Conversioni vaticane Il controverso rapporto tra la Chiesa e le terapie di riorientamento sessuale

La Congregazione per il Clero ha preso le distanze dalla piattaforma Verdad y Libertad, l’ente vicino al Vaticano nato per “curare” l’omosessualità. Dal dicastero però non è arrivato un vero divieto dei cosiddetti trattamenti e continuano ad essere pubblicati documenti episcopali a favore dei corsi “riparativi” per le persone gay

(AP Photo/Gregorio Borgia)

Benché relativa a un’informativa della Congregazione per il Clero comunicata durante l’Assemblea plenaria della Conferenza episcopale spagnola, la notizia di un freno del Vaticano alle “terapie di conversione gay” è stata data solo il 9 luglio dal settimanale cattolico Vida Nueva. Ed è subito deflagrata ovunque come una bomba, rilanciata anche in Italia dai grandi media che si sono limitati a riprendere pedissequamente la narrazione della rivista ispanica.

In realtà l’informativa finale del dicastero vaticano, licenziata dall’allora prefetto cardinale Beniamino Stella (il Papa ne ha accolto le dimissioni l’11 giugno scorso per raggiunti limiti di età) al termine di una lunga indagine condotta dall’episcopato spagnolo nell’aprile scorso, non contiene propriamente un divieto delle cosiddette terapie riparative o di riorientamento sessuale.

Ma una presa di distanza dalla piattaforma Verdad y Libertad, più conosciuta con l’acronimo VYL, fondata tra la fine del 2012 e gli inizi del 2013 dal pediatra granadino Miguel Ángel Sánchez Cordón come un percorso psico-spirituale per persone con problemi relazionali per lo più correlati a traumi infantili. Tra tali problemi, presentati come «ferite da curare» attraverso terapia, Verdad y Libertad ha sempre riservato particolare attenzione all’«attrazione per lo stesso sesso» sulla scorta dell’esperienza del suo ideatore, che nel 2012, all’epoca cinquantacinquenne, aveva dichiarato di essere guarito dall’omosessualità e di aver scoperto l’eterosessualità.

Legato al Movimento dei Focolari e operante in tre continenti e in decine di Paesi come «laico impegnato al servizio della Chiesa» – così lo presentava nel 2016 la diocesi di Jaén sul suo sito ufficiale –, Sánchez Cordón è stato tenuto in considerazione da vescovi, superiori di seminari e congregazioni religiose, parroci. In Italia, ad esempio, il percorso psico-spirituale da lui proposto ha trovato un entusiasta sostenitore in Daniele Libanori, vescovo ausiliare di Roma per il Settore Centro.

Ma qualcosa era iniziato a scricchiolare circa due anni fa con accuse provenienti da laici e chierici spagnoli che, indotti a “curare” la propria omosessualità, sarebbero arrivati a Verdad y Libertad attraverso il passaparola di compagni, direttori spirituali e psicologi in linea con la piattaforma.

A fare da detonatore la testimonianza di un giovane di Granada, che il 9 giugno 2019, nel corso del programma televisivo Liarla Pardo sul canale La Sexta, aveva raccontato di aver partecipato, quando aveva 18 anni, a sedute di terapie individuali o di gruppo guidate da Sánchez Cordón. Durante gli incontri personali, incentrati sull’infanzia dell’assistito, il pediatra lo avrebbe costretto a spogliarsi davanti a lui.

Modalità, questa, attuata anche nelle terapie di gruppo o di sostegno, nel corso delle quali altri uomini tra i 20 e i 30 anni sarebbero stati spinti a denudarsi, interagire e abbracciarsi al fine di controllare e superare il desiderio sessuale. Nella stessa intervista il giovane aveva anche dichiarato che, alla fine del percorso, Sánchez Cordón gli avrebbe consigliato di rivolgersi a uno psichiatra di sua fiducia e di farsi prescrivere dei farmaci.

