Into the woodsLa Svezia ha un problema con le sue foreste che mette a rischio il governo

Dopo la pubblicazione della Forest Strategy da parte dell’Ue, il Paese scandinavo è in subbuglio. Sul piano che mira a tutelare la biodiversità, a proteggere i polmoni verdi dal disboscamento e a limitare l’uso per l’energia, si accende uno scontro che vede da una parte ambientalisti e Verdi e dall’altra gli agrari del Partito di Centro e i taglialegna

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Ambientalisti e Verdi contro gli agrari del Partito di Centro e i taglialegna.

I due fronti sono pronti allo scontro e, no, non siamo in Brasile, ma in Svezia. La nazione scandinava, ricoperta per due terzi da alberi, è in subbuglio dopo la pubblicazione della Forest Strategy da parte dell’Unione europea.

Il piano, che mira a tutelare la biodiversità, a proteggere le foreste dal disboscamento e a limitare l’uso per l’energia, non è vincolante, ma i centristi e i taglialegna hanno fiutato possibili problemi e temono per il futuro dell’industria. La Svezia è la terza maggiore esportatrice di pasta di legno e carta e il settore dà lavoro a oltre 120mila persone.

I Verdi, invece, sostengono Bruxelles e vorrebbero fare di più. Il problema è che Verdi e Partito di Centro convivono nel governo guidato da Stefan Löfven, che ora rischia di cadere. Bisognerà dunque trovare un compromesso accettabile.

Il Partito di Centro è schierato su posizioni europeiste e favorevoli all’immigrazione e ha due obiettivi fondamentali. Il primo è l’integrazione degli immigrati, dei giovani e dei disoccupati nel mercato del lavoro. Il secondo è la protezione del clima con una ricerca della sostenibilità da raggiungere attraverso l’innovazione tecnica nel quadro del libero mercato. La sfida principale del Partito di Centro è quella di creare crescita attraverso l’ecologia e, per farlo,  ritiene necessario offrire alle persone la possibilità di uscire dalla povertà seguendo la propria strada. La libertà di impresa, secondo il Partito di Centro, è necessaria per lo sviluppo di tecnologie verdi che possano porre rimedio alle conseguenze dell’inquinamento e del cambiamento climatico.

I Verdi, che nelle ultime elezioni nazionali (nel 2018) hanno ottenuto il 4,3 per cento dei voti, sono stati decisivi per la formazione del governo nato nel gennaio del 2019 dopo mesi di trattative. Poi, alle elezioni europee del maggio 2019, hanno superato l’11 per cento dei consensi e in quell’occasione il cambiamento climatico aveva giocato un ruolo chiave nella competizione elettorale.

La torrida estate svedese del 2018 e i conseguenti incendi delle foreste avevano dato una forte preminenza al riscaldamento globale.

Ogni anno circa l’1 per cento delle foreste svedesi, secondo quanto riferito dalla Swedish Forest Industries, viene tagliato e ciò avviene prevalentemente nel Nord del Paese. La Svezia ha perso 48mila chilometri quadrati di copertura dal 2000 a oggi, una superficie più estesa di quella della Danimarca. Nelle zone disboscate vengono piantati nuovi alberi, nello specifico monocolture, che saranno poi rimossi nei successivi 60-80 anni. Intanto, più del 70 per cento delle foreste di licheni sono scomparse negli ultimi sei decenni e questo ha un grande impatto sulla vita dei Sami, una minoranza etnica che vive nella Svezia settentrionale. La loro cultura e il loro stile di vita sono strettamente legati alle renne, che hanno bisogno dei licheni per sopravvivere. Ventinove distretti Sami hanno lanciato l’allarme nel novembre 2020 riferendo che i pascoli sono minacciati.

Le condizioni della foresta boreale in Svezia sono peggiorate drammaticamente nel corso degli ultimi 150 anni. Il numero di alberi è diminuito sino agli anni Cinquanta a causa del disboscamento sempre più intensivo. La Svezia del Nord era poco popolata prima dell’inizio del Diciannovesimo secolo e solo in seguito, a causa di una colonizzazione basata su attività agrarie, ebbe inizio lo sfruttamento su larga scala della foresta vergine. Le prime foreste a essere colpite furono quelle vicine alla costa del golfo di Botnia e, in un secondo momento, toccò a quelle situate nell’interno. Tra il 1850 e il 1950 quasi tutte le foreste della Svezia settentrionale vennero sfruttate con ovvie conseguenze sugli alberi. In due aree, ad esempio, il volume di alberi presenti era del 25 e 40 per cento inferiore negli anni Novanta rispetto a quello di 120 anni prima, quando lo sfruttamento non era ancora iniziato.

Il biologo Hasse Berglund, impiegato presso l’agenzia di protezione ambientale svedese Naturvårdsverket, ritiene che la legge forestale sia troppo lassista e il mercato troppo liberale. Si tratta di due fattori che rendono la situazione poco promettente. Il governo vuole interferire il meno possibile nella competizione e il risultato è che l’industria della selvicoltura intensiva è poco regolata. La creazione di riserve naturali, ricorda Berglund, è una procedura costosa dato che buona parte della foresta è di proprietà privata e i proprietari dovrebbero essere compensati qualora si percorresse questa strada.

C’è, poi, la questione dei Sami. L’agenzia forestale Skogsstyrelsen dovrebbe aiutarli a mantenere e sviluppare la loro cultura dell’allevamento delle renne ma ci sono anche le carenze di Stoccolma, che non ha ratificato la convenzione sui diritti dei popoli indigeni.

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