ClimateersI primati ambientali di Wangari Mathaai

Nel terzo episodio del suo podcast, il giornalista Nicolas Lozito ripercorre la vita e le imprese della prima donna africana che ha vinto un premio nobel per una questione legata all’ambiente. La sua diversità è stata legare ai temi tradizionali dell’ecologia alla pace

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È una delle figure più importanti della storia dell’attivismo ambientale. Perché quando ha vinto il nobel per la pace nel 2004 è stata la prima donna africana a vincerlo, e la prima a vincerlo per una questione legata all’ambiente: le sue proteste, le sue opere, le sue campagne hanno allargato il concetto di Pace, includendo anche la giustizia climatica e ambientale.

Fondatrice del Green Belt Movement, un esperimento di democrazia dal basso che ha portato a piantare in Kenya e negli Stati africani limitrofi 51 milioni di alberi. Non con il solo scopo di ridurre inquinamento o cambiamento climatico, ma ogni albero è stato piantato dalle donne dei villaggi rurali, così che potessero goderne i frutti, essere protette dalla deforestazione, avere legname per scaldarsi e cucinare.

«Mathaai è stata arrestata, è stata presa in giro, è stata imbrogliata – ha  spiegato Lozito a Greenkiesta – Ha sofferto la colonizzazione inglese e poi il classismo della classe dirigente del Kenya indipendente. Nonostante però tutti i tentativi di fermarla, non ha mai smesso di dedicarsi alle donne, alla terra, agli alberi».

«Io credo – ha sottolineato il giornalista friulano – che la sua storia mostri come nei luoghi più di frontiera per quanto riguarda la crisi climatica, come i Paesi africani vittime di crescente siccità, la questione climatica e ambientale sia legata fortemente alle questioni sociali, politiche, economiche e di vita quotidiana. Noi occidentali ci possiamo permettere di considerare le cose separatamente, e possiamo pensare alle lotte per l’ambiente una sorta di privilegio, ma in quegli angoli di mondo salvare la Terra è una questione davvero vitale».

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