Questione di concurrencySì, Dazn può eliminare la doppia utenza per ogni abbonamento e i tifosi non possono farci niente

Dal mese prossimo la piattaforma streaming dovrebbe impedire la visione delle partite su due schermi contemporaneamente. I consumatori non hanno molte alternative: accettare il nuovo accordo o smettere di guardare le partite. L’azienda, però, vuole tutelarsi dall’utilizzo fraudolento degli accessi

LaPresse

Smettere di guardare la Serie A non è un’opzione. Agire per vie legali contro chi si muove nel rispetto della legge non è possibile. Alla fine, a pagare, è il consumatore, che nell’accordo con una grande piattaforma come Dazn è la controparte debolissima: i singoli abbonati possono accettare le nuove condizioni dell’azienda o rinunciare del tutto al servizio.

Ieri il Sole 24 Ore ha rivelato l’intenzione di Dazn di porre fine alla concurrency, cioè alla possibilità di vedere la Serie A – e le altre competizioni – su due dispositivi contemporaneamente con un unico abbonamento (unica eccezione: due dispositivi collegati alla stessa rete internet).

L’azienda non ha ancora commentato la notizia e non ha risposto alle domande fatte da Linkiesta in merito, ma dalle condizioni d’uso sul sito web della piattaforma è sparita la frase:«Dazn si sdoppia con un solo abbonamento».

Difficile immaginare un esodo di massa dalla piattaforma streaming che detiene i diritti di trasmissione della Serie A per i prossimi tre anni: i consumatori sono formalmente 2 milioni di abbonati, ma i fruitori sono molti di più, al netto delle difficoltà nella rilevazione (che avevamo raccontato qui).

A breve dovrebbero arrivare le comunicazioni agli abbonati da parte di Dazn: per legge devono essere informati con almeno 30 giorni di anticipo e avere la possibilità di esercitare il recesso gratuitamente.

«In via generale, l’articolo 70 del Codice delle Comunicazioni elettroniche consente di modificare unilateralmente le condizioni contrattuali nel corso del rapporto. Il contraente, se non accetta le modifiche, ha diritto di recedere dal contratto senza penali né costi di disattivazione. In tal caso avrà diritto anche alla restituzione della quota parte dell’abbonamento per il servizio non fruito», dice a Linkiesta Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.

Il margine di manovra per gli abbonati, però, è molto stretto: recedere significherebbe rinunciare del tutto, o quasi alla Serie A, che a oggi si vede per intero solo su Dazn, con Sky che detiene un pacchetto di tre partite su dieci per ogni giornata di campionato.

«Il vero problema è che quella di Dazn è una condizione quasi di monopolio», dice a Linkiesta la vicepresidente di Federconsumatori Giovanna Capuzzo. «Questo fa sì che il consumatore debba necessariamente accettare le modifiche perché non ha una vera alternativa».

È per questo che le associazioni di consumatori si sono già rivolte all’Agcom e all’Autorità antitrust. «Già al momento dell’assegnazione dei diritti tv in primavera – prosegue Capuzzo – avevamo fatto le prime segnalazioni all’antitrust, che all’epoca valutò che non ci fosse alcuna violazione. In questo caso, invece, si tratta di una modifica peggiorativa dell’accordo in una condizione di quasi monopolio: se non è un comportamento illecito, è quantomeno irrispettoso nei confronti degli utenti, ai quali peraltro proprio in seguito all’aggiudicazione dei diritti sulla serie A, è stato applicato un consistente aumento del canone mensile. La condotta dell’azienda finisce per ledere, di fatto, i principi basilari della concorrenza e della correttezza del mercato».

Lo stesso Codacons, l’associazione che difende i diritti dei consumatori si è esposta contro la piattaforma: «Se sarà confermata questa decisione si potrebbe profilare un danno per quegli utenti che hanno attivato abbonamenti in base a condizioni su cui ora l’emittente fa marcia indietro. Modificare le norme dopo che gli utenti hanno accettato determinate proposte dalla società potrebbe configurare una violazione delle norme civilistiche e del Codice del Consumo».

La norma che consente alle piattaforme come Dazn di modificare i termini dell’accordo con un preavviso di 30 giorni vale anche per altre piattaforme, come Netflix, Disney+, Amazon Video, Spotify e per tutte le aziende che offrono servizi in abbonamento. Vale anche per gli operatori telefonici. Solo che in tutti questi casi la concorrenza del mercato è tale da impedire – o disincentivare – comportamenti di questo tipo.

Il caso di Netflix è un ottimo esempio. Da tempo pare che il gigante dello streaming stia pensando di limitare la concurrency ai suoi abbonati, che al momento possono vedere serie, film e documentari su 4 schermi.

L’azienda però prende tempo: se le reazioni dovessero essere come quelle dei clienti Dazn probabilmente ci sarebbe un esodo di massa verso Apple Tv o Amazon Video.

Resta da capire se davvero la novità rivelata ieri produrrà gli effetti sperati. Dazn dovrebbe avere una doppia motivazione, non ancora confermata ufficialmente: contrastare la pirateria e aumentare il numero degli abbonamenti.

Come scriveva il Sole 24 Ore, «la mossa viene considerata anche nell’interesse della Lega Serie A e dei presidenti dei club, perché in questo modo si colpisce l’utilizzo fraudolento degli accessi a Dazn e si arresta un fenomeno che, nei fatti, riduce il valore dei diritti. Dai dati che circolano all’interno di Dazn si sarebbe riscontrato un 20% di media di utilizzi fraudolenti di questa “doppia utenza contemporanea”».

Online si trovano decine di inserzioni che promettono accesso alla piattaforma Dazn a prezzi irrisori: fino a 2,5 euro al mese, cioè oltre dieci volte meno l’abbonamento reale (che costa 29,99 euro, per i nuovi abbonati). C’è un canale Telegram da oltre 30mila iscritti i cui gestori si definiscono «esperti in questo campo da anni nella vendita di Dazn e tanto altro». E ovviamente ieri i social si sono popolati di post ironici degli abbonati Dazn che minacciavano di passare al “pezzotto” (reso graficamente anche come “Pz8”). Insomma, dal mese prossimo i nuovi abbonati saranno più degli utenti che avranno scelto di tagliare i ponti con Dazn?

Questa storia però rischia di far passare in secondo piano il lavoro fatto dall’azienda in questi mesi, offrendo un servizio inedito rispetto alle classiche modalità di fruizione dei contenuti sportivi in Italia.

Al netto di alcuni disguidi tecnici, affidare il campionato a Dazn è un passo avanti dal punto di vista tecnologico, comunque la si voglia vedere. «Portare tutta la Serie A in streaming non significa solo fare un grande lavoro per favorire lo sviluppo dell’infrastruttura digitale ma anche incentivare la crescita della cultura digitale del nostro Paese, e in questo il calcio è davvero l’acceleratore che può fare la differenza e che può portare a centrare l’obiettivo», spiegava pochi giorni Veronica Di Quattro, Chief revenue officer Europa di Dazn, al Corriere.

La stagione 2021/2022 sarà, in ogni caso, quella in cui è stato avviato un processo di rinnovamento della fruizione del calcio e dell’infrastruttura digitale dell’Italia.

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