La commedia degli equivoci, delle bugie, delle accuse che è andata in scena con il nome di legge Zan – o meglio: di battaglia sulla legge Zan – prima di finire nel dimenticatoio offre tutti i giorni qualche nuovo capitoletto. L’ultimo lo ha scritto Romano Prodi che domenica sera da Fabio Fazio aveva detto quasi con sgomento: «Bastava qualche piccola modifica… Se uno vuole riformare quei piccoli aspetti della legge su cui si discuteva, bisognava andare caso per caso e si trova l’accordo». Una volontà che lui stesso sospetta non deve esserci mai stata: «Col voto segreto si voleva creare “l’incidente” e l’incidente c’è stato». Il Professore aveva anche fatto riferimento ai contenuti dell’articolo di Repubblica (quello di Natalia Aspesi) e alle proposte di monsignor Paglia a sostegno di una relativamente facile possibilità di trovare una mediazione.
E tutti, non solo da parte renziana, avevano interpretato le parole dell’ex presidente del Consiglio come una stoccatina all’intransigenza del duo Letta-Zan. Per fare un solo caso, il sito certo non renziano Open titolava con un roboante «La strigliata di Prodi a Letta». E su Twitter era stato subito un profluvio di considerazioni dello stesso tenore, lo stesso Partito democratico lasciava sola la storica portavoce di Prodi Sandra Zampa a far capire che si stavano strumentalizzando le parole del Prof.
A parte il medesimo Zan che con una discreta arrampicatina sugli specchi sosteneva che «Prodi ha ragione: la destra con la tagliola a voto segreto voleva creare un incidente. Infatti alla nostra richiesta di eliminarla per aprire un dialogo è stato detto di no». Confermando, senza rendersene conto, che lui, mandato all’ultimo momento da Letta a trattare (tra l’altro da che mondo è mondo in Senato tratta un senatore e alla Camera un deputato ma lasciamo stare), aveva fornito alla destra un formidabile assist: ponendo come pregiudiziale il ritiro della tagliola, quei volponi della destra – una destra del resto incommentabile – hanno chiuso la saracinesca e amen.
Poi ieri, dunque molte ore dopo la stoccatina da Fazio, Prodi tramite il suo ufficio stampa ha rivoltato l’interpretazione corrente sottolineando che le «correzioni erano possibili» ma solo se si fosse esaminato articolo per articolo, cosa che la destra ha impedito, chiarendo che il ddl Zan si poteva approvare anche così, senza correzioni. Correzione chiesta dal Nazareno? E chi lo sa.
Ricapitolando e credendo di interpretare correttamente il pensiero dell’ex presidente del Consiglio: la destra, confermando la tagliola, non aveva alcuna intenzione di discutere. D’altra parte, sui contenuti, le famose modifiche, Zan non è che abbia fatto tutti questi sforzi, e nemmeno il Pd che l’ha mandato in campo a tempo scaduto: il giorno prima del voto! Eppure – come detto, Prodi lo ha richiamato – non era impossibile mediare sui punti più controversi, o almeno su alcuni di essi, in modo tale da evitare i franchi tiratori che secondo le ricostruzioni ci sono stati in Italia viva ma anche nel Pd (si è calcolato una quindicina, quasi la metà del gruppo).
Nel suo significativo articolo Natalia Aspesi tra l’altro confessava: «Io me ne stavo zitta zitta perché avendo la sfortuna di essere di sinistra sin dalla nascita temevo che sussurrando il minimo dubbio sull’efficacia del balsamo Zan e sulla probabilità di ottenerne l’approvazione sarei stata bollata oltre che di Alzheimer, di fascismo, omofobia, transfobia con tutte le variabili». E poi, nel merito, attaccava un punto fondamentale del ddl Zan: «Non bastava “sul sesso”, o “sull’orientamento sessuale”, sapendo che la parola gender, di cui io con molti altri non ho ancora capito il significato, fa imbestialire le autorità cattoliche, i profamilia e i “ci vogliono mamma e papà”?».
Ma di idee su possibili compromessi in questi mesi ne sono emerse tantissime. Da luglio a oggi perché nessuno ha mosso un dito? Ecco, questo pare essere il sottotesto del discorso di Prodi, la lezione politica di un uomo super-esperto di mediazioni politiche rivolta erga omnes, ma è difficile non cogliere il senso di uno specifico severo rimbrotto all’amico-discepolo Letta. Zan ha evidentemente dimenticato il suo discorso alla Camera ai tempi dell’approvazione della legge sulle Unioni civili (c’era il governo Renzi) quando scandì una bella frase: «Chi vuole tutto è perché non vuole niente». Ovviamente il video sta girando molto in rete.
Aveva ragione, Zan. Tagliole, voti segreti, franchi tiratori rappresentano il primato delle tattiche parlamentari sulla politica come capacità di convincimento e, per usare una parola grossa, di egemonia ed è esattamente quando la politica diventa commedia che emergono le escrescenze del gioco parlamentare. Alla fine, cosa si è capito di questa commedia degli equivoci e degli errori? Che il ddl Zan avrebbe potuto essere approvato se ci si fosse lavorato meglio e forse con altri interpreti; che il Nuovo Ulivo nasce morto; che la destra italiana è sempre peggio. Sipario.