Da un lato il convegno organizzato ieri in Senato dalla Lega, invitando a parlare chi sostiene che il Covid possa essere curato benissimo con questo o quel preparato, di cui ospedali e medici disporrebbero anche se non lo dicono – lasciando dunque morire migliaia di persone, par di capire, per oscuri interessi – e pazienza se la sanità è regionale e una delle regioni più colpite dal virus è stata proprio la Lombardia a guida leghista. Dall’altro la dura battaglia di Simone Pillon contro i Griffin, in particolare per una puntata di quello che il senatore leghista definisce il «cartone blasfemo». Puntata che qualche giorno fa è costata una multa da 60mila euro alla Walt Disney company da parte di Agcom – indovinate su segnalazione di chi – in quanto il messaggio sarebbe stato giudicato «nocivo per i minori».
Le dimostrazioni della grottesca inadeguatezza e della pericolosa irresponsabilità della destra italiana sono ormai così frequenti e numerose che non ci sarebbe motivo di occuparsi né della prima né della seconda notizia. Se non fosse per quei fini intellettuali e raffinati maestri di liberalismo secondo i quali ormai sarebbe proprio la destra, in Italia, a difendere la libertà di espressione (che immagino comprenda la libertà di propagandare cure farlocche per malattie gravissime, e tanto peggio per chi ci casca). Se non fosse per tutti quei singolari seguaci di Karl Popper convinti che la principale minaccia alla società aperta, nell’Italia di oggi, venga dalla sinistra, dalla legge Zan, dal politicamente corretto e da chiunque si permetta di criticare l’uso massiccio di mezzi di comunicazione e social network per alimentare pregiudizi e istigare all’odio.
Si potrebbero fare in proposito molti esempi, ma penso sia sufficiente la sintesi offerta da Pillon, nel dare notizia di quella che giustamente considera una sua personale vittoria. Questo il suo educativo commento: «Alla Walt Disney, dopo il cartone blasfemo e la fatina LGBT di Cenerentola è rimasto ben poco dello spirito e dei valori del fondatore ma forse, a furia di multe capiranno cosa vuol dire rispetto».
Tralasciamo pure il riferimento ai valori e allo spirito del fondatore, a lungo accusato di antisemitismo (in fondo è sempre stata questione relativamente controversa, e scagli la prima pietra chi non avrebbe voluto incontrare Lefi Riefenstahl negli anni trenta, o non avrebbe potuto ritrarre il lupo cattivo con le fattezze tipiche dell’ebreo nelle caricature naziste). Ma l’idea che vi sia qualcosa da stigmatizzare – e magari anche da multare – in una «fatina LGBT» va ben al di là delle solite sparate cui siamo purtroppo abituati. Fa pensare piuttosto alle leggi ungheresi contro la comunità LGBT, volute da quel punto di riferimento fortissimo di tutti i sovranisti che risponde al nome di Viktor Orbán. Leggi per le quali è aperta una procedura in Europa per violazione dello stato di diritto (per non parlare degli elogi dello stesso Pillon alla nuova legge texana sull’aborto, quella sì davvero liberticida).
Prima di unirsi a simili compagni di strada nella crociata contro la legge Zan, la «dittatura del politicamente corretto» e la «dittatura sanitaria», certi liberali farebbero bene a darsi una svegliata e a guardarsi un po’ intorno.