«Siete tornati per vivere una favola». Il messaggio sulle poltroncine vuote per il distanziamento obbligatorio a fine settembre al Teatro Nazionale, era la prima di “Pretty Woman”, è in realtà molto più significativo di quanto si possa pensare. E la favola non è solo la love story che conosciamo dal cinema ora in cartellone a Milano. La storia a lieto fine è quella di tutti poiché, romanticherie a parte, i teatri della città finalmente riempiono di nuovo le loro platee. Ci si ritrova seduti in sala (dall’11 ottobre senza nemmeno più il distanziamento obbligatorio) per applaudire gli spettacoli di una nuova stagione destinata ad arrivare al termine. Si torna alla cultura e questa, inevitabilmente, è una favola che appartiene a chiunque.
Tornare a teatro significa tornare alla vita, agli insegnamenti diretti che fanno riflettere, emozionare, talvolta addormentare (non per scomodare Flaiano, ma non si tratta per forza di qualcosa di negativo). Si torna per vivere una favola che il pubblico milanese aspettava da tempo, tanto quanto gli addetti ai lavori, in particolare ora, dopo un lungo e non sempre condivisibile stop alla cultura.
A confermarlo è il successo dei festival, quegli appuntamenti che alle porte della stagione hanno registrato il tutto esaurito. Le parole più appropriate per giustificare questo fenomeno ce le rivela Andrea Capaldi, nuovo direttore artistico di Tramedautore, il festival internazionale delle drammaturgie che da ventun anni a settembre si impadronisce dei prestigiosi palchi del Piccolo Teatro Studio Melato, del Teatro Strehler, del Teatro Grassi, del Chiostro Nina Vinchi, e che quest’anno ha rilanciato a gran voce la necessità di un teatro al servizio della comunità: «Abbiamo assistito a una bellissima fame di teatro, al bisogno di riappropriarsi di un’abitudine così vitale, almeno tanto quanto lo è per noi».
In questa fase di ripresa allora il pubblico dimostra quanta voglia di tornare a vedere uno spettacolo dal vivo e per gli addetti ai lavori non è da meno. «Tornare a teatro è stata un’emozione fortissima. Finalmente abbiamo potuto riappropriarci di questo rito bellissimo che è il teatro, ritrovandoci in assemblea davanti a performance, testi, drammaturgie, artisti che erano lì, ad aiutarci a capire attraverso le loro opere come affrontare questo periodo. È sempre stato così nella storia dell’esistenza umana: il teatro può aiutarci a capire cosa ci sta accadendo, nel bene e nel male».
Iniziative importanti per la città di Milano come Tramedautore – e con questo anche altri festival come NoLo Fringe, che a inizio settembre ha portato il teatro in giro per i quartieri della città o come MilanOltre, rassegna che anima la Milano della ripartenza con la danza contemporanea internazionale – queste iniziative, con il loro successo raggiunto, sono l’esempio tangibile di quanta fame di teatro ci sia, effettivamente, in città. «Siamo rimasti assolutamente sorpresi della grande partecipazione del pubblico. Ci sono stati molti sold out» – ci spiega ancora Capaldi – «e anche quando non abbiamo avuto il tutto esaurito la sala era comunque sempre piena».
Con il direttore artistico di Tramedautore viene da fare due riflessioni. La prima è sul potere curativo del teatro, una sorta di piacevole medicina per una città così duramente colpita. «La condizione indispensabile per cui il teatro si verifica è data dall’incontro tra persone in carne e ossa che vivono lo stesso presente. Gli artisti sono dei medium, dei canali attraverso cui si può provare un’empatia profonda che ci permette di metabolizzare quello che sta avvenendo o di ritrovare una costruzione comune, che ci faccia sentire meno soli. Il fatto di ritrovarsi insieme fa sì che ci si senta più protetti da una parte, meno soli dall’altra, e sicuramente più attivi. Con più potenziale che abbiamo circoscritto nelle nostre abitudini. Noi, ad esempio, durante questa edizione di Tramedautore ci siamo confrontati con opere che parlavano di noi, della nostra vita. Quando intendo che il teatro è un atto curativo, non posso non pensare a spettacoli come Arturo di Laura Nardinocchi e Niccolò Matcovich, che sono saliti sul palco per condividere, raccontandolo in prima persona, la perdita dei propri padri. Un teatro di verità che, grazie all’autenticità dei protagonisti, permette agli spettatori di immedesimarsi nella storia proiettando sé stessi in relazione al proprio rapporto con l’assenza».
La seconda e ultima riflessione viene da farla sul futuro. «Noi operatori dobbiamo assumerci la responsabilità di far sì che il teatro possa ritornare a essere fondamentale per la nostra esistenza. Dobbiamo esserne noi, prima di tutto, consapevoli. E poi fare in modo che questa consapevolezza contagi gli altri, possa riverberare nell’anima, soprattutto adesso che la capienza dei teatri ritorna al 100%. C’è bisogno di tornare alla consapevolezza che il teatro può far bene alla nostra vita, e fa bene perché rappresenta un valore aggiunto nel percorso di vita personale. Su tutto questo gli artisti e gli operatori culturali hanno una grandissima responsabilità, e il successo del loro lavoro dipenderà dalla qualità e dalla volontà di un dialogo vivo con le persone. È un’educazione che va ritrovata quella dell’andare a teatro, un’abitudine che va riscoperta. Per questo bisogna puntare sulle nuove energie, sulle generazioni che stanno crescendo. Proprio con i più giovani, i bambini, andrà fatto un grande lavoro di ricostruzione di questo dialogo».
Da non perdere
Per non perdere la sana abitudine di andare a teatro, di cui ci parla Capaldi, a Milano, si consiglia, tra gli altri, “Diplomazia”, fino a metà novembre all’Elfo Puccini. Lo spettacolo, per la regia di Elio De Capitani e Francesco Frongia, è andata in scena solo per poche repliche prima del lockdown e ora riprende lì da dove eravamo rimasti.
Interrotto dall’emergenza sanitaria, al suo debutto anche “Edificio 3”, la nuova produzione del Piccolo Teatro ora allo Studio Melato fino al 7 novembre. Filippo Timi è di nuovo l’attore di punta del Franco Parenti, ora con “Promenade de santé”, storia d’amore tra un ossessivo e una schizofrenica, dal 22 al 30 ottobre. Ancora, “Le Gattoparde” delle Nina’s Drag Queen, eccessivo quanto basta, fino al 24 ottobre al Teatro Carcano. Da segnare, infine, la tanto attesa prima di Romeo Castellucci in Triennale: “Bros”, perturbante e geniale, dall’11 al 14 novembre.