Una soap sovranistaIl pastorinho di via Bellerio, ovvero il taumaturgo Matteo Salvini

Il leader della Lega si è confermato, da Piazza Duomo a Milano alla Capelinha das Aparições di Fatima, il massimo rappresentante italiano del sovvertimento dei piani religioso e politico. E cioè dell’“eresia moderna” (Pio XI dixit). Da Linkiesta Magazine in edicola, in libreria o su Linkiesta Store

Stefano Cavicchi – LaPresse

Non c’è dubbio che il conservatorismo in seno alla Chiesa cattolica sia pienamente legittimo e coerente col vissuto di fede. «Il problema», come osserva il teologo gesuita Antonio Spadaro, «è quando il conservatorismo politico utilizza la religione per i propri interessi. A creare difficoltà non è dunque la posizione che un pastore o un fedele laico può esprimere su determinati temi ecclesiali, ma il mescolamento, che a volte può esserci, del piano politico e di quello religioso, dando così a Cesare quello che è di Dio». Mescolamento che, secondo lo spin doctor del Papa, si ha innanzitutto con «l’uso dei simboli religiosi per la propaganda politica».

In questa distorsione di fondo della bimillenaria religione si va a saldare quella più specifica di un sovranismo cattolico, l’una e l’altra accomunate dalla difesa di valori e radici cristiane quale antidoto per la salvaguardia della tradizionale civiltà occidentale. In realtà nulla di nuovo: è, mutatis mutandis, lo stesso sovvertimento dei piani religioso e politico (ma in ottica nazionalistica) che aveva portato Pio XI a condannare, il 29 dicembre 1926, l’Action française di Charles Maurras. È lo stesso sovvertimento o “eresia moderna”, per usare proprio le parole del pontefice brianzolo, di cui in Italia massimo rappresentante è Matteo Salvini, tutto vangelo, madonne e rosari.

Esemplificativo di ciò è il periodo che va dal 24 febbraio 2018 al 20 agosto 2019, giorno delle dimissioni in Senato di Giuseppe Conte da capo del governo giallo-verde. È in questi mesi che soprattutto emergono in un crescendo inarrestabile gli elementi mariano e visionario, ora disgiuntamente ora insieme, quali contrassegni di una specifica retorica salviniana. Quasi sempre attraverso l’eloquente utilizzo del rosario. Il gesto fatto il 24 febbraio 2018 in piazza Duomo a Milano, quando il segretario del Carroccio ne ha sventolato uno dicendo: «Non lo mollo più», sarebbe stato infatti ripetuto tante volte. A partire dal primo luglio successivo, quando, nella triplice veste di segretario di partito, ministro dell’Interno e vicepremier del governo Conte I, partecipava alla 28° edizione del raduno della Lega sul pratone di Pontida.

Salvini apparve allora come una sorta di taumaturgo italico dei nostri giorni, capace di unire sotto il cielo di Pontida uomini e donne del Nord a quelli e quelle del Sud e di operare il miracolo dell’oblio di decenni di insulti e minacce verso i terroni. Il tutto in un contesto quasi sacrale, dove la ritualità presuntivamente celtica, così cara a Umberto Bossi e alla prima Lega, era definitivamente soppiantata da quella presuntivamente cristiana. A suggello di una tale liturgia comiziale, come già successo in piazza Duomo, il giuramento di «applicare la Costituzione italiana, da molti ignorata, rispettando gli insegnamenti contenuti in questo sacro Vangelo». Parole scandite stringendo la medesima corona del rosario.

Sin da allora è apparsa sempre più chiara la volontà di riaffermare l’identità cattolica del Carroccio e la volontà di riaffermare un concetto di Chiesa cui guarda la Lega: quella preconciliare, quella in armi contro i nemici della fede. A cominciare da quei musulmani che, proprio tramite la recita del rosario come riteneva Pio V, furono battuti a Lepanto dalle armate cattoliche il 7 ottobre 1571. Il tema identitario delle radici dell’Italia e dell’Europa, così caro a Giovanni Paolo II, ne risultava però già enervato in un’ottica di scontro con l’Islam e strumentalizzazione di politiche tutt’altro che cristiane secondo vertici curiali e della Cei. E l’accusa di strumentalizzare Vangelo e simboli come il rosario è diventata sempre più insistente in parallelo con l’utilizzo massiccio fattone da Salvini. 

L’acme viene raggiunto nuovamente in piazza Duomo a Milano il 18 maggio 2019 – questa volta una settimana prima delle elezioni europee – con l’invocazione ai sei santi patroni d’Europa e l’affidamento collettivo dell’«Italia, della mia e della vostra vita al Cuore Immacolato di Maria che son sicuro ci porterà alla vittoria».

