La città che saleLa Milano di oggi nasce dalla rivoluzione immobiliare degli anni Dieci

Dopo il dissesto che aveva colpito il sistema finanziario nei periodi precedenti, generando uno squilibrio insolito, si diffonde la necessità di una reinvenzione e un riavvio della macchina. Come spiega Antonio Talia nel suo ultimo libro (pubblicato da Minimum Fax), l’occasione sarà Expo e l’arrivo degli investimenti stranieri

Carlo Cozzoli - LaPresse

Il disegno di riportare in superficie i fiumi occulti naufraga tra ingordigia e corruzione, ma questo non significa che altri progetti capaci di cambiare le traiettorie della città siano falliti.

Tutt’altro.

Viale della Liberazione è una delle vie a scorrimento più intenso di Milano e allo stesso tempo rimane avvolta nell’anonimato; per tutti è solo la strada di passaggio tra piazza della Repubblica e la zona della Stazione Centrale da un lato e la collina fiorita su cui incombono il Bosco Verticale e le smaglianti vetrate di piazza Gae Aulenti dall’altro. Automobilisti in coda, pedoni ai semafori e ragazzi in skateboard esitano davanti alla maestosa Torre Diamante di Bnp Paribas e alla sopraelevata che punta dritta come una freccia verso la Torre Unicredit, ma nessun milanese chiama mai il viale con il suo vero nome, a testimoniare che i punti di riferimento per le indicazioni stradali sono cambiati nel giro di una decina d’anni.

Eppure, i passanti che si ritrovano su viale della Liberazione nel tardo pomeriggio del 31 marzo 2017 assistono a uno spettacolo singolare. Il grande schermo sulla sommità del palazzo Samsung – stretto tra la Torre Diamante e Hsbc Bank – va in cortocircuito, trasmettendo per ore sempre la stessa schermata a lettere bianche su sfondo azzurrino: A problem has been detected and Windows has been shut down to your computer. The system encountered an uncorrectable software error.

«Mi sa che devono riavviare il sistema», scherza una trentenne con il fidanzato prima di allontanarsi verso la sopraelevata, e mentre rimango a osservare lo schermo penso che, in realtà, il sistema-Milano è stato già riavviato da diversi anni, e i massicci cambiamenti dell’hardware urbanistico hanno modificato anche il software umano.

Viale della Liberazione è il luogo perfetto per comprendere la portata e la profondità del riavvio: la collina su cui oggi svetta la Torre Diamante ospitava le Varesine, un lunapark passato dalle luci festose degli anni Sessanta ai moncherini delle montagne russe che si sono stagliati su uno sfondo di pratoni incolti fino alla fine degli anni Novanta. È un terreno sul quale si è sedimentata una parte della storia della città: analizzandolo si possono ricostruire cambiamenti nei rapporti di potere e nella geografia dei flussi di denaro che da Milano influiscono su tutta l’Italia, un po’ come succede agli archeologi, che riescono a ricostruire le origini di un reperto attraverso la tecnica del carbonio 14.

Agli inizi degli anni Dieci la Milano che vuole reinventarsi è in debito di ossigeno a causa di eventi iniziati nel decennio precedente.

Il paesaggio finanziario italiano ha subito diverse scosse sismiche, dimostrando di poggiare su provincialismi, fondamenta in consistenti e terreni limacciosi. Nell’estate del 2005 scoppia lo scandalo delle scalate agli istituti di credito, scatenatosi nel momento in cui il governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio ha incoronato a cavaliere dell’italianità delle banche lo sconosciuto Gianpiero Fiorani da Codogno, amministratore della Banca Popolare di Lodi, che dalla provincia lombarda deve mettersi l’elmo e usare armi come l’aggiotaggio, il falso in bilancio e l’aumento spropositato delle commissioni ai danni di contisti ignari per combattere gli olandesi di Abn Amro nella guerra per l’acquisizione di Antonveneta.

Fiorani e Fazio finiranno entrambi tra condanne e patteggiamenti e gli olandesi conquisteranno Antonveneta, così come i francesi di Bnp Paribas scaleranno Bnl nonostante un tentativo parallelo di chiusura dei confini italiani a opera di quella autentica corte dei miracoli passata alle cronache come «I furbetti del quartierino», formata da immobiliaristi come Stefano Ricucci e Danilo Coppola. Fazio, Ricucci, Coppola e altri nove imputati saranno assolti dalle accuse nel maggio 2012, ma ormai il sistema delle banche è saltato e – soprattutto – nell’estate del 2011 è scoppiata la crisi del debito europeo, onda lunga della crisi dei mutui subprime americani, che a Milano si abbatte su un centro di potere inespugnabile da decenni e su un figlio adottivo protagonista da sempre della vita economica della città: il «salotto buono» Mediobanca e l’immobiliarista Salvatore Ligresti.