Dopo oltre due anni d’indagine l’informativa finale della Congregazione per il Clero, di cui in ogni caso non è stato diffuso il testo, si limita a dichiarare che Verdad y Libertad non è un ente ecclesiale e a invitare l’episcopato spagnolo a non assecondare, né partecipare, né raccomandare il percorso terapeutico promosso dalla piattaforma. Da qui la conseguente impossibilità di un procedimento canonico ma l’appello a chi si considera danneggiato da VYL a sporgere denuncia civile.

Secondo il gesuita Pino Piva la «notizia è in sé interessante, anche se a memoria non ricordo che la Chiesa abbia mai promosso ufficialmente tali terapie. Certo, lo zelo eccessivo e pregiudiziale di alcuni vescovi ha di fatto appoggiato e favorito alcune persone e organizzazioni che, spacciandosi per esperti, hanno praticato su persone in buona fede queste pseudo-terapie, ingannandole e purtroppo minando gravemente il loro equilibrio psichico e morale. Di frequente queste persone sono seminaristi, sacerdoti, religiosi e religiose. Questo è il motivo, credo, per cui la Congregazione per il Clero ha ritenuto di intervenire con chiarezza in questo caso specifico».

Come dichiara ancora a Linkiesta il religioso della Compagnia, impegnato in percorsi di accompagnamento pastorale di persone Lgbt+, «il problema di questo e di altri gruppi è che si presentano con una forte identità confessionale cristiana, affermando di poter guarire la “patologia” dell’omosessualità, non riconoscendo l’autorevolezza della comunità scientifica internazionale che ormai da più di trent’anni non considera più l’orientamento omosessuale come patologico. Questi gruppi, oltre ad avere una forte caratterizzazione confessionale, sono fondati e costituiti da persone che affermano d’esser guariti loro stessi dall’omosessualità – come nel caso del fondatore di Verdad y Libertad – e questo rende molto ideologico il loro approccio alla questione. Sono persone che mostrano d’avere ancora dei problemi con sé stessi e la loro storia, coinvolgendo in questo loro conflitto interno altre persone, manipolandole». 

In realtà non sono mancati anche ultimamente documenti episcopali a favore delle terapie riparative. Basti pensare allo Stanowisko della Conferenza episcopale polacca, che, approvato il 28 agosto 2020, sostiene la necessità di «creare centri di consulenza (anche con l’aiuto della Chiesa o delle sue strutture) per aiutare le persone che vogliono ritrovare la propria salute sessuale e orientamento sessuale naturale»

Ma non solo, perché, come ricorda lo stesso padre Piva al nostro giornale, «c’è un documento vaticano che, esulando dall’ambito spirituale e morale, si è spinto in un giudizio di carattere psico-sociale su queste questioni senza alcun fondamento scientifico. Si tratta dell’Istruzione circa i criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali in vista della loro ammissione al Seminario e agli ordini sacri della Congregazione per l’Educazione cattolica del novembre 2005, ripresa dalla Ratio sulla formazione dei Seminari. In quella Istruzione la Congregazione si espresse con questo giudizio verso le persone che presentano tendenze omosessuali profondamente radicate: “Le suddette persone si trovano, infatti, in una situazione che ostacola gravemente un corretto relazionarsi con uomini e donne” (n. 199), ordinandone l’esclusione dai Seminari. Sappiamo che questo giudizio, non di carattere spirituale o morale ma psico-sociale, fu ispirato dal noto sacerdote psicanalista mons. Tony Anatrella, consultore di varie Congregazioni vaticane. Lui stesso commentò proprio questa Istruzione vaticana su L’Osservatore Romano del 30 Novembre 2005, giustificando quella affermazione. Ora è sospeso a divinis e sotto processo canonico per aver abusato sessualmente di alcuni suoi giovani pazienti seminaristi».

Il processo canonico a carico di Anatrella è iniziato nel giugno scorso. Ma già dal luglio 2018 l’arcivescovo di Parigi Michel Aupetit gli aveva vietato di svolgere incarichi pastorali, confessare e dirigere spiritualmente i fedeli, esercitare l’attività di psicoterapeuta come già disposto dal cardinale André Vingt-Trois.

