Impero rossoLenin e il sogno spezzato di conquistare l’India

Quando il leader comunista guardò a Est, decise che la mossa più importante fosse quella di prendere la perla dell’impero britannico. Fomentò scioperi e proteste per indebolire l’avversario e far nascere un’invasione. Ma Londra resistette in uno scontro clandestino che intrecciò macchinazioni, tradimenti momenti eroici e, a volte, di vera e propria farsa

AP Photo/Ajar Warlamov

Nelle prime ore del 1 gennaio 1928, i telegrafi fra Mosca e la delegazione sovietica a Teheran cominciarono a vibrare in modo convulso. Il ministro venne informato che due funzionari russi erano scomparsi in una battuta di caccia nel Turkestan meridionale e si temeva che avessero attraversato il confine con la Persia. Uno dei fuggitivi era al corrente dei più reconditi segreti del Cremlino e quindi per nessun motivo doveva cadere in mano britannica. I due uomini dovevano essere rintracciati subito e – su ordine personale di Stalin – uccisi. In qualunque modo.

Ormai, dopo aver eluso le guardie di frontiera sovietiche, i due russi, spaventati, avevano raggiunto un villaggio nel nord della Persia, non distante da dove il colonnello Bailey si era rifugiato otto anni prima. Qui chiesero asilo politico ad alcuni perplessi funzionari. Uno dei due disertori aveva particolari ragioni per temere la vendetta di Stalin. Era un giovane funzionario del Cremlino di nome Boris Bažanov, e non solo aveva prestato servizio come assistente personale di Stalin, ma gli era poi subentrato come segretario dell’onnipotente Politburo. Era quindi a conoscenza di segreti sovietici di importanza incalcolabile.

I funzionari dei servizi di sicurezza britannici in Persia vennero subito a sapere della defezione dei due uomini e altrettanto presto si organizzarono per prenderli sotto la loro protezione. Venne avvertita Delhi e si concordò che i due russi si recassero in India per un interrogatorio approfondito. Gli agenti segreti sovietici, però, spaventati dalla prospettiva di tradire le aspettative di Stalin, erano altrettanto determinati a fermarli.

Ne seguì un micidiale gioco a rimpiattino, nel quale i sovietici tentarono di fucilare, avvelenare e rapire i due compatrioti. Alla fine, dopo un viaggio da brivido attraverso la Persia orientale, a cavallo, in auto e con una carovana di cammelli, i due russi raggiunsero il rifugio di Shimla. Lì, a metà aprile 1928, vennero interrogati a lungo da Frederick Isemonger, il capo dei servizi segreti del governo indiano, e da due colleghi dei servizi di sicurezza militare, uno dei quali parlava fluentemente russo.

Non impiegarono molto a capire che Bažanov – che uno degli ufficiali britannici descrisse come una persona di «notevole formazione e intelligenza», che avrebbe fatto onore alla pubblica amministrazione di qualsiasi governo occidentale – era un colpo di fortuna inimmaginabile per i responsabili della sicurezza dell’India.

Pur non essendo un membro del Comintern, aveva una profonda conoscenza della strategia sovietica per l’intero pianeta. La rivoluzione mondiale, assicurò ai suoi inquisitori, era ancora il loro fine ultimo, mentre lo scopo immediato del Cremlino era l’Oriente.

L’impero britannico era percepito come il peggior ostacolo alle ambizioni sovietiche e la guerra fra le due potenze era considerata, in ultima analisi, inevitabile. La strategia immediata, tuttavia, mirava a indebolire la Gran Bretagna e il suo impero dall’interno, in modo da assicurarsi la vittoria in caso di guerra. Per ora, però, un conflitto andava evitato a tutti i costi, perché Mosca non aveva le risorse per sostenerlo. Nel frattempo, Bažanov disse che il Comintern stava conducendo una campagna di agitazione e sovversione nella quale i suoi agenti sarebbero stati «dietro a ogni sciopero» proclamato in India. Quando, alla fine, si fosse arrivati alla guerra con la Gran Bretagna e i suoi alleati, in Afghanistan e Persia, tradizionali vie di accesso all’India, sarebbero state orchestrate rivoluzioni a favore dei sovietici.

Questo fu il succo delle risposte del russo a chi lo interrogò. L’intera storia di questa prima, e importante, defezione sovietica (trovata fra i rapporti dei servizi segreti contemporanei) e dei tentativi fatti per uccidere quel disertore, dopo che Stalin aveva messo una taglia di 5 milioni di dollari sulla sua testa, è raccontata nel libro di Gordon Brook-Shepherd The Storm Petrels, dal quale ho recuperato la circostanza, mentre i documenti ufficiali, per qualche inspiegabile motivo, non sono più disponibili, nemmeno per i ricercatori.

L’accuratezza delle rivelazioni di Bažanov sulle strategie sovietiche in Persia, ironia della sorte, venne confermata di lì a poco proprio dalla persona inviata da Mosca a liquidarlo. Georgi Agabekov, l’agente incaricato delle operazioni clandestine sovietiche in Persia, che disertò diciotto mesi più tardi, dopo essersi disperatamente innamorato di una segretaria dell’ambasciata britannica al Cairo. Uno dei suoi compiti principali, disse, era preparare gli uomini delle tribù curde e bakhtiari ai loro ruoli nell’imminente guerra contro la Gran Bretagna. Avrebbero dovuto incalzare le retrovie britanniche e mettere fuori combattimento i loro campi d’aviazione, nonché i bacini petroliferi anglo-persiani. Agabekov rivendicò (prima che i sicari sovietici gli stroncassero la carriera) di aver organizzato, grazie alla corruzione, l’intercettazione di tutta la posta ufficiale britannica fra Teheran e Delhi. Addirittura mostrò come asportare, copiare, fondere e sostituire un sigillo, in modo che sembrasse intatto.

Il governo britannico non era più disposto a subire passivamente affronti di questo genere. E neanche il «Times», che sulle sue pagine dava sfogo alla repulsione nei confronti del bolscevismo, era di questo avviso. Il 15 febbraio 1929, sotto il titolo Rivoluzione in Oriente, pubblicò in primo piano un lungo monito sulle ambizioni di Mosca in India. Facendo riferimento a un articolo del giornale ufficiale sovietico «Novij Vostok», dichiarò: «Uno studio di questa rivista ci fa capire quale Paese il Comintern ha scelto per il prossimo attacco. Alcuni anni fa l’attenzione era perlopiù verso la Cina. Oggi il bersaglio principale è l’India».

da “Avanzando nell’Oriente in fiamme. Il sogno di Lenin di un impero in Asia”, di Robert Hopkirk, Mimesis, 2021, pagine 332, euro 26