Dopo K-pop, K-drama, K- beauty, K-barbeque, potrebbe esserci anche il K-whisky. Bryan Do, insieme al maestro distillatore scozzese Andrew Shand, ha messo in piedi una distilleria sulle colline di Namyangju, ambientazione considerata eccellente per catturare il gusto unico della Corea del Sud.
Colore dorato scuro, profumo affumicato e legnoso, sapore speziato, 57 gradi alcolici. A settembre 2021, Three Societies ha lanciato la prima bottiglia di whisky di malto singolo fabbricata in Corea del Sud. Si chiama “Ki One”, espressione che in coreano significa nuovo inizio e speranza per il futuro.
È del tutto normale non averne mai sentito parlare, la distilleria non si trova certo in Scozia ma sulle alture a 40 minuti di auto a nordest di Seoul. Da anni ormai, il mondo è invaso dai prodotti della cultura pop coreana, dalla musica alla televisione, dal cinema al cibo. Per citare un esempio, la vendita di noodles coreani ha generato entrate per 413 milioni di dollari nel 2018.
Un fenomeno consacrato dalla vittoria agli Oscar 2020 di Parasite, capolavoro del regista Bong Joon-ho e rinnovato in questi giorni dalla popolarità della serie Squid Games. “Coreano” è forse la parola del momento. E perché no: “l’onda coreana”, potrebbe straripare e infrangersi anche sui produttori di whisky. Qualcosa di cui andare molto fieri, se si è nati in Corea.
L’imprenditore coreano-americano Brian Do, fondatore e amministratore delegato Three Societies, sfida anche i tempi, non facili per il whisky, ma confida nell’espansione di questo settore.
Secondo la Scotch Whisky Association, le esportazioni di Scotch whisky nel 2020 sono diminuite del 23%, a causa della pandemia e delle tariffe statunitensi. Le vendite negli aeroporti, come conseguenza dei lockdown, sono scese del 70%. Ancora secondo la Scotch Whisky Association, i dati della prima metà del 2021 sono positivi, ma si è ancora lontani dai livelli del 2019.
Tuttavia, Do è intenzionato a rincorrere e a superare il successo dei giapponesi e più di recente dei taiwanesi, arrivando a conquistare il favore degli appassionati dai palati più fini, partendo però dalla terra del soju. Come hanno fatto Hibiki e Yamazaki, anche di loro fino a poco tempo fa non si sapeva nulla, eppure ora occupano un posto di tutto rispetto tra i whisky più ricercati al mondo. La Corea del Sud ha tutte le carte in regola per imporsi sul mercato, a detta di Do, già una star della birra artigianale che tempo fa ha detto addio a Microsoft per inseguire i sogni alcolici.
Per Shand, che ha lavorato per Nikka, il clima sudcoreano è leggermente meglio di quello giapponese e questo elemento potrebbe essere determinante per battere i concorrenti nipponici. Gli strumenti e gli ingredienti, il malto e il lievito, sono importati dalla Scozia. Alcune delle botti dove il whisky viene fatto invecchiare sono le stesse usate dai produttori del vino coreano di lamponi, il bokbunja, altro motivo per cui whisky sarebbe così buono.
Do ha grandissime ambizioni, annunciate al Korea Times: in 3 anni punta a esportare il suo whisky in Europa, inclusa la Scozia e l’Irlanda, dove è nato il liquore, dopo che il prodotto avrà ottenuto lo status legale di whisky. Su un barile c’è scritto: fondo per il college di Emma, perché tra 14 anni l’aspirazione è pagare gli studi universitari alla figlia di Do grazie alle vendite in patria e all’estero.
Il lancio su vasta scala è previsto nel 2023, perché in Europa, e in particolare in Scozia, il whisky deve invecchiare tre anni per essere considerato tale. In Corea e altrove, invece, basta anche un anno di maturazione. Ma per Andrew Shand, i produttori scozzesi sono fin troppo ingessati. I whisky creativi non potrebbero mai essere inventati lì perché le tradizioni sono codificate in leggi. «In Scozia, sono imprigionati dalle regole, possono usare solo acqua, malto e lievito. Qui, in Corea, possiamo provare di tutto!», ha detto Shand ad Asia Times.
Un po’ come accade ai birrai tedeschi, Edimburgo sopprime la creatività. «Attenzione, – ha avvertito – la Scozia rischia di restare indietro, se non trova modi per innovare». Le basi, però, sono fondamentali e non tutti i produttori coreani di whisky, aspiranti concorrenti di Do e Shand, sanno esattamente cosa stiano facendo.
«Si improvvisano e non hanno esperienza, ma potrebbero produrre qualcosa di geniale e brillante semplicemente per errore». Si sarebbero cimentati anche i nordcoreani, il whisky ufficiale della Corea del Nord sarebbe nato già nel 2019, come riportato da Young Pioneers Tours, azienda specializzata in viaggi insoliti, in itinerari in «posti da visitare senza dirlo a tua madre». Prodotto da Samilpo, sulle spone di un lago vicino al Monte Kumgang, dal grande valore simbolico, storico e religioso per i coreani, il whisky nordcoreano avrebbe un’etichetta copiata da quella di Johnnie Walker e 8 amminoacidi che addirittura non farebbero soffrire l’hangover.