CO2.1Chi ha inquinato (e chi inquinerà) di più la Terra?

Uno studio del Guardian ha dimostrato che, dalla rivoluzione industriale ai giorni nostri, le emissioni di CO2 avvenute a livello globale ammontano a 1500 miliardi di tonnellate. L’Occidente inciderà sempre meno, mentre altre aree del pianeta continueranno a liberare nell’atmosfera grandi quantità di gas serra

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Il Guardian ha calcolato quello che ha definito il «centro di gravità» delle emissioni globali di CO2 durante gli ultimi due secoli. Cioè il punto geografico da cui è arrivata la media delle emissioni di gas serra. Il punto è stato calcolato facendo una media, appunto, della latitudine e della longitudine di ogni paese e mettendo in relazione questo dato con le sue emissioni annuali.

Il dato che fuoriesce da questo esperimento grafico è interessante perché mostra chi, nel senso di quale parte del mondo, ha inquinato di più in passato e come i responsabili dell’inquinamento siano cambiati nel tempo. Non solo, mostra anche in quali anni questi cambiamenti sono avvenuti. Così notiamo che all’inizio del ventesimo secolo le emissioni erano essenzialmente responsabilità dell’Occidente, soprattutto del Regno Unito, degli Stati Uniti e dell’Europa nordoccidentale. Il “centro di gravità” delle emissioni globali nel 1945 rimaneva ancora occidentale, ma aveva già abbandonato l’Europa: si trovava sulla costa est statunitense.

Dagli anni ’50 del Novecento in poi, però, il centro delle emissioni globali di CO2 si è spostato rapidamente verso oriente. Già negli anni ’70, per via del rapido sviluppo industriale asiatico trainato dalla Cina, si trovava all’estremo est dell’Europa, per poi stabilizzarsi dagli anni ’80 in poi proprio sulla Cina. Gli ultimi dati disponibili, quelli riferiti al 2020, mostrano come il centro di gravità delle emissioni globali oggi si trova stabilmente sull’altopiano del Tibet, nell’ovest della Cina.

Dalla rivoluzione industriale a oggi le emissioni globali sono state di 1500 miliardi (o 1,5 bilioni, se preferite) di tonnellate di CO2. Ciò che importa però è soprattutto l’andamento di queste emissioni, e cioè se e quanto stanno aumentando. Nel 2019 le attività di noi umani facevano sì che ben 37 miliardi di tonnellate di CO2 finissero in atmosfera, quasi il 50% in più delle emissioni del 2000 e circa tre volte di più di quelle del 1970. Qui sta il dato preoccupante: nel rapido aumento della quantità di gas serra rilasciati in atmosfera. Se poi consideriamo, oltre all’anidride carbonica, anche altri gas serra come il metano, il totale attuale delle emissioni sale a circa 50 miliardi di tonnellate l’anno.

Oggi i paesi responsabili della maggior parte delle emissioni di CO2 sono, in ordine, Cina, Stati Uniti, India, Russia e Giappone. Ma tra queste prime cinque posizioni ci sono grandi differenze: la Cina emette oltre 10 gigatonnellate (cioè 10 miliardi di tonnellate) di CO2 l’anno. Gli Stati Uniti 5,4, quindi la metà. L’India 2,65; la Russia 1,71 e il Giappone 1,16. Saltano subito all’occhio due dati notevoli: il primo è che quattro su cinque sono paesi orientali; il secondo è che per riuscire a eguagliare le emissioni cinesi bisogna sommare quelle di tutti e quattro gli altri stati.

Come dicevamo poco fa, osservare come siano cambiate nel tempo le zone della Terra in cui si emettono più gas serra ci aiuta non solo a inquadrare le responsabilità del passato e rapportarle al presente, ma anche a sapere chi inquinerà di più nel prossimo futuro. Le emissioni della Cina, che si è impegnata a raggiungere la neutralità carbonica entro il 2060, sono ancora in crescita e nel 2030 potrebbero ammontare a 11,4 miliardi di tonnellate.

Anche le emissioni dell’Africa continueranno a crescere. Scrive il Guardian che nei prossimi 10 anni potrebbero aumentare di un quarto «riflettendo la forte crescita della popolazione e il miglioramento della qualità della vita», ma va tenuto in considerazione che l’Africa è un continente che comprende 54 stati diversi. Il terzo blocco politico che aumenterà le sue emissioni è l’India: un aumento che potrebbe superare il 43% rispetto ai livelli del 2010. Le emissioni degli Stati Uniti sono invece in lenta diminuzione e quelle dell’Europa sono quelle che diminuiscono più rapidamente.

Insomma, c’è già oggi una differenza tra est e ovest del mondo quando si parla di emissioni attuali. Ma in futuro sarà ancora più marcata. Lo sostiene anche un nuovo modello pubblicato dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, che mostra come le emissioni di CO2 hanno raggiunto il loro picco negli stati più ricchi, come Europa e Stati Uniti, ma continueranno ad aumentare nei paesi meno sviluppati.

Questo dato va considerato anche alla luce dell’avvicinarsi della prossima Cop26 – il summit delle Nazioni Unite del prossimo novembre in cui molti leader mondiali discuteranno di problemi ambientali compreso quello delle emissioni di CO2 – e di quali sono, nel mondo, le popolazioni più preoccupate per la crisi climatica e gli effetti del riscaldamento globale.

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