Convergenze strategicheL’impero della moda e quello dei social sono sempre più connessi

Con la pandemia sono diminuiti gli show, ma è aumentata del 20% la visibilità su Instagram, YouTube e TikTok dei contenuti delle fashion week. Ne consegue che anche il format delle sfilate risulta in forte evoluzione

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La pandemia ha colpito il settore del lusso come mai in precedenza. Ma la reazione sta dimostrando una sua forte capacità di evolversi. Durante le settimane della moda dello scorso settembre, il vero, profondo cambiamento è stato il modo in cui i marketer hanno cercato di attirare milioni di spettatori sulle piattaforme social, utilizzando ogni tipo di formato possibile.

Il numero degli show per le collezioni primavera-estate 2022 è diminuito del 42% rispetto ai quello dell’autunno/inverno 2020. Ma la visibilità sui social media dei contenuti proposti dalle fashion week è aumentata complessivamente del 20% secondo Lefty, piattaforma leader del mercato nata per monitorare l’impatto delle strategie di marketing. 

Come è accaduto? Qui di seguito una serie di esempi significativi.

Moncler (tra i pochi marchi di proprietà italiana quotato) ha creato un evento social battezzato Mondogenius e lo ha fatto trasmettendo in streaming una proiezione ospitata da Alicia Keys su 30 piattaforme, tra cui Instagram, YouTube, Linkedin, Twitter, WeChat Facebook, TikTok, Weibo e Douyin. Con il solo Weibo, Moncler ha totalizzato 74 milioni di visualizzazioni in Cina.

Balenciaga (proprietà Kering) non ha partecipato alle Fashion Week ma ha collaborato con The Simpsons in un episodio personalizzato condiviso su Instagram tramite storie, highlights e feed. In questo caso Homer, Marge e gli altri personaggi sfilano indossando la nuova collezione disegnata da Demna Gvsalia un sarto a cui piace misurarsi con la figura dell’“aggregatore”.

Contemporaneamente ha costruito un’alleanza con il popolarissimo Fortnite di Epic Games che vanta 400 milioni di utenti globali. Dove ha inserito quattro skin che i giocatori possono acquistare, insieme ad accessori, armi (!) e una destinazione virtuale (con tanto di negozio Balenciaga). L’attivazione contiene un elemento IRL: una serie limitata di cappellini, magliette e felpe “Balenciaga x Fortnite” è in vendita nei negozi Balenciaga e su balenciaga.com. 

Per Balmain (proprietà Emiro del Qatar) Olivier Rousteing ha messo in piedi una sorta di festival musicale che ha incrociato la sfilata condivisa su Instagram Live, TikTok, Linkedin, Youtube e Weibo. Risultato ? In dieci giorni, l’Instagram di Balmain ha superato i 18 milioni di interazioni, rispetto ai 5 milioni della scorsa stagione. 

È stato comunque Dior (proprietà LVMH) a classificarsi al primo posto con la più alta visibilità sui social media. La sfilata a Parigi c’è stata, ma il pubblico che “conta” non è stato quello presente ai Giardini delle Tuileries ma quello collegato in sciame sulle piattaforme asiatiche: Weibo, Douyin, Tencent, Wechat, Miui e Line Taiwan. Risultato 130 milioni di visualizzazioni. 

Dall’inizio della pandemia è diminuito il numero di persone che possono assistere in presenza a una sfilata, gli spostamenti aerei si sono ridotti drasticamente e i media tradizionali (cartacei) – per tradizione e introiti pubblicitari primi grandi sostenitori del fashion business – sono al lumicino.

I brand si sono dunque attrezzati di conseguenza: la convergenza tra tecnologia informatica e marketing è esplosa. Ne consegue che anche il format delle sfilate risulta in forte evoluzione.

Non sono più Vogue o Harper’s Bazaar ad essere protagonisti. È stato TikTok a sponsorizzare l’ultima London Fashion Week e pure giovani designer come Saul Nash, Nensi Dojaka e SS Daley. L’hashtag #TikTokFashionMonth ha generato 7,1 miliardi di visualizzazioni.

Un‘ultima considerazione va fatta. I designer emergenti escono da questa situazione penalizzati: se non sono supportati finanziariamente dai super gruppi del lusso non hanno denaro sufficiente per trasmettere in streaming o sviluppare costose strategie basate su influencer e celebrities.

La “democrazia” insita nel web – qui come altrove – si rivela essere una favoletta.

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