La Cia ha inaugurato un nuovo polo operativo dedicato alla Cina: è il China Mission Center, che si occuperà di organizzare l’intelligence su Pechino e contrastare le attività di spionaggio cinesi ai danni degli Stati Uniti. È uno dei cambiamenti alla struttura organizzativa della Central Intelligence Agency, voluti dal nuovo direttore William J. Burns, che riflettono le priorità dei nuovi tempi. Come delinea il Washington Post, l’America si prepara a un confronto profondo, completo e duraturo con il gigante orientale, ormai cresciuto oltre i livelli di guardia.
Questa riorganizzazione «serve a rafforzare il nostro lavoro collettivo sulla minaccia geopolitica più importante di questo secolo, cioè un governo cinese sempre più ostile», ha spiegato Burns. La sfida supera, secondo molti analisti, quella con l’Unione Sovietica, che aveva segnato la seconda metà del XX secolo. La Cina è un avversario più pericoloso perché gode di un enorme potere economico e, in questo senso ha legami fortissimi con gli stessi Stati Uniti. Ha anche una portata globale maggiore, più forte e decisa. La Cina, sostiene l’ex direttore John O. Brennan, «merita il nostro impegno più grande».
Per questo la Cia dedicherà alla Cina un numero maggiore di funzionari, linguisti, tecnici specialisti in tutto il mondo. Il loro obiettivo sarà raccogliere informazioni sensibili sul Paese e contrastarne gli interessi. Saranno coinvolte sempre più persone che sanno il mandarino. Tra il capo della Cia e i vertici del Mission Center ci saranno riunioni settimanali, che riguarderanno anche altre figure dell’agenzia, in modo da definire una strategia coerente e coesa.
La Cia, in modo graduale ma chiaro, ha spostato negli ultimi anni la sua attenzione dalla lotta al terrorismo ai cosiddetti hard target. Dal 2017 ha creato, sotto la direzione di Mike Pompeo, dei centri dedicati all’Iran e alla Corea del Nord, nel tentativo di aumentare le pressioni in vista di un accordo. Gina Haspel ha proseguito in questa direzione, potenziando l’attività di intelligence su Russia e, appunto, Cina.
Adesso serve una nuova ristrutturazione: i centri su Iran e Corea del Nord saranno riassorbiti da poli dedicati al Medioriente e all’Asia, secondo una strategia che prevede il coinvolgimento anche dei Paesi vicini, in un’ottica di pressione corale. Mentre la Cina – che è una situazione a sé, unica per dimensioni, pericolosità e potenza – sarà in cima alle priorità dell’agenzia e richiederà un impegno esteso, dal raccoglimento di informazioni all’analisi e alla implementazione degli strumenti tecnologici.
Tra le novità introdotte, oltre a uno snellimento dei tempi e delle procedure per l’ingaggio (prima, per ragioni di sicurezza, potevano durare anche due anni. Ora si pensa di portarle a sei mesi), c’è l’inserimento di un Chief Technology Officer e un Transnational and Technology Mission Center, che si occuperà del settore tech, con un programma pensato per attirare lavoratori delle più grandi aziende digitali americane, perché lavorino per qualche anno nell’agenzia e la aiutino a chiudere il gap che si è creato sul fronte tecnologico. In questo senso la Cia riconosce il suo svantaggio rispetto alle grandi aziende private, che ha creato problemi importanti anche di recente.
Come ricorda questo articolo del New York Times, alle agenzie di intelligence straniere per compromettere le operazioni della Cia spesso sono bastate poche ricerche online con cui hanno individuato agenti e informatori.
Un salto in avanti appare fondamentale, soprattutto in vista della sfida, ormai decisiva, con Pechino.