Classe 1941, lo psicologo della Chiesa, soprannome con cui è conosciuto in Francia Tony Anatrella, è infatti accusato d’aver abusato sessualmente di giovani uomini nel corso di sedute volte alla guarigione degli stessi dall’omosessualità secondo il metodo delle terapie riparative di Joseph Nicolosi. Ma il tutto si sarebbe tradotto in palpeggiamenti e induzione alla masturbazione reciproca. 

Il caso era scoppiato con le accuse di Denise Lemarca e altre, anonime, nel 2006, senza però alcuna presa di posizione da parte delle autorità ecclesiastiche. Ma non venendo meno tali voci, il cardinale André Vingt-Trois si era visto costretto, nel maggio 2016, a intervenire suo malgrado con l’incoraggiare «queste persone ad uscire fuori dall’anonimato, a mettersi in contatto personalmente con la diocesi di Parigi e presentare denuncia alla giustizia». 

Cosa che fu fatta da più soggetti al punto tale che lo stesso porporato non si era potuto poi esimere dal ritenere oramai improrogabile l’apertura d’un processo canonico a carico di Anatrella. Un’inchiesta, questa, durata fino al 19 marzo 2018 e conclusasi con le accennate sanzioni irrogate allo psicologo della Chiesa da parte dell’arcivescovo di Parigi.

La dura presa di posizione del presule aveva suscitato tre anni fa un clamore enorme. Già consultore degli allora Pontificio Consiglio per la Famiglia e Pontificio Consiglio della Pastorale per gli operatori sanitari, Anatrella è infatti noto per le sue posizioni di aperta condanna dell’omosessualità, ritenuta «immaturità narcisistica» da curare.

Aperto sostenitore de Le Manif pour tous, Anatrella si è impegnato, a partire dagli anni ’90, nell’avversare sui media i diritti delle persone Lgbt+ e nell’allertare la pubblica opinione sulle rivendicazioni delle stesse a favore del matrimonio egualitario e del riconoscimento genitoriale. Il 14 giugno 2004 era arrivato il primo riconoscimento d’Oltretevere con la nomina a Cappellano di Sua Santità da parte di Giovanni Paolo II.

Ispiratore dell’accennata Istruzione della Congregazione per l’Educazione cattolica, è stato a partire dal 2005 uno dei collaboratori di punta de L’Osservatore Romano e a apprezzata firma de L’Avvenire. Il congiunto interesse per l’ideologia gender, quale filiazione diretta dei gender studies e «pericolo per l’Occidente paragonabile ai totalitarismi del Novecento», lo avevano accreditato agli occhi delle gerarchie vaticane come il massimo esperto di quella che a Oltretevere amano chiamare «politicizzazione e ideologizzazione dell’omosessualità».

Tesi, queste, che Anatrella ha esplicitato nei volumi Gender, la controverse (Téqui, Parigi 2011) e in Mariage en tous genre. Chronique d’une régression culturelle annoncée (L’échelle de Jacob, Digione 2014), la cui sintesi italiana è stata edita nel 2015 dalla San Paolo col titolo La teoria del gender e l’origine dell’omosessualità. Una sfida culturale. Non a caso è stato uno dei «collaboratori del Segretario speciale» in preparazione e nel corso del Sinodo dei vescovi sulla Famiglia che, convocato e presieduto da papa Francesco nei giorni 9-15 ottobre 2014, ha visto un acceso dibattito su tali tematiche.

Non meraviglia, dunque, se ancora nel 2016 il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, a conclusione del convegno Il celibato sacerdotale, un cammino di libertà presso la Pontificia Università Gregoriana, non si esimeva dal ringraziare «monsignor Tony Anatrella, psicanalista, specialista in psichiatria sociale, consultore e collaboratore di vari dicasteri della Curia romana, anche lui ideatore e organizzatore dell’iniziativa».

Ma tutto ciò sarebbe forse indicativo di ben altro. Secondo il domenicano Philippe Lefebvre, professore alla Facoltà di teologia di Friburgo, Tony Anatrella, infatti, «è stato coperto da un potente silenzio, da un’omertà organizzata». Ma questa è tutta un’altra storia.

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