Il viavai è quello abituale nei corridoi del Parlamento europeo di Strasburgo, solo gli sguardi sono un po’ più spaesati e gli abiti meno formali del solito. Al posto di eurodeputati e commissari, nell’ultimo fine settimana è toccato a 200 cittadini comuni discutere dei problemi e delle sfide dell’Unione europea. È il primo dei Citizens’ Panel, gli incontri che rappresentano la parte più innovativa della Conferenza sul Futuro dell’Europa: l’evento, lungo un anno, punta ad arricchire il dibattito comunitario tramite un processo di democrazia inclusiva.
I partecipanti invitati all’Eurocamera sono estratti a sorte e, a loro volta, hanno selezionato venti delegati, che prenderanno parte alla Plenaria della Conferenza sul Futuro dell’Europa insieme agli esponenti politici comunitari e dei 27 Paesi membri. Da questa plenaria, prevista in cinque sessioni fino alla primavera 2022, dovrebbe nascere il cambiamento concreto: verranno elaborate delle conclusioni che le istituzioni comunitarie si sono impegnate a tenere in considerazione.
La sorpresa dei partecipanti
«Quando ho ricevuto la chiamata pensavo a un sondaggio, o qualcosa del genere», dice a Linkiesta Marco, studente universitario di Economia di Pesaro che rientra nella quota dei membri italiani. Come lui, in molti hanno inizialmente credevano si trattasse di uno scherzo, o peggio, di una truffa. Per comporre il campione è stato adottato dalla società Kantar un criterio rappresentativo di nazionalità, genere, condizioni socio-economiche ed età, con un occhio di riguardo per i giovani: un terzo del totale dei partecipanti ha fra 16 e 24 anni. La sorpresa iniziale ha lasciato spazio all’entusiasmo per un evento che definisce interessante e costruttivo. «Mi sembra una bella opportunità, a me piace molto informarmi sull’attualità e sulla politica». Le impressioni sono positive anche per altri partecipanti, soprattutto i ragazzi, generalmente contenti di trovarsi in un ambiente internazionale e propensi a dire la propria sui temi all’ordine del giorno. «Ho notato un grandissimo senso di comunità, anche se veniamo tutti da posti e situazioni diverse», afferma Thomas, studente liceale accompagnato dalla madre all’evento.
Certo il contesto aiuta molto, con gli organizzatori che hanno incluso nell’agenda anche qualche evento collaterale, della cena in centro città alla visita alla cattedrale di Strasburgo. Gli invitati hanno raggiunto la città francese con aerei, treni e bus prenotati dalle istituzioni europee, che provvedono anche all’alloggio per quattro giorni e forniscono a ciascuno di loro un rimborso giornaliero di 70 euro.
Disegni, domande e discussioni
Quello che si è riunito a Strasburgo è il primo di quattro gruppi, che discutono ognuno temi diversi e si incontreranno in tutto tre volte: la prima al Parlamento, la seconda online e la terza in un’altra città dell’Ue (Dublino, Firenze, Natolin o Maastricht). La prima parte del panel è stata una sorta di brainstorming introduttivo, per aiutare i partecipanti a orientarsi e rompere il ghiaccio.
Divisi in sottogruppi da dieci persone e riuniti a porte chiuse, hanno potuto esporre le proprie considerazioni rispondendo in primis alla richiesta di immaginarsi l’Unione europea nel 2050. Ma non a parole, bensì con un disegno ciascuno: le idee raccolte sono state poi spiegate e discusse, con un moderatore a indirizzare il dibattito. Su ogni postazione c’era un paio di cuffie perché ognuno potesse ascoltare la traduzione nella propria lingua madre. La necessità di tradurre ogni intervento ha di certo rallentato il processo, secondo chi ha partecipato al forum, ma ha permesso a ognuno di esprimersi con agio. Da più persone è stato sottolineato anche l’alto grado di coinvolgimento di tutti nella discussione
I 200 cittadini si sono quindi trasferiti nell’emiciclo, dove di solito discutono e votano i parlamentari europei. La sessione collettiva dei Citizens’ Panel prevede l’intervento di una serie di esperti, accademici di vari istituti europei che focalizzano la discussione sui temi dell’incontro: in questo caso economia, giustizia sociale, occupazione/istruzione, gioventù, cultura, sport e trasformazione digitale.
Gli spunti da cui partire per trattare questi argomenti arrivano dalla piattaforma multilingue, di cui è stata pubblicata una relazione delle attività fino ad agosto 2021. Fra le proposte più condivise e commentate ci sono l’istituzione di un reddito di base europeo e il divieto di utilizzo delle criptovalute. Tanti anche gli auspici generici su cui ragionare: la necessità di apprendere le lingue straniere, il diritto a una formazione permanente, la possibilità di un nuovo modello economico per l’Ue. Finora i maltesi sono i più attivi sullo strumento digitale, con il numero più alto di contributi in proporzione agli abitanti. L’Italia invece è al quintultimo posto insieme alla Grecia: 18 interventi per ogni milione di cittadini.
Durante la sessione nell’emiciclo non c’è stato molto spazio per le domande, ma i partecipanti potevano continuare a inserirle live sulla piattaforma della Conferenza, in cui hanno accesso esclusivo a una sezione dedicata. Contenta del dibattito «allargato» è anche Stefania Moro, un lavoro nel settore privato ma una formazione universitaria in relazioni internazionali. «Ero molto felice di partecipare all’iniziativa, dimostra che le istituzioni tengono al parere dei cittadini». Più scetticismo, però, sull’esito finale della Conferenza. «Non so quanto le nostre proposte possano poi produrre davvero un cambiamento. Dipenderà dalla volontà di aumentare l’integrazione fra gli Stati europei o meno».
Un’occasione unica
Se il primo impatto dei cittadini con la macchina della Conferenza sul Futuro dell’Europa è stato positivo, sarà infatti nei prossimi appuntamenti che si capirà la reale portata di questo esperimento di democrazia partecipativa. Le proposte partite dagli europei «comuni» dovranno essere elaborate, raffinate e trasmesse in forma compiuta alla sessione plenaria della Conferenza. Lì i 20 delegati di ogni gruppo, 80 in tutto, si confronteranno con 108 deputati del Parlamento europeo, altrettanti parlamentari nazionali, tre commissari e 54 membri dei governi Ue.
«Per me un’occasione unica, sarà un momento di grande crescita dal punto di vista umano», dice Piero Savaris, studente 27enne bellunese in trasferta a Roma per un master e nel frattempo cameriere part-time. Non era convintissimo di candidarsi, ma alla fine lo ha fatto ed è stato scelto fra i delegati. Con i rappresentanti istituzionali dell’Europa vorrebbe discutere soprattutto della diversa tassazione fra i Paesi europei, che spinge diverse aziende italiane a situare all’estero le proprie sedi legali. Gli interessano molto anche i temi legati alla giustizia sociale, ai flussi migratori, alla digitalizzazione. «Vorrei si parlasse dei rischi legati all’utilizzo dell’intelligenza artificiale nelle armi e di problemi psichici legati al lavoro, come il burnout», afferma invece Elyes Ouerghi, altoatesino residente in Austria che farà parte della delegazione per la plenaria. Come il suo «collega» ha lavorato in un ristorante, da cui si è appena licenziato. Entrambi hanno adesso un’ottima occasione per chiedere il conto alla politica europea.