Meno di due anni prima, il 20 ottobre 2010, il sindaco Letizia Moratti e il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni tornavano raggianti da Parigi per annunciare la vittoria di Milano su Smirne nella corsa per Expo, viaggiando a bordo di un aereo privato graziosamente offerto proprio da Salvatore Ligresti: una circostanza che per alcuni era frutto della coincidenza con uno sciopero parigino, ma per altri poneva il sigillo del gruppo Ligresti sul rinnovamento cittadino in vista dell’Esposizione Universale.

Adesso, nel giugno 2012, la Premafin (holding dell’impero Ligresti) è sull’orlo di una bancarotta capace di trascinare a fondo anche Mediobanca – esposta con la famiglia per miliardi – e se vuole sopravvivere deve essere inglobata da Unipol, gruppo assicurativo legato alle coop rosse.

Banche nazionali con i nervi a fior di pelle a causa di decisioni azzardate, canali preferenziali concessi sempre alle stesse facce e crisi del debito europeo. Immobiliaristi del gotha nazionale improvvisamente a rischio fallimento.

Palazzo Chigi che dopo la ritirata di Silvio Berlusconi e le pressioni dell’Unione europea non fornisce più coperture.

Mancano solo tre anni all’Expo, Milano ambisce a entrare nella cerchia ristretta delle città europee di fascia alta, andandosela a giocare con Berlino e sognando neanche troppo segretamente Londra e Parigi, ma i cantieri milanesi si ritrovano al centro di una tempesta capace di mettere a repentaglio l’Esposizione Universale, i disegni di rilancio e – in definitiva – la credibilità dell’Italia.

I 750 milioni di euro ottenuti dalla transazione sui derivati-burla di Jp Morgan, Depfa Bank, Ubs e Deutsche Bank non sono neanche lontanamente sufficienti a sostenere un progetto come Expo, e comunque saranno rateizzati nell’arco di due decenni. È in questi anni cruciali in cui il sistema scricchiola che maturano definitivamente tendenze in atto da tempo, e Milano si apre all’avvento di investitori immobiliari stranieri.

Porta Nuova, il colossale progetto di cui fanno parte la Torre Diamante, il Bosco Verticale, la Torre Unicredit e tutti gli altri grattacieli di quello che per un periodo è il cantiere più grande d’Europa, è in preparazione dal 2004 in una joint-venture con gli americani di Hines – una delle maggiori società immobiliari del pianeta – e una quota del 18% è controllata dai Ligresti; pochi mesi prima dell’inizio di Expo il fondo sovrano qatariota Qatar Investment Authority – che deteneva già il 40% del progetto – acquisisce il 60% mancante dagli altri investitori.

Le Tre Torri di CityLife, il complesso in zona Portello disegnato dagli architetti Arata Isozaki, Daniel Libeskind e Zaha Hadid – anche questo in preparazione dal 2004 – è controllato da Generali, il più grande gruppo assicurativo italiano, ma i tedeschi di Allianz si assicurano una quota.

Porta Vittoria, un’area di riqualificazione da 139.000 metri quadrati nella zona ovest della città, è finita nel mirino di Danilo Coppola, ma dopo il fallimento dell’immobiliarista viene rilevata da Prelios Sgr, ossia l’ex ramo immobiliare di Pirelli, controllata dal colosso di stato di Pechino ChemChina. Nel 2017 Prelios viene a sua volta acquisita da Burlington Loan Management, un veicolo d’investimento irlandese di proprietà dell’hedge fund newyorkese Davidson Kempner Capital Management.

Sofaz, il fondo sovrano dell’Azerbaigian, si assicura per un periodo il controllo di Palazzo Turati, storico edificio neorinascimentale piantato nel centro della città, per poi rivenderlo qualche anno dopo agli americani.

La città viene pervasa da un cambio di paradigma radicale, che si riverbera non solo sulla vita quotidiana dei milanesi – con cantieri che rallentano il traffico, nuovi spazi condivisi da sfruttare a lavori ultimati, un orizzonte metropolitano finalmente allineato con altre città globali – ma anche sul loro panorama mentale. Mentre i costi degli affitti e i prezzi degli immobili crescono a rotta di collo, gli editorialisti di destra si lamentano per la calata dei barbari che ha soppiantato il capitalismo italiano, e i gruppi antagonisti moltiplicano le manifestazioni per il diritto alla casa in quartieri complicati come Gratosoglio, Giambellino e San Siro.

Milano, intanto, entra definitivamente nell’età della finanziarizzazione delle strutture immobiliari: un’era in cui le forze capaci di forgiare la metropoli non hanno più il volto arrogante di Salvatore Ligresti, il ciuffo di Danilo Coppola o la parlata di Stefano Ricucci, ma si manifestano impalpabili, come un click per ordinare la cena su Glovo.

da “Milano sotto Milano. Viaggio nell’economia sommersa di una metropoli”, di Antonio Talia, Minimum Fax, 2021, pagine 256, euro 18

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