Terza dose e nuovi farmaciPer la prossima estate raggiungeremo la stabilità, dice Guido Rasi

L’ex direttore dell’Ema, oggi consulente di Figliuolo, spiega che l’Italia potrebbe essere «uno dei primi Paesi che va verso l’endemizzazione». Ma nonostante i medicinali antivirali sempre più efficaci, non si potrà smettere di vaccinare. «Il vaccino rimane un cardine della strategia»

© Marco Merlini / LaPresse 21-10-2009 Roma Politica Senato, commissione Sanita', audizione del direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco, Guido Rasi, sulla pillola RU486 Nella foto Guido Rasi © Marco Merlini / LaPresse Rome, 10-21-2009 Politic Senate, Health Commission, audition of Italian Medicines Agency's executive director, Guido Rasi, RU486 abortion pill

Tra i richiami dei vaccini e i nuovi farmaci anti-Covid in arrivo, all’inizio dell’estate verrà raggiunta una situazione di stabilità, con il virus sotto controllo. Lo dice a Repubblica Guido Rasi, già direttore di Ema e oggi consulente del commissario per l’emergenza Francesco Figliuolo.

In Italia «siamo a un punto critico. Potremmo essere infatti uno dei primi Paesi che va verso l’endemizzazione», spiega Rasi. «La popolazione italiana ha un alto livello di vaccinazione e con la terza dose si dovrebbe consolidare questa protezione. Grazie alla combinazione tra richiamo e nuovi farmaci e a un un’ulteriore percentuale di vaccinati, per l’inizio dell’estate potremmo raggiungere una situazione di stabilità. Non vuol dire che il virus smetterà di circolare, ma sarà tenuto sotto controllo».

I medicinali antivirali di Merck e Pfizer, che ancora devono essere autorizzati, non riusciranno però da soli a rendere endemico il virus, spiega. «Intanto abbiamo imparato che non esistono medicinali senza effetti collaterali. Dei due nuovi che si avvicinano non conosciamo ancora l’impatto su tutti i pazienti, ma se li autorizzeranno saremo sicuri che il rapporto beneficio-rischio sarà favorevole. Poi non sappiamo quali controindicazioni avranno, cioè se chi ha certe patologie non potrà usarli. Poi non funzioneranno al 100%. Certo, un aspetto positivo si conosce già: si assumeranno per via orale e la distribuzione sarà più facile».

Rasi spiega che con la pandemia «si è messo in moto un meccanismo virtuoso che per quanto riguarda la ricerca degli anti virali si era fermato ai tempi dell’Hiv. Per tanti anni si è rimasti fermi, considerando le malattie virali non curabili o in grado di risolversi da sole. È stato un errore e questa pandemia ha certamente sbloccato la ricerca». Anche se bisogna sempre essere cauti: «Ormai l’industria dà comunicazioni un po’ trionfalistiche e sempre più anticipate perché parla ai suoi investitori. Ecco, voglio rassicurare le persone sul fatto che l’Ema li ascolta, ma non si fa condizionare perché deve rispettare le sue procedure. Anzi “l’annuncite” è controproducente perché fa irrigidire l’agenzia».

Ma gli anticorpi monoclonali restano importanti «e molto», dice Rasi. «Fino ad ora sono stati un po’ sottoutilizzati. Uno dei problemi oggettivi con questi medicinali è la logistica, la difficoltà di organizzare la somministrazione in un momento come questo, nel quale il sistema è sotto pressione». Certo, «ci sono stati problemi con quelli di prima generazione, che non coprivano le varianti, ma anche problemi di diffusione e di organizzazione sul territorio. Il loro potenziale però è alto, sia per quanto riguarda quelli disponibili, che quelli che arriveranno tra un po’ e si somministreranno intramuscolo. Saranno un’arma molto importante, una parte dell’arsenale».

Ma nonostante i farmaci sempre più efficaci a disposizione, non si potrà smettere di vaccinare. «No, il vaccino rimane un cardine della strategia», precisa Rasi. «Previene la malattia mentre i farmaci curano e tra l’altro non sempre. E poi stiamo imparando che il Covid lascia danni importanti, la cui durata non è nota. Arrivano dati sempre più preoccupanti, la maggior parte dei pazienti ricoverati ha avuto il coinvolgimento di almeno un organo maggiore oltre ai polmoni, cioè cuore, fegato, reni, cervello. È il cosiddetto “Long Covid”. Non sappiamo ancora se le medicine sono in grado di contrastarlo. E poi nulla impedisce che chi è guarito grazie al farmaco non possa riammalarsi. Vaccino e medicinali sono due strumenti da utilizzare insieme, come ci hanno insegnato decenni di esperienza su altre patologie».

Dovremo continuare a fare il vaccino? «Lo scopriremo via via. In termini biologici, un ciclo di tre dosi dovrebbe dare un’immunità di qualche anno, ma ogni virus si comporta in modo diverso. Quindi non ci resterà che osservare cosa succede».

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