Giuseppi, che fatica Vertical farm e gli altri refusi con cui Conte immagina Milano come Portlandia

Il leader fortissimo dei Cinquestelle spara cifre a caso sui bambini poveri, nessuno al Corriere lo corregge e soprattutto non si trovano milanesi offesi perché il segnaposto ha promesso di rendere la loro una «vera smart city» (ma forse è un altro refuso)

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C’è, su “Milano” di Lucio Dalla, una diatriba tra il resto del mondo, che trascrive il testo con «Milano, che come un uccello gli sparano ma anche riprende il volo», e me, che ovviamente ho ragione e ritengo Dalla dica «gli spari, lo manchi, riprende il volo».

È un po’ la stessa impercettibile differenza di percezione tra «Milano attrae, ma non restituisce quasi più nulla di quello che attrae» (Giuseppe Provenzano, novembre 2019) e «Duecentomila bambini che vivono in povertà nella metropoli» (Giuseppe Conte, sul Corriere di ieri – ma dice che era un errore di battitura, che i bambini dovevano nel suo penzierino essere ventimila, e in fondo anche i posti di lavoro mica erano un milione, dieci o dodici, forse quattordici se ci inseriamo l’acquisto d’un paio di calciatori per il Milan – Milano, che fatica).

Per restare in quella canzone degli anni in cui Dalla era Michelangelo, al rigo di Conte sui duecentomila bambini (ma pure a quello sulle «vertical farm nelle periferie», e se non vi è venuta in mente quella scena di Portlandia in cui i due clienti chiedono se il pollo che stanno per mangiare ha avuto una vita felice, beati voi: io non penso ad altro da ieri), per restare a quaranta e fischia anni fa, dicevo, quando la milanesitudine stava nelle canzonette e non nelle dichiarazioni dei politici, quando a Milano c’erano i terroristi e non il fighettismo, e mica lo so se era peggio, per tornare ad allora, quando a questo punto nessuno mi avrebbe accusato di sminuire il terrorismo, perché commentare gli articoli di giornale era attività per i cenacoli intellettuali dotati di senso del tono, non per braccia strappate alle vertical farm ma dotate di pacchetto dati, per tornare a quel Dalla che intendevo citare ventotto ipotassi fa, dunque, leggendo Conte, Milano si è levata in «un olé da torero: Milano che, quando piange, piange davvero».

Cioè, Milano: i poveri, quelli che ad agosto restano in città, senza neanche una vertical farm in cui villeggiare. («Vertical farm» ha un potenziale tormentonistico come non ne vedevo da quando a Drive in c’era Faletti).

Milano a portata di mano (ma manco poi tanto, come dimostrano i duecentomila bambini poveri) ieri dunque rideva del povero Conte, che aveva scritto il suo bravo articolo parlando dell’imprenditoria e poi, per non farsi dire che è di destra, ci aveva messo la moltiplicazione di pani, pesci, e bambini poveri. Intanto Beppe Sala si faceva fotografare scalzo, un po’ menino de rua un po’ iscritto a un corso di yoga in Brera. Povera Milano, non ti meritavi tutto questo, già ti hanno rifatta con dei grattacieli aspiranti Dubai, ora pure il sindaco similinfluencer e il leader fortissimo della sinistra che si fa prendere per il culo persino dal giornale che ha ospitato il suo articolo.

È molto interessante – e indicativo d’un paese in cui non si può fare la rivoluzione perché ci conosciamo tutti, e non si può correggere l’articolo d’un leader fortissimo ignaro dei censimenti milanesi altrimenti quello s’offende – che il più zelante a sfottere Conte (il segnaposto, no il cantante) sia stato un ex vicedirettore del Corriere; che ha precisato che, avendo Milano centoquarantamila abitanti sotto i quindici anni, era matematicamente improbabile che duecentomila di quei centoquarantamila fossero poveri. Anche se, se come me abitate a dieci metri da piazza Gae Aulenti, a vedere i bambini in mutande cui i genitori lasciano fare il bagno nella fontana, vi convincerete di risiedere a Scampia, e che quei bambini non possano che essere figli del sottoproletariato plausibilmente mandati a spacciare senza neppure completare l’obbligo scolastico: il segnaposto è probabilmente incorso nello stesso equivoco, avrà fatto un giro al bosco verticale ed ecco lì la verticalità della fattoria e i bambini poveri che non hanno l’acqua per il bagno a casa.

Tuttavia non ho capito che voglia il segnaposto da Milano. Presentabilità sociale riflessa? Soldi dagli imprenditori? Una candidatura a sindaco? Una foto scalzo coi cuoricini delle più alfabetizzate tra le soubrette? Un correttore di bozze? Una quota di Cortilia? (Se abitate a Milano, anche voi, a «vertical farm», avrete pensato «più Cortilia per tutti», con la stessa cadenza con cui quel personaggio di Albanese chiedeva «più pilu»).

Fossi una giornalista, chiederei a Renzo Rosso (da qualche mese proprietario di Cortilia) cosa pensi della vertical farm (ma anche delle foto scalze di Sala: moda e fattorie, due opinioni in un uomo solo).

Fossi un ghostwriter, invocherei cavallette e altre giustificazioni a casaccio per quei «duecentomila».

Fossi un cantautore, cercherei di scrivere “Milano” (senza riuscirci).

Fossi un milanese, sarei preoccupatissimo (ma da mo, persino da prima degli spot «Milano non si ferma», persino da prima che Zingaretti venisse a prendere lo spritz sui Navigli sostenendo che la pandemia fosse un pettegolezzo).

Fossi un milanese suscettibile, sarei offesissimo che il segnaposto m’avesse promesso di rendermi una «vera smart city»: aspettavamo proprio te, te che neanche dici «very smart city» (ma forse è un altro refuso).

Fossi un milanese che abita sotto a qualcuno che sta ristrutturando e viene svegliato ogni giorno d’estate da martelli pneumatici, tirerei un accidente al segnaposto al punto in cui rivendica «il superbonus 110%» (scrive come un volantino del Lidl, povero segnaposto).

Fossi un punto di riferimento fortissimo per i progressisti, forse mi farei scrivere proprio quell’articolo lì, prometterei oasi ecologiche verticali ai bambini poveri da me personalmente moltiplicati (mi vanterei di averli moltiplicati, a ‘sto punto), dicendo poi che bisogna costruire più piccole Dubai, «nuovi quartieri da lasciare ai nostri figli». Un giorno tutto questo verticale, sia esso bosco o fattoria, sarà tuo.

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