«Non vogliamo rivoluzionare l’universo, ma capire come migliorare un passo alla volta il mercato del lavoro per renderlo più efficiente e più giusto». In conferenza stampa Carlo Calenda parla delle proposte contenute in “Programma per l’Italia”, il progetto comune delle forze liberaldemocratiche italiane.
Il tema all’ordine del giorno è il lavoro, terzo argomento di discussione che segue i precedenti dibattiti su giustizia e istruzione.
«Il nostro è un lavoro pragmatico: puntiamo a presentarci alle prossime elezioni, che non sono poi tanto lontane, con una rappresentanza unica dell’area liberaldemocratica, avendo come base un programma forte e definito», ha detto il leader di Azione.
Le proposte descritte da Calenda vanno dal raggruppamento delle diverse forme contrattuali alla riforma del reddito di cittadinanza, «che non deve sparire ma va modificato per fare in modo che sia funzionale alla ricerca di un lavoro e non troppo gravoso per lo Stato».
La chiave di una vera riforma del lavoro, però, passa dai giovani: «Sono la categoria che vive una fase di disagio peculiare. Per questo noi ci batteremo affinché non si spendano tutti questi soldi sulle pensioni, e se i sindacati si mobilitano noi ci mobiliteremo per i giovani», dice Calenda.
La conferenza stampa è stata aperta dal professor Carlo Cottarelli, che ha fatto da moderatore tra i rappresentanti di Azione, Più Europa, Partito repubblicano italiano, Alleanza liberaldemocratica e Partito dei liberali.
Cottarelli ha introdotto l’argomento del dibattito. «Il punto di partenza per un’efficace riforma del lavoro – dice – è un’economia che gira, che va bene. Il nostro mercato del lavoro è debole e squilibrato: basta guardare ai giovani o alle disuguaglianze di genere. Per questo l’area liberaldemocratica presenterà delle proposte nell’ambito di “Programma per l’Italia” volte prima di tutto a migliorare le condizioni del mercato del lavoro».
Si tratta di un blocco di proposte, spiega Cottarelli, che comportano un costo di circa 5,5 miliardi per le finanze pubbliche – meno del solo Reddito di Cittadinanza, per avere un termine di paragone.
È intervenuto in videoconferenza anche Benedetto Della Vedova, segretario di Più Europa, che si è soffermato sull’importanza dell’alternativa liberaldemocratica in una fase in cui la politica spesso si discosta dai contenuti e finisce per diventare propaganda. «Una proposta come il salario minimo, per fare un esempio, è da maneggiare con grande cura, ma è un discorso molto presente anche a livello europeo e che aiuta l’Italia a creare una cornice più moderna, attuale e concreta per un mercato del lavoro che è costantemente in ritardo rispetto agli altri Paesi», ha detto Della Vedova.
La ripresa dopo la crisi della pandemia è una fase complessa fatta di conflitti – anche solo potenziali – tra lavoratori, aziende e istituzioni, di nuove tecnologie, nel pieno di una transizione tra vecchie e nuove competenze dei lavoratori. «È in questo contesto che presentiamo delle proposte che possano avere riscuotere interesse tra tutte le parti in causa», dice Giovanni Gilli, presidente di Intrum Italia, società compartecipata di Intesa Sanpaolo che si occupa della gestione di crediti deteriorati.
Gilli ha illustrato alcune proposte muovendosi per macroaree. La prima è quella che riguarda la fase dell’assunzione, quindi l’ingresso nel mondo del lavoro. «Il primo passo – dice – è rendere le assunzioni più aperte, più facili, creando più opzioni. E questo lo si ottiene guardando al lungo termine, quindi incentivando contratti a tempo indeterminato, creando nuove tipologie di contratti per i giovani, valorizzando apprendistati e stage». Poi ci sono le politiche attive, che si sviluppano su più binari, a partire da una maggior apertura al mondo del privato «in una logica di piena parità riconosciuta e formalizzata, che non vuol dire annullare il settore pubblico», e arrivano fino alla ridefinizione del rapporto tra Stato e regioni. Terzo e quarto capitolo d’intervento sono gli ammortizzatori sociali e le nuove logiche contrattuali, che vanno adeguate alle dinamiche dello smartworking e del lavoro a distanza.
«Spero che sia compreso e apprezzato il fatto che l’ispirazione di queste proposte non è affatto una conseguenza di svolte o pressioni da parte del mercato nei confronti di Stato o lavoratori», ha detto Oscar Giannino, dell’Alleanza Liberaldemocratica per l’Italia. «Il nostro programma – prosegue – è un tentativo di riflettere sui dati del mercato italiano. Nasce da uno spirito di realismo che ci ha indotto a non chiedere stravolgimenti del mercato del lavoro, ma a lavorare ai margini, come i capitoli di ingresso e uscita dal mercato del lavoro. Quindi si tratta di un riorientamento riformista finalizzato a favore di coloro che sono tragicamente soggetti deboli a cui presentiamo il conto a ogni crisi: sono i giovani, le donne, i titolari di contratto a tempo determinato».
Sui rapporti tra Stato e regioni, e tra Stato e imprese è intervenuto anche Edoardo Croci, del Partito liberale italiano. «Oggi un’impresa si trova di fronte a regole molto diverse a seconda della regione, e questo crea condizioni molto diverse per i datori di lavoro e per i lavoratori stessi. Gli esempi della formazione, o dei centri per l’impiego, che sono regolati su base regionale, ci dimostrano che il mercato abbia bisogno di essere riformato anche a livello normativo», ha detto Croci.
In chiusura è intervenuto Riccardo Bruno del Partito repubblicano italiano, esprimendo scetticismo riguardo una classe politica storicamente orientata al passato: «L’Italia ha un ritardo ventennale rispetto al molti grandi Paesi europei in materia economica ma l’atteggiamento della maggior parte dei partiti non sembra che guardare al futuro: anche l’idea di tornare a un Pil pre-covid nasconde l’errore di ripristinare il ritardo che ci trasciniamo da tempo. Le riforme da proporre, allora, devono rimodulare l’economia e il mercato del lavoro per cambiamenti strutturali che possano portare benessere nel lungo periodo, senza fare inutile propaganda politica».