sostanzialmente a differenza di quello che succede in altri Paesi, per esempio in Germania, o in Francia se guardiamo ai single, se in un nucleo familiare arrivano dei figli in termini relativi l’ammontare del sussidio di povertà diminuisce invece di aumentare.
Era già così all’esordio del nostro Reddito di Cittadinanza, ma questa caratteristica strutturale è divenuta ancora più evidente con la crisi pandemica.
A parità di numero di componenti è diminuito il gap tra l’assegno medio ricevuto con e senza figli. Nel 2019 per esempio la classica coppia con un figlio prendeva 571,7 euro contro i 551,7 del nucleo con tre persone ma senza minorenni, una differenza del 3,6%, mentre nel 2021 il divario è diminuito a 6,8 euro, solo l’1,1%.
Nel caso vi siano 4 persone, poi, del resto l’evenienza più comune se sono presenti minori, l’ammontare medio mensile del RdC è divenuto quest’anno addirittura più basso a quello che va a un nucleo analogo ma senza bambini o ragazzi.
Sostanzialmente l’aggravarsi della situazione economica ha sì incrementato, assieme al numero dei percettori del Reddito di Cittadinanza, anche la cifra versata dallo Stato ogni mese, ma questo aumento è stato decisamente più visibile nel caso delle famiglie senza minorenni.
E non solo, a essere cresciuti sono stati soprattutto i percettori singoli, quindi evidentemente senza famiglia a carico, saliti di circa 165 mila unità.
È vero, è plausibile che nelle famiglie con figli ci si brighi di più a cercare e accettare un lavoro, quale che sia, e questo in parte spiega il fenomeno, ma solo, appunto, in parte.
Infatti dati da poco pubblicati dall’Istat ci dicono una cosa piuttosto chiara: sono stati i nuclei con figli, soprattutto quelli numerosi con più minorenni ad avere sofferto un incremento maggiore della povertà, mentre le coppie senza figli, i single, i pensionati sono stati colpiti molto meno.
C’è quindi un mismatch, l’ennesimo della nostra economia, tra il modo in cui il welfare è costruito e i bisogni presenti nella società.
Difficile meravigliarsi dei record negativi in termini di fertilità, guarda caso ulteriormente peggiorati con la pandemia, se le politiche familiari sono così lontane dalle esigenze di chi ha dei figli, se avere un figlio in più garantisce un incremento del sussidio minimo, inferiore ai 100 euro.
Gli strumenti di welfare più nuovi, quelli nati per “sconfiggere la povertà”, presentano difetti in qualche modo simili a quelli più vecchi, che in Italia altro non sono che le pensioni, ovvero mirare a un target sbagliato, composto non dagli ultimi ma dai penultimi e dai terzultimi.
Tra le ragioni non possiamo escludere anche il fatto che sono gli immigrati ad avere più figli. È una categoria politicamente senza alcun peso specifico attualmente, e che però per varie ragioni, tra cui il fatto di essere stata più impattata dalla pandemia degli italiani, comincia a essere sempre più presente tra i beneficiari del nostro welfare. I nuclei di extracomunitari percettori di Rdc sono più che raddoppiati in due anni, anche se rappresentano ancora meno del 10%.
Probabilmente prima ancora di un’abolizione totale, oggi difficile da pensare, il Reddito di Cittadinanza per essere realmente utile, per favorire l’integrazione e combattere veramente le disuguaglianze ha bisogno di una decisa sterzata verso le necessità dei più poveri tra i poveri, che oggi sono le famiglie, italiane e straniere, sotto la soglia di indigenza e con prole.