La vittoria di Draghi sul green pass Contro il populismo non serve l’approccio montessoriano

La disfatta di Salvini (ma anche il caso francese) è anzitutto una vittoria della ragione, come non si vedeva da quel terribile 2016 in cui il trauma della Brexit e l’ascesa di Trump sembravano aver messo razionalità e responsabilità al bando dalla politica occidentale

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La disfatta dei populisti e in particolare di Matteo Salvini, che nella battaglia sul green pass si è visto improvvisamente isolato, scaricato dal suo stesso partito e infine costretto ad accodarsi, non è soltanto una vittoria di Mario Draghi e di tutti coloro che su questa linea lo hanno sostenuto sin dall’inizio con coraggio e coerenza (definizione che evidentemente esclude i non pochi che nella maggioranza lo hanno sostenuto per viltà e opportunismo, tra cento distinguo e mille ambiguità). È anzitutto una vittoria della ragione, come non si vedeva, se non proprio dal Settecento, almeno da quel terribile 2016 in cui il trauma della Brexit in Europa e l’ascesa di Donald Trump negli Stati Uniti sembravano aver messo razionalità e responsabilità al bando dalla politica occidentale (insieme con il principio di non contraddizione).

Chi avrebbe mai immaginato, anche solo pochi giorni fa, che il governo italiano avrebbe potuto applicare la certificazione vaccinale in una delle forme più radicali rispetto al resto d’Europa e del mondo, e che lo avrebbe fatto con un voto unanime del Consiglio dei ministri, Lega compresa?

In questo insperato trionfo c’è forse anche una lezione politica più generale, che sembra confermata dal successo ottenuto sullo stesso terreno da Emmanuel Macron in Francia, dove ancora a dicembre del 2020 il 56 per cento dei cittadini – ripeto: il 56 per cento – si diceva intenzionato a non vaccinarsi, e dove l’estrema destra populista di Marine Le Pen sembrava pronta ad approfittarne, riposizionandosi anche lei sulla frontiera di una paradossale crociata contro la «dittatura sanitaria» e in difesa della «libertà individuale».

La partita sembrava segnata, e invece, con la scelta di imporre il green pass all’inizio dell’estate, incurante di proteste e sondaggi sfavorevoli, Macron ha rovesciato non solo gli indici di contagio e i dati sulle vaccinazioni (su cui la Francia è passata in pochi mesi dalla coda alla testa della classifica mondiale), ma anche le rilevazioni demoscopiche sull’opinione dei francesi circa la sua strategia.

Se aggiungiamo a questi esempi l’esito delle ultime elezioni presidenziali negli Stati Uniti, dove in pochi, se non vi fosse stato il covid e la folle gestione dell’emergenza da parte di Trump, avrebbero scommesso su una vittoria di Joe Biden, pare proprio di potere individuare una tendenza generale, e anche un’utile lezione per il futuro.

La tendenza sembra dire che il covid, mettendo tutti di fronte alle conseguenze di scelte irrazionali e irresponsabili, con una immediatezza e una drammaticità sconosciute alle normali controversie politiche, rappresenta il terreno più sfavorevole per il populismo. Brutalmente, potremmo concluderne che la tragica evidenza dei morti fornisce una confutazione più forte di tutte le fake news e le teorie cospirazioniste agitate dai no vax.

La lezione dunque è che, contrariamente a quanto sostenuto da tanti intellettuali e giornalisti di chiara fama, per battere il populismo su questo terreno non serve nessun atteggiamento comprensivo e inclusivo (nei confronti dei propalatori di pericolose assurdità e dei loro complici politici, s’intende, non certo dei tanti cittadini legittimamente impauriti e disorientati, che ne sono semmai le prime vittime).

Al contrario, l’approccio montessoriano ai capricci di Salvini o alle analoghe e non meno gravi richieste dei sindacati (come quella di pagare tutti noi, come contribuenti, i tamponi ai no vax), chissà dove ci avrebbero portato. La scelta di tenere duro e andare avanti, compiuta da Draghi, ha portato invece alla disfatta di Salvini e della sua campagna irresponsabile.

È una lezione di cui le forze progressiste di tutto il mondo farebbero bene a prendere nota, almeno per l’immediato futuro.

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