La resistenza in Bielorussia sembra essere passata in secondo piano, ma le Olimpiadi di Tokyo ci ricordano perché non abbassare la guardia su cosa accade a Minsk. L’atleta bielorussa Kristina Timanovskaya ha denunciato il suo paese perché ha tentato di rimpatriarla contro la sua volontà. Dopo ore convulse, scortata dalla polizia che ha sventato una partenza sempre più simile a un rapimento, ha ottenuto un visto dalla Polonia, dove volerà presto come rifugiata. Le ragioni del dissidio con gli allenatori non erano politiche, ma tutte sportive: è bastato per scoperchiare un vaso di Pandora di ritorsioni e minacce da parte di un’autocrazia sempre più repressiva.
Facciamo un passo indietro. È venerdì quando Timanovskaya, velocista classe 1996, corre nella seconda batteria delle qualifiche per la finale dei 100 metri piani. Arriva quarta, non abbastanza per passare il turno, con un tempo rispettabile: 11.47. Nella stessa specialità ha vinto un argento europeo under23 nel 2017, replicato in staffetta agli europei di Minsk nel 2019. Conta di rifarsi sull’altra prova regina della velocità, i 200 metri, in fondo è lì che ha conquistato l’unica medaglia d’oro, seppur alle universiadi (organizzate dalle federazioni sportive universitarie) di Napoli del 2019. Le qualifiche erano in calendario ieri, ma Timanovskaya non è scesa in pista. Nel corso della notte, il suo nome era già associato a un caso internazionale.
Dopo la gara, la ragazza viene contattata dall’entourage bielorusso. Le dicono senza preavviso che dovrà correre una frazione della 4×400 per sostituire un’altra atleta. Rifiuta. La sua obiezione è tecnica: su quella distanza non s’è allenata. Ma è quando contesta in un video su Instagram la richiesta della federazione che la situazione precipita. Secondo il racconto sui social della stessa Timanovskaya, alcuni delegati del suo paese la raggiungono in camera e le intimano di fare le valigie. La portano all’aeroporto Haneda di Tokyo. È qui che l’atleta chiede aiuto a un poliziotto giapponese. Intanto, ha già denunciato al Comitato olimpico internazionale (Cio) le pressioni cui è sottoposta.
Verrà presa in custodia dalla polizia, passerà la notte in hotel. Ha filmato le tappe di quello che chiama, non a torto, un rapimento dal villaggio olimpico. Mentre vengono diffuse dal Belarusian Sports Solidarity Fund prove audio nelle quali figure apicali spiegano a Timanovskaya che è stata silurata per il video su Instagram, la linea ufficiale bielorussa continua a parlare di un ritiro volontario e poi scade nell’attribuirlo allo «stato psicologico ed emotivo» della giovane. Ai giornalisti di Minsk viene detto che ha perso un bus per l’aeroporto con altri atleti e per questo è stata condotta lì in automobile. In patria, la televisione di Stato la accusa di mancanza di «spirito di squadra».
Kryscina Tsimanouskaya a Belarusian athlet is already in direct contact with Polish diplomats in Tokyo. She has received a humanitarian Visa. Poland will do whatever is necessary to help her to continue her sporting career. 🇵🇱 always stands for Solidarity.
— Marcin Przydacz (@marcin_przydacz) August 2, 2021
Quando il viceministro degli Esteri polacco Marcin Przydacz conferma di aver concesso il visto, arriva il lieto fine per Timanovskaya, ormai al sicuro nell’ambasciata di Tokyo. Intanto suo marito è volato in Ucraina sperando di poterla raggiungere presto a Varsavia, dov’è diretta. Era solo una delle opzioni offerte all’atleta diventata una dissidente in poche ore. Anche Slovenia, Repubblica Ceca e Lituania si sono dichiarate pronte ad accoglierla, tramite i titolari degli Esteri o, nel caso di Lubiana, il primo ministro.
La Polonia ospita diversi oppositori al regime di Minsk, ci è passata anche la leader dell’opposizione Sviatlana Tsikhanouskaya prima dell’esilio in Lituania. Negli anni la Bielorussia ha discriminato la minoranza polacca che vive all’interno dei suoi confini. Ha sede a Varsavia Nexta, il principale canale bielorusso di notizie indipendenti dalla propaganda che ha ricoperto un ruolo attivo nelle proteste del 2020. Il gruppo di Visegrád, di cui fa parte anche la Cechia, ha stanziato un fondo in sostegno della società civile bielorussa. In passato, non sono mancate frizioni diplomatiche tra questi paesi.
🔴 URGENT: Kristina Timanovskaya needs help. 🇪🇺 must ask the IOC & Japanese officials to intervene and ensure she is offered protection from the Belarus regime.@EUinJapan #Olympics https://t.co/DTxeF3noiS
— Guy Verhofstadt (@guyverhofstadt) August 1, 2021
Su Twitter l’allarme è stato rilanciato dall’eurodeputato di Renew Europe Guy Verhofstadt e, sul fronte italiano, dalla deputata dem Lia Quartapelle come «ennesima e brutale violazione dei diritti individuali». Il sottosegretario agli Affari Esteri del governo Draghi, Benedetto Della Vedova (+Europa) ha scritto che «Lukashenko non è al di sopra della legge e delle leggi dei paesi liberi». Nelle stesse ore, il titolare della Farnesina Luigi Di Maio esultava per l’impresa storica di Marcell Jacobs e Gianmarco Tamberi. Forse complici il fuso-orario e il weekend d’agosto, le istituzioni europee non hanno ancora commentato la vicenda.
Solidarietà a Kristina Timanovskaya e plauso al CIO per aver tutelato la sua sicurezza dal tentativo di rapimento da parte del regime Bielorusso. #Lukashenko non è al di sopra della legge e delle leggi dei paesi liberi. pic.twitter.com/PkC5Tq3lk7
— BenedettoDellaVedova🇮🇹🇪🇺 (@bendellavedova) August 2, 2021
«Non temo di venire licenziata o cacciata dalla nazionale, sono preoccupata per la mia sicurezza. Ho paura che potrei venire incarcerata in Bielorussia», ha detto Timanovskaya a un sito sportivo del suo paese. Sono timori fondati. Come altre sfere della società, anche le istituzioni sportive in Bielorussia sono satelliti dell’autocrazia. Basta un dato: il presidente del comitato olimpico è il figlio maggiore di Aleksandr Lukashenko, lo «zar di Minsk» al potere dal 1994. Dopo le elezioni farsa di un anno fa, la stretta liberticida del regime è peggiorata mentre il dissenso interno a trazione femminile saliva ai massimi storici, con le più grandi manifestazioni di piazza dai tempi della caduta dell’Unione sovietica.
Il rapporto con il Cio era già in bilico, con il divieto a Lukashenko padre e figlio di partecipare da spettatori ai giochi olimpici. La delegazione bielorussa di 103 membri è stata autorizzata solo quando Minsk ha assicurato che non ci sarebbero state conseguenze per gli atleti. Ieri ha violato la promessa. «Ciò che è accaduto a Kristina Timanovskaya – ha detto al Financial Times Sviatlana Tsikhanouskaya – è solo un aspetto della più ampia repressione contro gli atleti in Bielorussia. Al giorno d’oggi, ogni critica alle autorità, persino in fatto di sport, è considerata un attacco al governo». Secondo Human Rights Watch, più di 60 sportivi e allenatori hanno perso il lavoro a causa del loro coinvolgimento nelle proteste contro Lukashenko. Venti di loro sono finiti in prigione.