Per la legge sulla concorrenza, Mario Draghi ha scelto la «terza via». Il premier rivendica di aver prodotto un provvedimento sul tema dopo anni di vuoto legislativo, né rinviando né andando allo scontro politico senza poi mai attuare gli impegni presi. Ma alcuni pezzi sono stati eliminati dal testo originario. Sulle concessioni balneari e sugli ambulanti, si è preso atto dell’opposizione della Lega, e quindi si è dirottato il testo su una «mappatura», una sorta di operazione trasparenza su tutte le concessioni, di qualsiasi tipo. Un compromesso, così come quello sulle autorizzazioni di nuovi inceneritori per lo smaltimento dei rifiuti, eliminate su pressione dei Cinque Stelle.
Dopo essere slittato per un paio di mesi, grazie a questi ritocchi il disegno di legge delega sulla concorrenza è stato approvato all’unanimità in consiglio dei ministri. «Evidenze empiriche mostrano il nesso virtuoso tra concorrenza e crescita. E di certo non si tratta di una legge una tantum, ma del nuovo inizio di un percorso», spiega al Corriere Marco D’Alberti, consigliere giuridico di Mario Draghi a Palazzo Chigi, che ha scritto parola per parola la legge. «La promozione della concorrenza non si ferma qui. È uno degli obiettivi primari del governo, come il presidente del Consiglio ha precisato fin dal suo primo discorso in Parlamento».
A partire dalle concessioni balneari e dagli ambulanti, sui quali il governo si è impegnato nel Pnrr: «Sono settori in cui restano forti criticità sotto il profilo della concorrenza. Andranno rimosse quanto prima, con appositi interventi normativi», dice D’Alberti.
Intanto, prosegue il professore, «prima di tutto, rispondiamo agli impegni presi con l’Unione Europea nell’ambito del Pnrr». E in più «viene ripristinata la regola dell’annualità delle leggi sulla concorrenza prevista nel 2009. Una regola a lungo dimenticata. Ma soprattutto il disegno di legge mira ad aprire i mercati per favorire la crescita e l’occupazione e al tempo stesso tutela i valori sociali e di eguaglianza, in linea con quanto sta avvenendo anche negli Stati Uniti. Lì si parla di un Antitrust for values: per i valori. A questa finalità si ispirano le tante norme del disegno di legge sulla sanità e i farmaci, ad esempio».
D’Alberti spiega: «L’accreditamento e il convenzionamento con il Servizio sanitario nazionale di strutture private devono ispirarsi a criteri obiettivi e trasparenti, che premino la qualità delle prestazioni. Viene favorita una maggiore diffusione dei farmaci equivalenti o generici, meno costosi di quelli brevettati. C’è poi una norma che assicura una selezione dei dirigenti medici – come i primari ospedalieri – basata su criteri di merito e sottratta alla discrezionalità politico-amministrativa. Anche così si tutela la salute di tutti».
Intanto taxi e Ncc protestano già, nonostante anche in questo caso la norma sia stata di fatto spostata in avanti. «La concorrenza nei trasporti è una parte importante del Pnrr. Il disegno di legge incentiva l’avvio delle gare per il trasporto pubblico di linea regionale e locale. Per il trasporto non di linea, taxi e noleggio con conducente, le norme proposte seguono le indicazioni di un ordine del giorno del Parlamento e gettano le basi di riordino del settore. Bisogna tenere conto delle trasformazioni che riguardano le varie forme di mobilità e ridurre i vincoli amministrativi per gli operatori del settore. Poi, nei decreti legislativi, andrà assicurata un’adeguata considerazione delle ragioni di tutti», dice il professore.
Sugli enti locali che affidano gli appalti alle loro controllate sembra però cambiare poco. «Oggi la giustificazione è di regola pubblicata sul sito dell’ente locale che affida in house e spesso è contestuale alla decisione di affidare senza gara», dice D’Alberti. «La norma proposta stabilisce che l’ente locale debba spiegare, in congruo anticipo rispetto alla decisione di affidare il servizio in house senza gara, perché rinuncia al mercato. E non può limitarsi a pubblicare la motivazione nel proprio sito: deve trasmetterla all’Autorità di concorrenza che potrebbe contestarla anche dinanzi al Tar. È un meccanismo che premia le realtà virtuose di in house nel nostro Paese, scongiurando disfunzioni e degenerazioni».
Quanto alle semplificazioni per le imprese, «vi sono anche criteri volti a eliminare del tutto atti amministrativi preliminari all’esercizio delle attività d’impresa. E segnalerei anche le norme di revisione e razionalizzazione dei controlli pubblici sulle imprese, in modo da evitare sovrapposizioni e duplicazioni di competenze».
Nell’introdurre il senso generale del provvedimento il presidente del Consiglio Mario Draghi ha fatto un’analisi che non ha risparmiato sia chi nel passato ha cercato di fare troppo senza successo (l’allusione è sembrata diretta a Mario Monti), sia gli altri premier, quelli che si sono succeduti dal 2009 in poi (quando è stato introdotto l’obbligo di una legge annuale) che sostanzialmente non hanno fatto nulla. «Nel recente passato», ha detto, «i governi italiani hanno preso due strade sul fronte della concorrenza. Alcuni hanno provato a passare delle misure molto ambiziose senza però cercare il consenso politico. Il risultato è stato che in larga parte questi provvedimenti non sono stati attuati, anche per l’opposizione di tanti gruppi d’interesse. Altri governi hanno invece ignorato la questione».
Il capo del governo invece rivendica non solo di aver finalmente approvato la legge, ma anche di aver prodotto il miglior equilibrio possibile rispetto alla situazione attuale: «La legge che ci apprestiamo a varare dovrebbe avere natura annuale. Eppure, dal 2009 a oggi, è stata approvata una sola volta, nel 2017. Questo governo intraprende una terza strada, crediamo più efficace. Avviamo un’operazione di trasparenza, e mappiamo tutte le concessioni, quelle relative alle spiagge, alle acque minerali e termali, alle frequenze. Faremo lo stesso con il catasto. I cittadini potranno così verificare quanto ciascun concessionario paghi per esercitare la sua attività».
Questa strada, ha proseguito il premier, dovrebbe mettere in evidenza «la frammentazione delle competenze tra amministrazioni centrali e territoriali e la scarsa redditività per il governo della maggior parte delle concessioni».