Fenix TrophyIl Brera FC nella Champions league dei dilettanti per (ri)costruire il calcio dal basso

Il torneo calcistico riconosciuto dall’Uefa cominciato il 22 settembre è unico nel suo genere: una competizione fra club europei amatoriali che vedono nel calcio un’esperienza di condivisione e inclusione, senza rinunciare a competere per un trofeo

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Sugli spalti si balla sulle note di Bella ciao, ma il coro ritmato da 400 tifosi che sventolano sciarpe e bandiere bianconere scandisce, in polacco, ‘Siamo un club democratico’. Sul campo del piccolo stadio di Bemowo, periferia di Varsavia, i milanesi del Brera Fc si impongono sui padroni di casa dell’Aks Zły per 2 a 1. È giovedì 30 settembre e, poco lontano, il Legia Varsavia sta battendo per 1 a 0 il Leicester City in coppa Uefa, ma la festa è qui, dove si celebra una sconfitta inneggiando all’avversario e applaudendo i giocatori ospiti. Aks Zły vs Brera è il secondo match di un altro torneo internazionale riconosciuto dall’Uefa, il Fenix Trophy. Alla sua prima edizione partecipano otto club amatoriali provenienti da sette Paesi europei, fra di essi due italiani: il Brera Fc e l’As Lodigiani di Roma. 

E proprio dal Brera, nove mesi fa, è partita l’idea di creare un torneo continentale per club accomunati da un’idea di calcio che mette i tifosi, l’integrazione e il divertimento al primo posto. «Ci mancava la possibilità di disputare una competizione europea con squadre come la nostra. E allora abbiamo deciso di crearla, – spiega Alessandro Aleotti fondatore e presidente del club milanese – mettendo la forchetta fra la sesta e l’ottava categoria delle piramidi calcistiche nazionali e cercando club che ci assomigliassero nel voler dare al calcio una dimensione priva del traguardo unico di salire di categoria.

Squadre con l’obiettivo di fare una cosa bella per le persone coinvolte e che avessero il coraggio di sperimentare idee e inziative meritevoli attraverso il linguaggio universale del calcio». Così a inizio anno Alessandro, suo figlio Leonardo, general manager del Brera, e  alcuni volontari hanno inviato email a vari club europei e organizzato incontri in remoto su Zoom, sino a trovare altri sette partecipanti al torneo. 

Il Fenix Trophy permette a club che non riuscirebbero mai a qualificarsi per le competizioni europee nei propri Paesi di disputare incontri competitivi fra il Vecchio Continente e la Gran Bretagna con una Final Eight, prevista per giugno a Rimini, per decidere il vincitore. Le otto partecipanti sono divise in due gironi che prevedono tre incontri di andata e ritorno per ciascun club. Nel gruppo A troviamo i tedeschi dell’Hfc Falke, i cechi dei Prague Raptors Fc, gli spagnoli del Cd Cuenca-Mestallistes 1925 e l’As Lodigiani. Nel B, invece, sono inseriti gli ideatori del Brera Fc, gli olandesi dell’Afc Dws, i polacchi dell’Aks Zły e gli inglesi dell’Fc United of Manchester (Fcum).

Ciascun club ha le proprie specificità – molti hanno una sezione femminile e alcuni sono gestiti dai loro tifosi, mentre l’Afc Dws è stato campione d’Olanda nel 1964 – ma tutti coniugano sport e iniziative a sostegno della comunità. I soci del Fcum preparano e consegnano a domicilio sino a 200 pasti al giorno per persone in difficoltà di un quartiere di Manchester, mentre quelli dello Zły raccolgono e distribuiscono indumenti invernali ai senzatetto di Varsavia. 

Iniziative in linea con lo slogan del Fenix Trophy: ‘Make friends, not millionaires’, ossia ‘Fatevi amici, non milionari’. Un messaggio mostrato dai giocatori all’inizio dell’incontro inaugurale fra Falke e Prague Raptors il 22 settembre e che conferma anche l’avversione dei club partecipanti per un calcio professionistico contemporaneo nelle mani di ricchi imprenditori e fondi d’investimento. Uno sport divenuto privilegio di pochi, nel quale i tifosi devono pagare biglietti d’ingresso agli incontri sempre più costosi e vengono esclusi da ogni processo decisionale. Ma anche un calcio nel quale i giocatori sono inavvicinabili e che ha innescato un circolo vizioso nel quale numerosi club di categorie inferiori falliscono nel tentativo di scalare le classifiche senza avere i mezzi finanziari per farlo.

Il Fenix Trophy propone e promuove un calcio diverso, nato da una logica di affinità condivisa fra gli otto club che vi parteciperanno. «Per noi l’affinità è il modo in cui ciascuna di queste squadre ha un’idea simile di cosa dovrebbe essere il dilettantismo – conferma Aleotti – ovvero una realtà sportiva in cui si può riscoprire la bellezza del calcio senza nulla invidiare ai meccanismi egemonici del calcio professionistico di vertice». Gli fa eco l’inglese Daz Moss, fondatore dei Prague Raptors, club ceco creato nel 2017 e nelle cui squadre militano calciatori e calciatrici di 26 nazionalità: «Vogliamo fare vedere al pubblico che il calcio può essere giocato non soltanto per motivi economici».

Ricorda il connazionale Adrian Seddon, presidente del consiglio di soci che amministra l’Fcum, club creato nel 2005 da tifosi del Manchester United esasperati dalla commercializzazione della loro squadra del cuore: «Quando ci hanno contattato dal Brera, l’idea del torneo ci è piaciuta subito perché è simile alle amichevoli internazionali che disputiamo, ma in più ha una dimensione competitiva che sinora ci era mancata» E aggiunge: «Questi incontri saranno esperienze culturali incentrate sull’amicizia e sul rafforzare i rapporti fra i tifosi, ma saranno anche partite da vincere perché c’è un trofeo in palio». A confermare la dimensione sociale e sostenibile del torneo, la fomula prevede che la squadra ospitante paghi l’alloggio a quella in trasferta, si occupi dei trasporti e organizzi una festa dopo la partita. 

In vista dell’arrivo a Varsavia di 300 tifosi dell’Fcum, il 27 ottobre, l’Aks Zły, è pronto a fare di più, mettendo a  disposizione di decine di loro, gratuitamente, un letto nelle case dei propri sostenitori. Uno dei soci fondatori del club polacco, Kris Górniak, sottolinea come: «Molti nostri tifosi non vedono l’ora di viaggiare per seguire il club quando giocherà all’estero e avere l’occasione di visitare altri Paesi e anche per questo abbiamo aderito al torneo».

Il tutto tenendo presente le eventuali limitazioni imposte dalla pandemia che, ironia della sorte, ha facilitato l’organizzazione del Fenix Trophy, sdoganando le riunioni a distanza. Oggi il torneo creato dal nulla nel giro di nove mesi e reso finanziariamente sostenibile dall’unione dei vari club, con l’aiuto di uno sponsor per la Final Eight riminese, guarda al presente ma anche al futuro. «Puntiamo a farne un appuntamento annuale e a farlo crescere con il tempo», assicura Alessandro Aleotti. Le premesse per dare al calcio amatoriale una nuova dimensione – europea, inclusiva e partecipata – costruendolo dal basso ma guardando in alto sembrano ottime. 

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