Parole, queste ultime, pronunciate con la corona del rosario nella mano destra. In quella piazza, dove non è mancato un accenno velatamente critico a Papa Francesco, fischiato dalla folla, Salvini ha dato prova di moderno cesaropapismo consacrando il Paese alla Madonna come i grandi monarchi del passato (nel 1638, ad esempio, Luigi XIII lo fece con la Francia), quando un tale atto è da tempo compiuto da pontefici o da vescovi. E agli stessi vertici gerarchici, che lo avevano rimproverato per quel rosario ostentato in pubblico, avrebbe mostrato di infischiarsene dei loro richiami baciandone uno durante la conferenza stampa del 29 maggio.

Il segretario del Carroccio si sarebbe addirittura spinto, il 20 agosto successivo, a portare il rosario alle labbra in Senato e a richiamarsi all’affidamento in piazza Duomo affermando: «La protezione del Cuore Immacolato di Maria per l’Italia la chiedo finché campo». 

Ma è soprattutto il lessico utilizzato il 18 maggio e il 20 agosto a essere rivelativo del pensiero salviniano. La menzione esplicita del Cuore Immacolato di Maria, cui ci si affida/consacra, rimanda infatti alle apparizioni di Fatima e al celebre segreto in tre parti. Ora, Fatima rappresenta il principale evento mariofanico del XX secolo, il cui ampio e discusso messaggio è il più politico tra quelli inerenti alle poche apparizioni approvate dalla Chiesa. Essa è anche l’espressione di quell’era delle moderne mariofanie, in cui, rispetto al passato, gli elementi profetico-apocalittico e politico sono preponderanti.

Inizio di quest’era, e riassuntiva di essa, sono le apparizioni a Caterina Labouré in Rue du Bac, a Parigi, il 27 novembre 1830. Poi nel 1846 La Salette, col grande segreto apocalittico e anti-orleanista di Mélanie Calvat; nel 1854 Lourdes, che si differenzia però pienamente dalle altre per il contenuto spirituale anche se è forte l’elemento del segreto rivelato alla veggente; nel 1871 Pontmain. Ma la serie di apparizioni apocalittiche e politicizzanti è così lunga e fitta da Rue du Bac in poi che c’è da smarrirsi.

Fra le più celebri del XX secolo emerge su tutte, come detto, Fatima con la sua forte profezia anticomunista sia pur, come nel caso di La Salette, resa nota ampiamente ex post. Ma si potrebbero ricordare, in questo coacervo asfissiante di mariofanie, Garababdal, Montichiari, Međugorje così a cuore a Salvini, S. Martino di Schio: queste ultime hanno tutte luogo nella seconda metà del XX secolo, continuano – alcune di loro – nel XXI e riflettono, sempre secondo la vecchia ottica ottocentesca, quelle che sono le preoccupazioni per le pericolose “innovazioni” contemporanee e per il sovvertimento del vecchio ordine di cose: la riforma conciliare, governi socialisti e progressisti, ateismo, battaglie per i diritti civili.

Non a caso, com’è successo per il passato, sono sempre politici e cattolici reazionari a farsi difensori di tali apparizioni e delle connesse rivelazioni. Apparizioni che, guarda caso, negli ultimi tempi presentano messaggi in difesa della famiglia “tradizionale” e a condanna di una Chiesa progressista nonché di governi “democratici”.

Non meraviglia dunque che Matteo Salvini, il cui sovranismo religioso si era fatto meno ostentato ed eclatante durante i primi mesi del governo Draghi (pur essendo i proclami sulle chiusure di Pasqua «non rispettose per gli italiani» o sul beato Rosario Livatino «eroe italiano» indicativi di una continuità nel modo di concepire il cattolicesimo), sia riapparso a parlare di radici cristiane dell’Europa/Italia e di consacrazione al Cuore Immacolato di Maria proprio a Fatima.

Nel celebre santuario della Cova da Iria il segretario del Carroccio si è infatti recato il 31 maggio scorso insieme con il nazionalista portoghese e presidente di Chega, André Ventura. E, grazie a un immancabile video postato quel giorno stesso su Facebook, l’abbiamo visto sostare in orazione davanti alla Capelinha das Aparições o accendere ceri, mentre scorrevano le note dell’Ave Maria di Gounod. Purtroppo, non erano scene di un matrimonio ma una nuova puntata della soap religiosa sovranista, questa volta intitolata “Il pastorinho di via Bellerio”.

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